In un paese dove l’evasione fiscale è stimata attorno ai 190 miliardi di euro l’anno, la presa di posizione dei politici contro la tracciabilità dei pagamenti attraverso l’utilizzo di carte di credito o di debito (bancomat) ha del surreale.
Le opposizioni attaccano il governo: la nota della responsabile comunicazione di Forza Italia, Deborah Bergamini, si commenta da sola: “La logica sottostante l’introduzione dell’obbligo del Pos per commercianti e professionisti é diametralmente contraria alla competitività: si colpiscono le imprese per aiutare (ancora!) le banche […] imprenditori e professionisti non possono essere trattati, indistintamente, come nemici o potenziali evasori, ma sono una risorsa da sostenere e valorizzare. Non si può contrastare l’evasione punendo chi lavora”.
Ma i limiti all’uso del contante e la stretta sugli esercenti che non accettano pagamenti elettronici ha trovato molti oppositori anche all’interno della coalizione di governo; il Movimento 5stelle, preoccupato per il suo bacino elettorale, motiva la sua opposizione alla contrapposizione tra grandi e piccoli evasori, a suo dire non meritevoli di entrare nel mirino del fisco. La posizione di Renzi è nota: nella sua finanziaria del 2013 aveva alzato l’uso del contante da 1.000 a 3.000 euro per favorire il rilancio dei consumi, poco male se in “nero”.
Argomentazioni surreali, insomma, che rivelano, ancora una volta, la preoccupazione dei politici di perdere il consenso di un elettorato in realtà favorevole e non contrario all’evasione fiscale.
Certo: il problema delle commissioni esiste (mediamente dell’1%: su 10 euro, 10 centesimi), ma, aldilà di una contrattazione del governo con gli Istituti di credito, il possibile gettito recuperato per l’erario sarebbe tale da compensare abbondantemente i costi, sia per gli esercenti che per le famiglie. Per non parlare delle risorse da destinare al welfare.
Non esiste, insomma, una sola ragione per opporsi alla tracciabilità dei pagamenti, se non quella di continuare ad evadere. Ed è nell’evidenza di una quota così ampia dei cittadini che nel tempo ha sostenuto una politica che difende i propri interessi personali a discapito della collettività, sta tutto il problema.
Chi sottrae risorse alla collettività, penalizza il funzionamento dei servizi, dalla sanità, alla scuola, all’ambiente, alla mobilità; ruba qualcosa di tutti di cui anche lui usufruisce. Se l’espressione del voto restituisce solo l’egoismo di un possibile privilegio personale a scapito degli altri, la democrazia si svuota di ogni significato. E non si tratta di un concetto astratto, ma della vita di tutti i giorni di ognuno di noi.