lunedì, Maggio 6, 2024

Sudan: 100 giorni di combattimenti

Sono passati 100 giorni da quando è iniziato il conflitto in Sudan tra le tra l’esercito e le forze paramilitari di supporto rapido (RSF). Il conflitto ha causato fino ad ora quasi 3mila morti e 750mila sfollati. Fino ad ora ci sono stati diversi negoziati, che però sono falliti. Gli esperti hanno avvertito che avere diverse iniziative diplomatiche non è vantaggioso per una soluzione.

100 giorni di combattimenti in Sudan

Sono passati 100 giorni da quando è scoppiato il conflitto in Sudan tra l’esercito e le forze paramilitari di supporto rapido (RSF). Il conflitto, iniziato il 15 aprile, ha trasformato Khartoum e aree più ampie della capitale in un sanguinoso campo di battaglia. Da allora, i combattimenti si sono estesi anche nella regione del Darfur, stanca del conflitto, così come in parti degli stati del Kordofan e del Nilo Azzurro. Il conflitto ha già causato quasi 3mila morti e oltre 750mila sfollati. Numerose iniziative diplomatiche per fermare la guerra non ha prodotto alcun risultato concreto. Il motivo, secondo gli analisti, è che le parti rivali sono bloccate in una battaglia per la sopravvivenza, che entrambe pensano di poter vincere senza dover impegnarsi in negoziati significativi.

I negoziati condotti fino ad ora

A maggio, le due parti in guerra hanno concordato di inviare squadre negoziali a Jeddah, in Arabia Saudita, per avviare colloqui mediati da Riyadh e Washington. Da allora sono seguiti almeno 16 accordi di cessate il fuoco, ognuno dei quali è fallito. Dopo il fallimento dei colloqui di Jeddah, L’Unione Africana (UA) ha svelato un proprio piano. Tale piano comprendeva l’avvio di un dialogo politico tra gli attori militari, civili e sociali del Sudan non solo per risolvere il conflitto in corso, ma anche per istituire disposizioni costituzionali per un periodo di transizione e la formazione di un governo civile.

Poi è arrivato il tentativo di negoziazione dell’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (IGAD). L’organismo regionale, composto da otto paesi intorno al Corno d’Africa, ha istituito un comitato di quartetto – tra cui Kenya, Etiopia, Gibuti e Sud Sudan – per affrontare la crisi sudanese. Ma una riunione dell’IGAD del 10 luglio è stata boicottata dalla delegazione dell’esercito, che ha accusato il Kenya, principale sponsor del quartetto, di mancanza di imparzialità.

Positivo il vertice con l’Egitto

L’esercito sudanese ha invece accolto con favore un vertice tenutosi nella capitale egiziana, Il Cairo, il 13 luglio, presieduto dal presidente Abdel Fattah el-Sisi, con il quale il massimo generale sudanese al-Burhan gode di legami di lunga data. All’incontro hanno partecipato i leader dei sette paesi confinanti con il Sudan insieme al segretario generale della Lega Araba e al presidente della Commissione dell’Unione Africana (UAC). Il presidente egiziano ha delineato un’iniziativa per stabilire un cessate il fuoco duraturo, istituire corridoi umanitari per l’assistenza umanitaria e costruire un quadro di dialogo che includa tutti i partiti politici sudanesi. I partecipanti alla tavola rotonda hanno convenuto di formare un meccanismo ministeriale composto dai ministri degli Esteri dei sette Stati per risolvere il conflitto in corso. Il piano è stato elogiato sia dai militari che dalla RSF.


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