mercoledì, Maggio 8, 2024

Corea del Sud investe 43 miliardi nel Green New Deal

La Corea del Sud investirà nell’energia eolica. L’intenzione è creare il più grande parco eolico offshore su scala mondiale. E i numeri sembrerebbero dimostrarlo poiché le autorità prevedono che sarà generata una potenza senza precedenti. Insomma, un ulteriore passo verso il carbon free per un Paese che dipende dal nucleare. E in Europa?

Corea del Sud investe nell’eolica?

La Corea del Sud ha presentato un piano da 48 trilioni e mezzo di won (poco più di 43 miliardi di dollari) per costruire il più grande impianto eolico su scala mondiale. Il progetto dovrebbe essere terminato entro il 2030 e rientra negli sforzi del Paese per una ripresa post pandemia rispettosa dell’ambiente. A riportare la notizia è Reuters. Secondo i funzionari sudcoreani, la futura farm sarà costruita a largo delle coste di Sinan e genererà un’energia di 8.2 GW. L’equivalente di quella prodotta da sei reattori nucleari. O del vento prodotto da 71 milioni di pini, come hanno precisato i responsabili. Una volta ultimato, l’impianto si guadagnerà il titolo di maggiore parco eolico offshore al mondo. Ad oggi, il primato è detenuto dall’impianto Hornsea 1 in Gran Bretagna che vanta una capacità di 1.12 GW.

La transizione della Corea del Sud

La firma è avvenuta nella città costiera di Sinan, nel Sud Ovest, al largo della quale si ergerà l’impianto. Nel corso della cerimonia Moon ha dichiarato: “Con questo progetto, stiamo accelerando la transizione energetica eco-compatibile e stiamo avanzando con maggior vigore verso il carbon neutral“. Soprattutto, il parco eolico aiuterà Seul a raggiungere l’obiettivo di aumentare la capacità di energia eolica del paese a 16.5 GW entro il 2030. Contro i 1.67 GW attuali.

I partner della Corea del Sud

Come ha riferito Reuters, all’evento hanno presenziato alcune società di servizi e ingegneria che finanzieranno i costi del progetto. Tra cui Korea Electric Power Corp, SK E&S, Hanwha Engineering & Construction Corp, Doosan Heavy Industries & Construction Co., CS Wind Corp e Samkang M&T Co. Dalla Blue House, Moon ha precisato che le società sponsor forniranno 47,6 trilioni dei finanziamenti richiesti per la realizzazione dell’opera. Mentre il governo elargirà i restanti 0,9 trilioni per completare il progetto. Il presidente ha aggiunto anche che la costruzione creerà fino a 5.600 posti di lavoro.


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Cos’è il Green New Deal?

Abbiamo il potenziale infinito dell’energia eolica offshore verso il mare su tre lati e abbiamo la migliore tecnologia al mondo nei campi correlati”, ha annunciato il presidente sudcoreano. In effetti, il parco eolico è una componente importante del Green New Deal, il piano del presidente Moon Jae-in avviato lo scorso anno per una transizione ecosostenibile. Ma il governo ha previsto altre misure. Tra cui la carbon tax e l’efficientamento della rete elettrica nazionale. Oltre allo stop dei finanziamenti governativi per la realizzazione di centrali fossili all’estero. Ma lo spirito eco-friendly interesserà anche i trasporti, dato che Seul prevede di superare il milione di auto elettriche entro il 2025. E arrivare alle 200 mila unità di quelle a idrogeno.

Cosa si aspetta la Corea del Sud?

Una scelta coraggiosa se si considera che la quarta economia asiatica ricavi energia principalmente dai combustibili fossili. In particolare dal nucleare. Oltre a ridurre da 24 a 17 il numero delle centrali nucleari esistenti già entro il 2034, l’obiettivo di Seul sarà diventare carbon neutral entro il 2050, al pari del Giappone. Anche se il presidente Moon Jae-in conta di raggiungere la copertura del 30-35% della domanda energetica da fonti rinnovabili entro il 2040. Dal canto, suo, il direttore esecutivo dell’AIE, Fatih Birol, ha mostrato entusiasmo per gli sforzi profusi da Seul nella transizione energetica.

