sabato, Luglio 27, 2024

I manifestanti di Hong Kong. Cortei per le strade dello shopping e del turismo

Una settimana dopo l’attacco all’Assemblea Legislativa, i manifestanti di Hong Kong sono tornati a protestare contro il decreto del governo che autorizza l’estradizione dei suoi cittadini verso altri paesi tra cui la Cina. Ancora una volta i dimostranti hanno chiesto le dimissioni del Primo Ministro Carrie Lam ed il totale ritiro del decreto legislativo.

In marcia in mezzo ai turisti

Alla marcia di ieri, secondo gli organizzatori avrebbero preso parte 230.000 persone, numero che scende a 56.000 secondo la polizia. Il corteo questa volta non si è diretto verso sedi delle istituzioni o caserme delle forze dell’ordine, ma verso Tsim Sha Tsui, uno dei quartieri preferiti dei turisti che visitano la città, con i suoi centri commerciali e negozi di lusso. Alcune attività, ristoranti e agenzie turistiche in particolar modo, sono rimaste chiuse nelle ore di ieri, quando il corteo ha occupato la zona, sfilando ordinatamente e senza che ci siano stati particolari momenti di tensione.

Le modalità di comunicazione della protesta

La scelta di Tsim Sha Tsui, come destinazione della manifestazione, è stata dettata dalla volontà degli organizzatori di attirare sulle proteste di Hong Kong l’attenzione dei visitatori provenienti da ogni parte del mondo ed in particolar modo dei turisti cinesi in visita nella città. Alcuni degli slogan dei manifestanti sono stati scritti sugli striscioni o urlati durante il corteo, sia in cantonese, lingua ufficiale di Hong Kong che in mandarino, lingua della Repubblica Popolare Cinese. Sono stati inoltre distribuiti volantini e tramite la messaggistica del sistema phone-to-phone AirDrop di Apple. Tra loro Alan Zhang, uomo d’affari di Shangai, visitatore abituale dello Stato semiautonomo che si è detto colpito dall’intelligente organizzazione delle manifestazioni e dall’attenta gestione della comunicazione, nonché commosso dalla partecipazione al corteo. “Questo è qualcosa che non possiamo fare in Cina. Quello che vedo in questi giorni mi fa capire perché Hong Kong è diverso dal mio paese” ha dichiarato Zhang.

Un evento “originale”

Anche tra i turisti il senso d’ammirazione per le proteste degli abitanti di Hong Kong è molto diffuso, per quanto molti non capiscano cosa stia realmente succedendo, né a cosa siano dovute le manifestazioni in città. Molti hanno ricordato che, da Tien An Men in poi, non sia possibile partecipare a delle dimostrazioni in Cina e che, per certi aspetti, sia stata “l’originalità” dell’evento a catturare la loro attenzione.

L’arrivo in stazione

I manifestanti hanno “accompagnato”, quando ormai la protesta stava per concludersi, moltissimi dei turisti alla stazione dei treni ultraveloci di collegamento ferroviario West Kowloon Express, dove la polizia ha alzato delle barriere e creato dei corridoi per consentire ai viaggiatori di salire sul proprio treno, senza che la manifestazione creasse particolari disagi agli stessi. “Siamo venuti fin qui” ha dichiarato uno dei manifestanti “perché questo è il punto più vicino alla Cina e da qui è forse più facile, almeno simbolicamente, far conoscere le nostre ragioni a chi si trova al di là della frontiera”.

Gli arresti in serata

Alla fine della manifestazione alcuni manifestanti si sono diretti verso l’affollatissimo quartiere di Mong kok, bloccando il traffico cittadino in quella zona. Alcuni agenti con elmetti e scudi di plastica hanno attaccato queste frange del corteo, ferendo alcuni manifestanti e portandone via alcuni posti temporaneamente in stato d’arresto.

Le accuse della Gran Bretagna

Sugli episodi delle scorse settimane e su quanto accaduto ieri si sono espressi anche il governo cinese e quello britannico. L’Inghilterra, che per 156 anni ha controllato Hong Kong, nel 1997 ha lasciato l’isola, concedendone il controllo politico alla Cina, la quale, però, per 50 anni, quindi fino al 2047, avrebbe dovuto garantire particolari autonomie al piccolo stato. La Gran Bretagna, fino a quella data, si è impegnata a svolgere un ruolo di garante dei diritti dei cittadini di Hong Kong e nelle scorse settimane, pur condannando gli episodi di violenza di alcuni gruppi di manifestanti contro forze dell’ordine e le istituzioni, ha, tuttavia, invitato il governo del paese a non eccedere con la forza nella repressione della protesta e chiesto alla Cina di limitare la sua ingerenza nella politica interna dell’ex colonia britannica. Il governo inglese ha, inoltre, fatto presente che il gigante asiatico rischia di dover affrontare “gravi conseguenze” qualora intervenisse nuovamente, in maniera diretta o tramite il Primo Ministro Carrie Lam, nella politica di Hong Kong, non escludendo delle sanzioni nei confronti di Pechino oltre all’allontanamento dell’ambasciatore Liu Xiaoming, che in risposta alle dichiazioni di Hunt ha dichiarato che “spera Hong Kong possa gestire autonomamente le proteste” e che “è stato in governo britannico ad interferire negli affari della città”.

La risposta di Pechino

Il governo centrale di Xi Jinping ha, inoltre, aggiunto che l’Inghilterra ha spesso dimostrato un atteggiamento “ipocrita” nei confronti di Hong kong e del governo cinese. Se da un lato, infatti, Londra sembra difendere il diritto dei manifestanti ad opporsi alla supposta ingerenza cinese nella vita politica dell’isola, dall’altro il Regno Unito ha aperto numerosi tavoli di discussione e confronto con la Cina, soprattutto di natura commerciale e finanziaria. “Le osservazioni di Hunt” hanno fatto sapere da Pechino “potrebbero danneggiare enormemente le relazioni tra i due paesi”.

La presa del Parlamento da parte dei manifestanti

Opinioni differenti tra i manifestanti

L’ambiguità espressa dai vari governi nazionali trova il suo corrispettivo anche tra i manifestanti. Pur essendo ancora molto compatto il fronte della lotta, nell’ultima settimana sono emerse differenti posizioni soprattutto nei confronti degli episodi di violenza di inizio luglio. In alcuni casi è stata manifestata solidarietà nei confronti di quelli, soprattutto più giovani nati dopo l’accordo “un Paese, due Sistemi” del 1997, che hanno manifestato la loro frustrazione per una situazione divenuta insostenibile attaccando le stazioni di polizia ed il Parlamento. Altri non giustificando, ma comprendendo la rabbia, hanno sottolineato come gli attacchi non siano stati rivolti alle persone ma solo ai simboli. Altri, soprattutto le persone più adulte hanno sottolineato i meriti dei giovani che sono scesi in piazza per lottare per una libertà che dal ’97 in poi è stata costantemente minacciata e per la quale le generazioni precedenti avevano fatto ben poco. Alcuni intervistati hanno paragonato le proteste nelle democrazie occidentali a quelle di Hong Kong evidenziando come “le proteste che voi fate nei vostri paesi da noi non funzionano più”. A far eco a questa posizione quella di chi sostiene che in passato sarebbe stato contrario all’adozione di determinate forme di lotta, ma che oggi appare evidente che siano necessarie nuove modalità di protesta.

La condanna della violenza

Non sono mancate, tuttavia, nemmeno le critiche ai fatti dei giorni scorsi. “Penso che il modo migliore per esprimere il proprio dissenso sia attraverso il voto, ma posso capire anche chi decide di scendere in piazza”. Più dure, invece, molte madri che affermano di sostenere solo “azioni pacifiche di protesta” e condannano ogni “schiacciante azione violenta”, anche perché questa, all’interno della marea dei manifestanti, crea un divario tra i giovani, che non vedono alternativa alla forza per far valere le proprie posizioni, e gli anziani.

Una situazione sempre più complicata

Appare evidente, come già scritto in precedenza, che quanto sta accadendo in questi giorni ad Hong Kong è qualcosa che difficilmente porterà ad una soluzione definitiva nelle prossime settimane, anzi è molto più probabile che, per le scissioni all’interno del gruppo dei manifestanti e le tensioni internazionali che stanno emergendo, ancora nelle prossime settimane la situazione possa divenire ancora più tesa e complicata da risolvere.

Vittorio Musca
Vittorio Musca
Sono Vittorio Musca, ho 39, sono originario di Torchiarolo, in provincia di Brindisi e vivo a Bologna anche se negli ultimi anni per studio o lavoro ho vissuto in Norvegia, Polonia, Repubblica Ceca e Germania. Ho conseguito due lauree. La prima in Scienze Politiche e la seconda in Lettere. Parlo inglese, italiano, spagnolo, tedesco e polacco. Mi piace leggere, prevalentemente classici della letteratura e della filosofia o libri di argomento storico, suono il clarinetto e provo, da autodidatta ad imparare a suonare il piano. Mi piacciono il cinema ed il teatro (seguo due laboratori a Bologna). Ho pubblicato un libro di poesie, "La vergogna dei muscoli, il cuore" e ho nel cassetto un paio di testi teatrali e le bozze di altri progetti letterari. Amo viaggiare e dopo aver esplorato quasi tutta l'Europa vorrei presto partire per l'Africa ed il Sud Est asiatico, non appena sarà concluso l'anno scolastico, essendo al momento impegnato come insegnante. I miei interessi sono vari (dalla letteratura alla politica, dalla società al cinema, dalla scuola all'economia. e spero di riuscire a dedicarmi a ciascuno di essi durante la mia collaborazione con peridicodaily.

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

- Advertisement -spot_img

Latest Articles