sabato, Luglio 27, 2024

Elezioni in Kenya: ecco perché il 9 agosto sarà importante per la nazione

Il 9 agosto si terranno le elezioni in Kenya, dove si voterà per il nuovo presidente, oltre che per i politici che ricopriranno alcune cariche inferiori. Ma queste elezioni hanno molteplici motivi per essere particolarmente importanti e significative. Ecco perché.

Elezioni in Kenya: perché sono così importanti?

Sono attese per il 9 agosto le elezioni in Kenya, nel corso delle quali i cittadini saranno chiamati alle urne per eleggere il quinto presidente del Pase. L’elettorato voterà anche i governatori di contea, i rappresentanti del parlamento e altre posizioni di livello inferiore. Al centro delle urne rimane l’attuale presidente Uhuru Kenyatta, già in carica per due mandati dopo l’arrivo della costituzione. Kenyatta sostiene il suo ex rivale Raila Odinga. Tra i principali sfidanti per la corsa alla presidenza vi è anche William Ruto. Trattasi di elezioni molto importanti per il Paese, nelle quali non entra in gioco solo il rinnovo del governo e di altre cariche inferiori, ma anche l’andamento delle future dinamiche di alcuni ambiti, come economia e riforme.

Il fattore economico

Il principale fattore riguarda l’economia. Il Kenya, infatti, rappresenta una delle maggiori economie africane, con un fiorente settore tecnologico. La Banca mondiale prevede che il PIL nazionale crescerà del 5,5% per la fine del 2022. Tuttavia, a minare una crescita costante sono gli effetti della pandemia, oltre che l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari per le riduzioni dell’approvvigionamento di grano dall’Ucraina. Il conseguente aumento del costo della vita e i relativi provvedimenti dell’esecutivo si riveleranno fondamentali per decidere chi sarà eletto. Tali provvedimenti sono infatti considerati come un referendum sulla presidenza di Kenyatta.

Il ruolo chiave nella stabilità della regione

Ma a determinare ciò che accadrà il 9 agosto non è solo l’economia. La stabilità regionale è infatti molto importante nello Stato, visto che l’opinione pubblica considera il Kenya una sana democrazia, nonché un faro di stabilità nell’Africa orientale. Questo Paese è anche un intermediario chiave nella regione del Grandi Laghi, spesso impegnato in mediazioni di potere che coinvolgono Ruanda, Uganda, Burundi e Congo. La vicinanza alla Somalia ha inoltre garantito una certa influenza nella regione del Corno d’Africa. Proprio per questo una transizione democratica pacifica andrebbe a rafforzare la posizione e la sfera d’influenza keniote, anche se Kenyatta dovesse cedere la propria carica a un ipotetico successore.

Elezioni in Kenya: il contesto politico e le riforme elettorali

Il Kenya viene da un contesto politico con un passato turbolento, con un governo di coalizione salito al potere nel 2007 dopo i tumulti scoppiati a seguito della vittoria alle elezioni del presidente Mwai Kibaki. La cittadinanza considerava infatti Odinga come vero vincitore, e dunque Kibaki aveva deciso di tenerlo come primo ministro. La nuova costituzione ha garantito più poteri alla magistratura. In particolare, una sezione del documento elenca dei rigorosi criteri per la leadership, cosa che sembra aver escluso alcuni candidati considerati non idonei dalle elezioni. Ciò ha anche in parte dato il proprio contributo nell’attenuare il clima politico, il che fa pensare che nuovi tumulti come quelli del 2007 siano improbabili.

L’ingresso di nuove etnie nella realtà elettorale e il cambio delle dinamiche di voto  

Il Kenya è una nazione estremamente eterogenea, con una cinquantina di gruppi etnici ufficialmente riconosciuti. Al centro della sua politica ne spiccano in particolare tre, che sarebbero anche i maggiori: Luo, Kikuyu e Kalenjin. Il Kikuyu in particolare è il più grande blocco elettorale del Paese. In genere, però, è dall’indipendenza del 1963 che nessuno di questa etnia ricopre un ruolo di partito importante. Tuttavia, quest’anno la situazione potrebbe cambiare, con tre dei quattro candidati che hanno scelto dei Kikuyu come compagni di corsa. Secondo gli analisti, nel caso in cui l’etnia e la chiesa giochino ancora un ruolo fondamentale dell’influenzare le elezioni, ciò comporterebbe un cambiamento nelle dinamiche del voto.


Leggi anche: Elezioni Brasile: la disinformazione è un fattore importante

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