Il nuovo rapporto dell’Istituto superiore di Sanità sulla mortalità per Covid ribadisce quanto emerso nella precedente versione, di cui parlammo nel marzo scorso:
I dati dell’ISS
Il campione statistico dei deceduti di cui è stata resa disponibile la cartella clinica è composto da 7.190 persone. Le principali evidenze sottolineano quanto abbia influito nel calcolo delle vittime la presenza di patologie pregresse.
Il numero medio di patologie osservate in questa popolazione è di 3,7: di loro, iI 67,5 soffriva di più di tre, il 18,1% due, l’11,2% una. Patologie tali da poter essere considerate possibili cause di morte (tumori, cardiopatie) o fattori di comorbidità (ipertensione diabete, obesità, problemi polmonari).
In totale, circa il 97% delle persone decedute aveva almeno un fattore di fragilità importante. A questo dato si aggiunge l’età media avanzata (80 anni), quasi il doppio di quella dei contagi (45 anni).
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/sars-cov-2-decessi-italia#2
La fragilità come prima variabile degli esiti più gravi
Il virus, insomma, conferma di produrre i suoi esiti più gravi solo in un determinato campione di popolazione, ovvero quello gravato da significative patologie che ne determinano la condizione di fragilità (l’età e la fragilità spesso vanno di pari passo).
Sul quotidiano Il Tempo, il direttore Franco Bechis ha scritto
“secondo il campione statistico di cartelle cliniche raccolte dall’istituto solo il 2,9% dei decessi registrati dalla fine del mese di febbraio 2020 sarebbe dovuto al Covid 19. Quindi dei 130.468 decessi registrati dalle statistiche ufficiali al momento della preparazione del nuovo rapporto solo 3.783 sarebbero dovuti alla potenza del virus in sé.”
Se fosse così, le vittime del covid sarebbero addirittura inferiori a quelle dell’influenza stagionale (il target è lo stesso). Un’affermazione che, seppure statisticamente resa valida solo dal campione di controllo analizzato, suggerisce una riflessione sule strategie messe in campo e soprattutto su quelle per il futuro.
Non solo età e vaccino, ma anche fragilità e cure ricevute
Perchè continuare a parlare di vittime del covid solo in relazione alle variabili del vaccino e dell’età non ci permette di capire davvero quello che sta succedendo.
Però, il fatto che l’analisi dell’ISS ribadisca quanto già emerso lo scorso anno (quando il vaccino non era ancora stato prodotto), una cosa la suggerisce: tra le quattro variabili con cui possiamo analizzare il dato (età, vaccino, fragilità, cure), il vaccino non sembra essere quella determinante.
NOTA
A chi ha avuto la pazienza di leggere quanto ho scritto nelle settimane precedenti, in particolare riguardo al Green Pass, tengo a dire che le mie non sono state soltanto parole. Ho scelto di non cedere a quella che ritengo (a torto o ragione) una inaccettabile imposizione, in quanto non motivata da esigenze sanitarie, rifiutando di condizionare la mia presenza al lavoro dal possesso di un documento amministrativo, quindi rinunciando allo stipendio e accettando le penalizzazioni accessorie.
Aldilà della plausibilità delle ragioni che mi sento di difendere, non ho mai avuto dubbi sulla necessità di mantenere una continuità tra pensiero e azione; e credo fermamente che nessun cambiamento (per chi lo auspica) sia possibile senza essere disposti a mettersi in gioco e rinunciare a qualcosa di proprio.
Guardando indietro, mi sembra di vedere che il filo conduttore della nostra società si possa riassumere nell’ammonizione di Montanelli di “turarsi il naso” e andare avanti. Moltissimi neppure si pongono il problema, qualcuno definisce “buon senso” non farlo, altri “resilienza”. Personalmente ritengo siano più appropriati altri termini per definire questo atteggiamento, ma anche che ognuno debba fare i conti con la propria, di coscienza, giudicando il proprio operato, e non quello degli altri.