giovedì, Aprile 25, 2024

Taglio dei 4 punti della scala mobile, da decreto a legge. Accadde il 12 Giugno 1984

Quando Bettino Craxi fu eletto Presidente del Consiglio si trovò a fronteggiare una partita molto difficile: quella della politica economica. Il territorio italiano fu messo in ginocchio da una grave stagnazione produttiva e da un tasso di inflazione che nel 1983 arrivò al 17%. Il Presidente Craxi e i membri dell’esecutivo proposero un Referendum per il taglio di 4 punti della scala mobile.

Si ricorda che la Scala Mobile è uno strumento essenziale di tutela e di salvaguardia dei salari e delle pensioni: è il meccanismo di adeguamento automatico delle retribuzioni al costo della vita avente come obiettivo quello di mantenere inalterato il potere d’acquisto del salario (salario reale) in presenza di oscillazioni dei prezzi.

Il provvedimento “Craxi” del 1984 avrebbe adeguato i salari al costo della vita e avrebbe contenuto l’inflazione. L’accordo con il Governo fu sottoscritto anche da Confindustria, UIL e CISL. La CGIL si oppose vivacemente alla firma del decreto, non fu l’unica perchè molti lavoratori e militanti nel PCI organizzarono proteste di vario genere per ostacolare l’attuazione del processo economico promosso dall’esecutivo di Craxi.

Il 14 Febbraio 1984 il decreto fu approvato dal Governo e ancora oggi è ricordato come il decreto di San Valentino. Tale manovra tagliò i 4 punti percentuali della scala mobile adottando la proposta avanzata da Ezio Tarantelli alcuni anni prima. Il decreto, evidente attacco alla scala mobile, fu converito poi nella legge 219 del 12 Giugno 1984. La CGIL, il PCI e migliaia di operai e lavoratori non smisero mai di manifestare il loro disappunto verso il decreto dell’esecutivo Craxi e infatti, in seguito a diversi manifestazioni, riuscirono ad avere l’autorizzazione per un referendum abrogativo sulla manovra del taglio dei punti percentuali. Il Referendum abrogativo si tenne il 9 e il 10 Giugno 1985 ma gli elettori scelsero di mantenere vivo il decreto dimostrando fiducia all’allora Presidente del Consiglio.

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