La dichiarazione

Birol lo ha ribadito durante un evento online cui ha presenziato Joo Young-joon, il Vice Ministro del Ministero del Commercio dell’Industria e dell’Energia coreano. Infatti, il direttore ha dichiarato: “Accolgo con favore l’ambizioso obiettivo di neutralità del carbonio della Corea e i primi passi del suo Green New Deal“. E ancora: “L’Aie è impegnata a sostenere il governo in questi sforzi vitali“. “Molte di queste misure aiuteranno la Corea non solo a far avanzare la transizione energetica, ma anche a migliorare la sua sicurezza energetica“, ha concluso.

Corea del Sud sposa il futuro dell’energia?

Ebbene, l’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (AIE) riconosce l’impegno del “governo ad aumentare in modo sostanziale la quota di fonti di energia rinnovabile nella fornitura di elettricità, eliminando gradualmente il carbone, migliorando significativamente l’efficienza energetica“. Di certo la Corea del Sud ha fissato obiettivi lodevoli. Quanto alla loro fattibilità, però, gli stessi media locali hanno mostrato un certo scetticismo. Stato d’animo condiviso da alcuni esperti del settore secondo cui il piano del governo non è poi così rivoluzionario. A maggior ragione se si considera il crescente fabbisogno energetico di un’economia in ascesa come quella sudcoreana.

Funzionerà il piano della Corea del Sud?

Nonostante gli sforzi del 2015 quando il Paese ha cercato di introdurre un sistema di scambio di emissioni su scala nazionale, le autorità dovranno fare di più per ridurre l’approvvigionamento di combustibili fossili come il carbone. Basti pensare che la Corea del Sud ha superato la media dell’Agenzia Internazionale dell’energia (AIE). A tal proposito, The Diplomat ha osservato sul proprio portale che il Green New Deal di Moon non farebbe altro che sostituire un uso massiccio del gas naturale liquefatto (gnl) ai combustibili fossili. Ma ciò non eliminerebbe il rischio di inquinamento ambientale, con la conseguenza che gli investimenti delle autorità potrebbero andare sprecati come ha spiegato il think tank Carbon Tracker.

I rischi

Sebbene produca meno gas serra rispetto al carbone, infatti, il processo di produzione del gas gnl rilascerebbe enormi quantità di metano nell’atmosfera. Un gas serra 25 volte più potente dell’anidride carbonica. Così facendo, Seul da una parte corre il rischio di non soddisfare il fabbisogno energetico della sua industria pesante. Mentre dall’altro potrebbe essere costretto a chiudere le proprie centrali a gnl qualora la comunità internazionale stabilisca una stretta sui gas serra. E questo non solo per raggiungere il target di azzeramento delle emissioni nette di CO2 fissato dallo stesso presidente Moon. Ma soprattutto per rispettare gli obiettivi stabiliti dall’accordo di Parigi.


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Rinnovabili: com’è la situazione?

Quello dell’efficienza energica sarà il tema che terrà banco nel prossimo futuro, come suggerisce il forte interesse dimostrato dalle multinazionali negli ultimi anni. O dal rientro degli USA negli accordi per il clima di Parigi per opera di Joe Biden. A maggior ragione a fronte della crescita della domanda energetica. Secondo dati ENEA, infatti, tra il 2000 e il 2010 la produzione di energia primaria a livello mondiale è aumentata di circa il 26%. Nel rapporto si legge che: “Nello stesso periodo la Cina ha più che raddoppiato la propria produzione“. Mentre “il Brasile e l’Indonesia l’hanno incrementata del 70% circa e l’Australia, l’India e la Corea del Sud hanno registrato incrementi superiori alla media“. Invece, “Giappone e EU-27 hanno registrato livelli di produzione di energia primaria nel 2010 inferiori a quelli del 2000“.

