mercoledì, Maggio 8, 2024

Grande inganno: 17 secoli dopo si ripete

È il modo proprio della Chiesa ritoccare la storia e la verità, così, dopo 17 secoli il grande inganno si ripete. Il consiglio di Nicea iniziato nell’anno Domini 325 e convocato dell’imperatore Costantino I aveva lo scopo di trovare un filo comune per tutte le correnti cristiane. Quindi un ritocco senza mezzi termini della realtà. Costantino voleva raggiungere l’unità dogmatica, minata da varie dispute, in particolare sull’arianesimo. Il suo intento era anche politico, dal momento che i forti contrasti tra i cristiani indebolivano anche la società e con essa l’impero romano. La maggior parte dei vescovi partecipanti proveniva dalla parte orientale dell’Impero. Si discusse di tutto e si mistificò tutto.

Il grande inganno rimodella la storia?

Il consiglio di Nicea, una delle più insulse pagine della cristianità, gettò i semi della divisione tra le chiese d’Oriente e d’Occidente, costruita sull’intricata disputa del Filioque. Oggi il suo anniversario potrebbe segnare un momento altamente simbolico di riavvicinamento tra i fratelli separati. Ma in realtà costituisce l’ennesima manipolazione di un concetto che dovrebbe essere estremamente stabile: la ricorrenza. L’arcivescovo ortodosso Job Getcha di Telmessos, capo della Missione permanente del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli ha lanciato un’idea. L’idea allettante per la chiesa consiste di fatto in un nuovo concilio di Nicea nel 2025. Cioè il giorno dell’anniversario dei 1.700 anni dalla conclusione del Concilio di Nicea. Lo scopo è dal punto di vista storico-spirituale raccapricciante. Ma quale è lo scopo?

Cattolici, protestanti e ortodossi verso una data unica per la Pasqua

Quello che la Chiesa ci ha indicato nel corso dei secoli, è la necessità di estrapolare la sua verità da qualcosa che è già di per sé fittizio. Il 90% degli argomenti delle sacre scritture non è mai stato archeologicamente provato. Quindi si è sempre ricorso allo stratagemma della rielaborazione celebrativa e storica. Non esiste una data precisa della Pasqua. Quella cristiana, infatti, è legata storicamente a quella ebraica, come dicono concordi i Vangeli. E quella ebraica, a sua volta, è legata al computo astronomico del calendario ebraico: computo mobile che parla del quattordicesimo giorno del mese di Nisan. Solo che, purtroppo, il mese di Nisan non inizia mai due anni di seguito nello stesso momento, essendo il calcolo legato alle fasi lunisolari. La Pasqua ebraica è quindi fissata il giorno della prima luna piena che cade dopo l’equinozio di primavera. Bergoglio aveva manifestato la sua disponibilità a trovare una data unica per cattolici e ortodossi. Lo stesso Paolo VI, a riguardo, non aveva dubbi. Anche il papa copto ortodosso Tawadros II si è impegnato per l’unificazione della data di Pasqua. Insomma l’ennesimo inciucio religioso si sta per compiere o è pronto per essere varato.


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Il risvolto del grande inganno

Il punto è che per unificare le date della Pasqua cristiana, ci si dovrebbe staccare definitivamente dal calendario ebraico. Il problema è però dato da un disconoscimento d’origine. Di fatto il cristianesimo come religione non esiste, o meglio non dovrebbe esistere sotto questa forma. Il Cristo morto sulla croce era ebreo, ed eliminando la disputa propria dell’appartenenza filiale, l’uomo era solo un ebreo. Di fatto potremmo dire che il cristianesimo è una corrente della religione ebraica, o meglio lo era prima di diventare nazione e partito. La fame di potere acquisita in appena 3 secoli ha portato i cristiani a trucidare tutto quello che era opposto a loro, perfettamente contrario all’insegnamento del Cristo, che traeva i suoi insegnamenti nella realizzazione spirituale della legge ebraica. Il grande inganno del potere o della storia del potere? A voi la scelta.

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