La rimozione di contenuti pro-Palestina da parte di Instagram provoca forti polemiche nei confronti dell’app.
Instagram: perché le accuse di censura?
I palestinesi che vivono nel quartiere di Sheikh Jarrah, rivendicato dai coloni ebrei, si rivolgono ai social media per protestare mentre rischiano lo sfratto. Alcuni di essi trovano però i loro post, foto e video rimossi o gli account bloccati inspiegabilmente. Da lì le polemiche e le conseguenti accuse di censura. Nel corso della giornata di domenica, dopo le accuse, Instagram dichiara di aver modificato i propri algoritmi e di poter ripubblicare i contenuti originali “allo stesso modo”. Il cambio di impostazioni dell’app giunge dopo le lamentele da parte dello staff, che accusa la censura delle notizie e dei post relativi alla Palestina attraverso una strategia di rimozione automatica.
Instagram: le polemiche
Già il 6 maggio scorso diversi attivisti palestinesi si videro limitare la portata dei contenuti condivisi attraverso l’app. Adam Mosseri, il numero uno di Instagram, lo definì un bug facile da risolvere. “Questo giorno è di importanza essenziale per aumentare la consapevolezza di un tema così cruciale, scrisse su twitter Mosseri. “Noi vogliamo supportare le nostre community indigene su Instagram. Ci scusiamo con tutti coloro che hanno pensato di non poter portare l’attenzione su queste tematiche”. Per Khalid Harith, attivista di 22 anni che coordina la copertura palestinese sui social media, si tratta invece di razzismo strutturale:
Le accuse di Khalid Harith
“Non è solo repressione”, dice Khalid Harith a TRT World. “Israele sta palesemente utilizzando reti di account falsi e bot per influenzare l’opinione pubblica a modo suo. Prendono di mira gli attivisti e segnalano i loro post o account in numero schiacciante. Questi account non hanno follower e non seguono nessuno. Non hanno post“.