I dati

In effetti, l’indagine mostra come nel 2020 la produzione di energia primaria mondiale abbia raggiunto e superato i 1.2 milioni di tep (tonnellata equivalente di petrolio). Il 71% dei quali sono stati prodotti dai Paesi G20. Sebbene i livelli di consumo e produzione quasi si equivalgano, l’agenzia ha notato forti differenze tra i diversi Paesi. Analizzando i dati, l’ENEA ha riscontrato che “la produzione di energia primaria varia da paese e paese e tra aree geoeconomiche“. Ad esempio, “La Cina, la Russia e gli Stati Uniti superano ciascuno la produzione primaria dell’insieme dei Paesi dell’EU-27, pari a 835,30milioni di tep nel 2010“. Mentre “In Sud Africa, Australia e Cina più dei tre quarti di produzione primaria proviene da carbone e lignite“. Invece “in Corea del Sud e Giappone il contributo maggiore proviene dal nucleare“.

La situazione globale

Da ultimo, “Argentina, Canada e Stati Uniti hanno larghe quote di produzione primaria imputabili a fonti fossili nessuna delle quali supera il 50%“, che secondo l’ENEA è la “manifestazione di una certa diversificazione e disponibilità delle fonti e di attenzione alla sicurezza di approvvigionamento“. Inoltre, su scala mondiale “le rinnovabili e i rifiuti hanno contribuito alla produzione primaria di energia per il 11.29% e al 14% del CIL (consumo interno lordo di energia, ndr.)“. Mentre i dati relativi a Brasile, Indonesia, India e Canada riflettono il ruolo di esportatori di fonti fossili di questi Paesi.


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E in Europa?

L’European Wind Energy Association (EWEA) ha stimato che nel 2012 le nuove installazioni eoliche nell’Unione europea hanno leggermente superato i 11 GW di potenza. Per un valore complessivo che varia dai 13 ai 17 miliardi di euro. Dunque, il passaggio alle rinnovabili non ha determinato il rallentamento economico temuto, anche grazie alle normative e politiche avviate nel 2011. In effetti, negli ultimi anni l’Europa si è rivelata un esempio virtuoso quanto a produzione di energia pulita. A confermarlo è il rapporto dell’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). Solo nel 2020, infatti, i 27 Stati membri hanno generato più energia dalle fonti rinnovabili che dai combustibili fossili.

I dati UE sulle rinnovabili

Il dato non è affatto trascurabile se si considera che nell’area Schengen la produzione di energia da combustibili fossili rappresenta il 6.5% del totale mondiale. Sebbene sia diminuita rispetto ai 9.4% del 2000. Inoltre, nel suo complesso la produzione di energia da fonti rinnovabili e da combustibili fossili risulta più equamente distribuita in Europa. A tal proposito, il 2017 è stato significativo per il processo di conversione alle rinnovabili nel Vecchio Continente. Secondo i dati forniti da WindEurope.org, in quel periodo si sono installati oltre 15 MW di nuova capacità eolica nell’EU-27. Un incremento del 25% rispetto al 2016.

Il 2017

Ma il 2017 ha segnato anche altri record. Ad esempio, l’incremento del 14% delle installazioni on-shore e del 101% di quelle off-shore rispetto all’anno precedente. Mentre dei 336 TWh di energia pulita generati nel 2017, più dell’11% della domanda energetica dell’Unione è stata soddisfatta dall’eolica. Con i suoi 6.6 GW la Germania risulta il Paese europeo con la maggiore capacità installata di energia eolica. Seguita da Spagna, Francia e Italia, dove l’eolica rappresenta il 9.7% della produzione di energia complessiva.

Concludendo

Se da una parte si può affermare con soddisfazione che le tendenze portino a un crescente investimento sulle rinnovabili, dall’altra si deve constatare quanto sia lungo il percorso per un impatto zero sull’ambiente. O almeno prossimo a tale cifra. Di certo, fanno ben sperare gli sforzi dei decisori politici per trovare soluzioni eco-friendly che garantiscano un maggior rispetto del Pianeta. Al momento, non possiamo che seguire questa lenta (ma costante) transizione. Ad esempio, consultando il sito dell’ENEA.

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