sabato, Luglio 27, 2024

Il sogno cinese è finito? Paura e speranza nella Cina quasi post coronavirus

Ci sono piccoli segnali capaci di dare indicazioni più dei grandi numeri. Capaci di far sperare, concretamente, che un ritorno alla normalità è finalmente possibile.

Da ormai dieci giorni a Wuhan si è tornato a celebrare i matrimoni. Lo stop alle nozze era stato uno dei primi provvedimenti per evitare gli assembramenti.

Sempre da ormai dieci giorni è la quarantena obbligatoria di 14 giorni a proprie spese per tutti gli arrivi dall’estero. Segno che mostra come l’ex epicentro del virus ora abbia bisogno di difendersi dai possibili contagi di ritorno.

Si torna a sorridere in Cina. Lockdown rimosso dopo due mesi di chiusura. Lockdown al quale la città è obbligata dallo scorso 23 gennaio e che cesserà il prossimo 8 aprile. Ancora due settimane e il territorio focolaio del coronavirus potrà tornare a una sorta di normalità.

Intanto si inizia una sorta di quotidianità…

Li Yu e la sua bancarella di mais arrostito

È felice Li Yu. Nel giorno in cui ha finalmente riaperto la sua bancarella è riuscito a vendere sei pezzi di mais arrostito. Un piccolo traguardo dopo i mesi di paralisi vissuti a causa del coronavirus.

Felice, ma preoccupato, quale sarà il futuro della sua attività posta vicino le antiche mura di Jingzhou? Luogo, un tempo, di forte attrazione turistica. Un tempo neanche così lontano…

Costretto a chiudere la sua attività a fine di gennaio, in seguito al blocco dell’Hubei per affrontare la diffusione dell’epidemia di Covid-19. Riuscendo a riaprire solo giovedì, dopo i primi segnali di speranza nella regione.

La chiusura gli ha portato via il periodo di maggior guadagno per lui, quello del Capodanno lunare cinese. Un suicidio per la sua attività.

La prima metà dell’anno è la stagione in cui i fiori sbocciano. Molte persone vengono qui per ammirare i fiori, fare foto. Dovrebbe essere il periodo di punta per noi, ma quest’anno il coronavirus avrà sicuramente un grande impatto“, ha detto Li a Reuters.

Nel suo primo giorno di apertura Li ha guadagnato 12 yuan, contro i 4000 dei tempi normali. Un guadagno irrisorio, che da un lato lo rende felice, finalmente ha riaperto la sua bancarella. Dall’altro, però, lo preoccupa molto.

Si tornerà mai alla normalità?

Poi c’è la questione dello stigma sociale, della paura, più forte della malattia, del virus quasi sconfitto.

Ora Hubei in Cina è la zona più colpita, e nessuno osa venire. Quando sanno che sei di Hubei, ti tengono tutti lontani da te. