sabato, Luglio 27, 2024

Bennett sul nucleare: il neo Premier terrà testa all’Iran?

Bennett è pronto a collaborare sul nucleare iraniano. Sebbene in un discorso pubblico il leader di Yamina accenni al coinvolgimento di Israele nell’attacco a un impianto nei pressi di Teheran. In qualità di Premier, Bennett precisa che Israele si difenderà da qualunque minaccia. Mentre lavorerà con gli alleati per bloccare lo sviluppo militare del JCPOA, discostandosi dalla politica di Benjamin Netanyahu. Che passa al contrattacco.

Bennett vincerà sul nucleare?

Benjamin Netanyahu è scettico. Secondo lui, il Primo ministro Naftali Bennett non fermerà le aspirazioni dell’Iran sul nucleare. Eppure, i recenti eventi che hanno interessato la Repubblica islamica potrebbero suggerire il contrario. Mercoledì sera, il Jerusalem Post ha riferito dell’attacco a uno degli edifici dell’Organizzazione per l’energia atomica iraniana (IAEO). Il quale ha causato gravi danni, nonostante le smentite di Teheran. Se le emittenti iraniane sostengono che l’attacco è fallito, perché “non ha lasciato vittime o danni e non è stato in grado di interrompere il programma nucleare“, il Jerusalem Post è di diverso avviso.

Qualche dettaglio in più

Stando al media israeliano, l’obiettivo colpito era la Iran Centrifuge Technology Company, o TESA. Uno dei siti di produzione di centrifughe che si trova vicino alla città di Karaj, a Nord-Ovest di Teheran. Sebbene le autorità sciite sostengano che l’impianto sia utilizzato per scopi civili, dal 2007 era emerso il suo ruolo nei programmi nucleari e balistici dell’Iran. Da cui le sanzioni delle Nazioni Unite, dell’Unione europea e degli Usa. Dapprima revocate nel 2015. L’anno che aveva visto l’avvio delle trattative per il Piano di azione globale congiunto (JCPOA). E poi reintrodotte nel 2018, quando l’amministrazione Trump si era ritirata dall’accordo.

L’impianto

In particolare, si tratta di una struttura in cui vengono prodotti anche i componenti delle centrifughe per altri impianti. Oltre che centrifughe più avanzate, che permettono di arricchire più rapidamente l’uranio. Lo riferisce un articolo del New York Times di giovedì. Meglio conosciuta come Karaj Agricultural and Medical Research Center, la struttura dovrebbe sostituire le centrifughe a Natanz, danneggiate in aprile.


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Minimizzare

Come al solito, le autorità sciite hanno minimizzato i danni. Mentre al NY Times, alcune fonti iraniane hanno rivelato in anonimato che alcuni droni quadrirotori, ai quali va il merito dell’attacco, avrebbero centrato il bersaglio dopo il lancio dal suolo iraniano. A poca distanza dal sito. Tuttavia, le stesse fonti non hanno saputo quantificare i danni. Dal canto suo, Israele non ha né confermato né smentito l’operazione. Eppure, in uno dei suoi primi discorsi pubblici da quando ha assunto l’incarico, il leader di Yamina sembra ammettere il ruolo di Israele nell’attacco.

Bennett fa centro sul nucleare?

Giovedì, in occasione della cerimonia di laurea per i piloti dell’aeronautica israeliana, Bennett ha detto: “I nostri nemici sanno, non dalle dichiarazioni ma dalle azioni, che siamo molto più determinati e molto più intelligenti, e che non esitiamo ad agire quando è necessario“. Il Premier parlava alla base aerea dell’IAF di Hatzerim, fuori Beersheba. Come ha ricordato il Capo di governo, i Primi ministri di Israele hanno sempre avuto la “sacra responsabilità di annientare qualsiasi minaccia esistenziale allo Stato di Israele“. E ha precisato: “Allora era l’Iraq, oggi è l’Iran“.


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Modus operandi

Parlando allo stesso evento, il ministro della Difesa Benny Gantz è intervenuto sul programma nucleare iraniano. Nello specifico, il leader di Blu Bianco ha minacciato di condurre un attacco militare contro Teheran qualora si renderà necessario. “Come se non fosse passato il tempo, oggi in Iran, come 40 anni fa (in Iraq, ndr.), un nemico spietato e pericoloso, che sta costruendo armi del terrore attorno allo Stato di Israele, cerca di acquisire un’arma nucleare per minacciare Israele e la stabilità dell’intera regione“, ha spiegato Gantz.

Sabotaggio

Del resto, Israele non è nuovo al sabotaggio. In Iran come in Iraq. I suoi attacchi mirati risalgono appunto a quasi 40 anni fa. Allora, le forze di sicurezza israeliane avevano distrutto un reattore nucleare iracheno in costruzione, a 17 chilometri a Sud-Est di Baghdad. In questo senso, l’Operazione Opera (o Operazione Babylon) del 7 giugno 1981 è stata la prima attuazione di quella che è diventata nota come la Dottrina Begin, dal nome dell’allora Primo ministro Menachem Begin. Un fautore dell’azione militare preventiva e, se necessario, unilaterale. L’obiettivo era quello di soffocare sul nascere qualunque offensiva nemica. Come lo sviluppo di armi nucleari. E non solo.


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Israele contro Iran

In tempi più recenti, ad agosto 2019, un attacco di droni aveva preso di mira una struttura gestita dal gruppo terroristico Hezbollah, sostenuto dall’Iran, nella capitale libanese di Beirut. Sebbene non abbiano ammesso la propria responsabilità, le autorità israeliane avevano spiegato che la base produceva componenti essenziali per i missili a guida di precisione di Hezbollah. Ancora, Israele ha colpito gli impianti sotterranei di Natanz a luglio 2020 e ad aprile 2021. Il che ha rallentato la tempistica per l’acquisizione di una bomba nucleare da parte di Teheran. Nonostante non via sia certezza sui responsabili, da subito l’Iran ha accusato Israele degli attacchi. Come dell’uccisione del fisico nucleare iraniano Mohsen Fakhrizadeh, avvenuta nel novembre 2020. Ma c’è di più.

