La candidatura di Silvia Albano

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la candidatura di Silvia Albano

Il fantasma di Luca Palamara incombe sempre più minaccioso sulla formazione della nuova giunta dell’Associazione nazionale magistrati. Non sono stati sufficienti due giorni di acceso dibattito per trovare un punto d’incontro fra le correnti. Infatti, la discussione fra i 36 neoeletti del comitato direttivo centrale è stata rinviata al prossimo 21 novembre, con conseguente ulteriore proroga, la terza, per la giunta uscente. Area, il raggruppamento progressista delle toghe, di cui fa parte anche Magistratura democratica, ha raccolto più consensi alle elezioni del 18-20 ottobre e rivendica la presidenza dell’Anm. Ossia la conseguente riconferma del presidente uscente Luca Poniz, a cui però si contrappone la sempre più probabile candidatura della seconda arrivata, Silvia Albano.

Qual’è la questione della mancata riconferma?

ll nome di Poniz, però, è risultato indigesto alle toghe di Magistratura indipendente, il gruppo moderato arrivato secondo e con un componente eletto in meno. Il motivo è che la giunta Poniz ha avuto un approccio parziale e non obiettivo, impegnandosi nell’esercizio sterile della graduazione delle colpe e trascurando di considerare, nella sua evidenza, la trasversalità delle condotte poste in essere da appartenenti a tutti i gruppi associativi, come era emerso dalle capitazioni del caso Palamara. Insomma, i componenti di Mi non vogliono di continuare a essere etichettati come la sola corrente che tramava con Palamara per aggiudicarsi e per i propri iscritti nomine ed incarichi. Al posto di Poniz, la candidatura di Silvia Albano risulterebbe maggiormente autorevole, visto che a proposito dell’affaire Palamara ha avuto un approccio molto più critico.

Chi è Silvia Albano?

Silvia Albano, giudice civile a Roma. Fa parte di Magistratura democratica, ma iscritta anche ad Area, il gruppo di sinistra che ha vinto le elezioni dell’Anm. Silvia Albano ha un notevole curriculum. Ha scritto lei il provvedimento sullo scambio di embrioni al Pertini. Si è occupata prima di famiglia, e oggi lavora sui diritti degli immigrati. Nelle elezioni del 18-20 ottobre ha ottenuto 381 voti, seconda solo a Luca Poniz con 739 voti, il presidente uscente.

Le donne in magistratura

Nella ultracentenaria storia del sindacato dei giudici è accaduto finora una sola volta che una donna riuscisse ad arrivare al vertice. È riuscito a Elena Paciotti negli anni Novanta. Quando presidente della Repubblica era Oscar Luigi Scalfaro, e tra i due si stabilì un dialogo importante. Comunque stiamo parlando ormai del secolo scorso. Mentre nel frattempo una rivoluzione rosa ha investito la magistratura, visto che le donne ormai hanno superato i maschi. Su 9.787 giudici, sono 4.479 gli uomini e ben 5.308 le donne. Un andamento confermato dalle presenze femminili negli ultimi quattro concorsi, dove le donne appunto vanno sempre ben oltre il 50%. Un quadro numerico che trova la sua conferma nelle recenti elezioni del parlamentino dell’Anm votato a ottobre e di cui la metà esatta, 18 componenti su 36, sono donne. Un dato che chiaramente riflette la composizione attuale della magistratura, dove molte donne hanno anche raggiunto posizioni di vertice negli uffici.

Le correnti all’interno dell’Anm

La partita per la maggioranza dell’Anm vede in campo diverse correnti. Area, ovviamente, vuole segnare una decisa discontinuità con il metodo Palamara. Mentre MI vuole puntare sull’emergenza sanitaria ed economica. Infine Unicost vuol far dimenticare il caso Palamara e proseguire su una strada di giustizia. Quanto si parla di correnti della magistratura si fa riferimento ai gruppi interni all’Associazione nazionale magistrati. Attualmente sono quattro le correnti rappresentate nel direttivo del sindacato delle toghe.

  1. La centrista Unità per la Costituzione, Unicost;
  2. Magistratura indipendente, nata tra il 1962 e il 1963, che ha un’impronta più conservatrice;
  3. Autonomia&Indipendenza, il gruppo nato più di recente, con la scissione interna a MI avvenuta nel febbraio 2015;
  4. Area democratica per la Giustizia, che ha riunito le correnti di sinistra, Magistratura democratica (fondata a Bologna nel 1964, di orientamento ‘progressista’) e Movimento per la Giustizia (nato nel 1988, quando alcuni esponenti di Unicost decisero di lasciare il gruppo).

I rappresentanti delle varie correnti, con elezioni ogni 4 anni, vanno a comporre il Comitato direttivo centrale dell’Associazione magistrati, il cosiddetto parlamentino, da cui viene espressa la Giunta esecutiva del sindacato delle toghe, che, talvolta, è riuscita ad essere unitaria, ossia composta da rappresentanti di tutti i gruppi. Anche nel Consiglio superiore della magistratura, dato il meccanismo elettorale per nominare i componenti togati, si rispecchiano i gruppi esistenti nell’Anm. 

Giochi di potere nell’Anm

Vi è uno scontro costante tra le correnti interne all’Associazione, ma anche all’interno degli stessi gruppi. Questo è il caso di Area, che dal 2013 unisce due correnti, Md e Movimento giustizia. Queste non vogliono essere considerate un cartello. Ma una dinamica interna le divora. Perché Md non si è mai sciolta, come invece avrebbe voluto chi ha lasciato la vecchia toga rossa per vestire soltanto i panni di Area democratica per la giustizia. Adesso l’ipotesi della candidatura di Silvia Albano ha risvegliato i dissapori e li ha trasformati in uno scontro.

Una scissione è possibile?

Dopo i risultati del voto di ottobre ci sono serie probabilità che all’interno dell’Associazione Nazionale Magistrati si crei una scissione. L’ipotesi di un’inaudita scissione interna, impensabile fino a qualche mese fa, appare oggi sempre meno remota. Magistratura Indipendente e Movimento per la Costituzione, infatti, potrebbero trovare un valido appoggio in Articolo Centouno e creare un progetto di ANM alternativa. L’Anm è ad una svolta, deve superare l’appannamento della magistratura stessa che il caso Palamara ha fatto trasparire. L’Anm ha bisogno di scelte coraggiose e di una profonda autocritica da parte di tutti e una nuova capacità di mettere in campo un progetto di rifondazione etica dell’associazionismo giudiziario.