Obiettivi

Al NY Times, una fonte di intelligence Usa ha rivelato che il TESA faceva parte dell’elenco di obiettivi che Israele aveva presentato all’ex presidente degli statunitense Donald Trump. Nonché all’allora segretario di Stato Mike Pompeo e a Gina Haspel, all’epoca direttore della CIA. Secondo la stessa fonte, Israele aveva anche suggerito di colpire il sito di arricchimento dell’uranio iraniano a Natanz e di assassinare Fakhrizadeh, che qualche decennio prima aveva avviato il programma nucleare militare del Paese. Ad ogni modo, l’attacco al TESA è avvenuto qualche giorni dopo che Netanyahu ha accusato che con Bennett al timone, Israele avrebbe smesso di usare il Mossad e le IDF contro l’Iran.


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Bennett cambia approccio sul nucleare?

In effetti, la sfiducia di Netanyahu nei confronti della nuova coalizione, che per inciso non lo vede Premier, deriva da un’interpretazione sfocata di un discorso di Yarir Lapid. Il quale sarà Primo ministro da settembre 2023. Il leader moderato concorda, al pari degli Usa, che sarebbe meglio evitare battaglie pubbliche sul JCPOA. Specialmente nel caso in cui i disaccordi possano discutersi in privato. E in modo più proficuo. Una posizione condivisa dal suo alleato di estrema destra, Naftali Bennett. A bene vedere, nulla nella dichiarazione di Lapid suggeriva che lui, o Bennett, si sarebbero astenuti dal colpire l’Iran.

Bennett sul nucleare: la dichiarazione

D’altronde, non è un segreto che Israele si opponga ai piani del presidente Usa Joe Biden di rientrare nel JCPOA. Cosa che farà a condizione che l’Iran torni a rispettare l’accordo. “Preferiremmo che il mondo sapesse che un regime brutale e fanatico come questo che è disposto a far morire di fame la sua gente per anni per realizzare il suo programma nucleare militare, è una dittatura con cui non puoi fare accordi. Purtroppo non è così“, ha detto Bennett. “Continueremo a consultarci con i nostri alleati, a convincere, a parlare, a condividere informazioni e intese, per profondo rispetto reciproco“. E ancora. “Ma alla fine, la responsabilità del nostro destino rimarrà nelle nostre mani e in nessun altro. Agiremo in modo responsabile e attento“, ha concluso.

Cosa cambierà?

Nel suo intervento, Bennett ha chiarito che Israele si sta allontanando dalla politica aggressiva di Benjamin Netanyahu. Il quale era disposto a tutto pur di impedire lo sviluppo nucleare. Persino minare l’intesa con Washington. Nonostante il leader di Yamina sostenga che lo Stato ebraico sarà pronto a difendersi in caso di necessità, Gerusalemme collaborerà con l’amministrazione del presidente statunitense. Eppure, l’attacco al TESA avviene proprio mentre Washington e Teheran stanno negoziando un ritorno al JCPOA.


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Trattative

La trattativa si era interrotta con il ritiro dell’ex presidente Trump, nel 2018. Da allora, la Repubblica islamica si era sentita in diritto (se non in dovere) di violare i termini del trattato. Ad esempio, arricchendo l’uranio ben oltre le soglie consentite: prima al 60 e poi al 90 per cento. Livelli tali da permettere l’impiego militare. Nonostante Teheran neghi da sempre il suo interesse all’impiego bellico. Più che altro, sarebbe il tentativo dell’Iran di attirare l’attenzione della comunità internazionale e favorire una riapertura dei negoziati. In definitiva, la minaccia è riuscita. Da aprile, infatti, si assiste a una graduale ripresa del dialogo. Anche grazie allo zelo degli intermediari europei. Francia in primis.

Monito di Bennett sul nucleare

Proprio l’arricchimento dell’uranio iraniano è uno dei punti principali di discussione a Vienna, dove si cerca di rilanciare l’accordo. “Siamo in contatto con i nostri alleati americani per garantire la sicurezza di Israele“, ha affermato di recente Benny Gantz. “Se necessario, agiremo come abbiamo sempre agito. Rimuoveremo qualsiasi minaccia, con stratagemmi, con iniziativa e, ovviamente, con responsabilità professionale e diplomatica“, ha concluso il ministro della Difesa israeliano. In questo senso, l’attacco a Karaj potrebbe valere da monito a un (troppo) spavaldo presidente iraniano. In effetti Ebrahim Raisi, fresco di nomina, si è mostrato fiducioso nel raggiungimento di un accordo sul nucleare. Alla condizioni di Teheran.


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Concludendo

A questo punto, sarà interessante vedere come reagirà l’ex Primo ministro più longevo della storia di Israele: Netanyahu cercherà altre obiezioni per attaccare? O farà cadere la questione? Di certo, è innegabile che il leader di Likud creda in un’azione aggressiva (e pubblica) contro Teheran. A fianco dei suoi alleati di lunga data, gli Usa. Eppure, l’amministrazione Biden predilige un approccio più conciliante nei confronti del nucleare iraniano. Ma se Netanyahu avesse parlato con Eli Cohen avrebbe sentito ciò che il suo ex ministro dell’intelligence ha riferito al Post: cioè che il nuovo direttore del Mossad, David Barnea, continuerà la linea politica dura contro la Repubblica islamica.

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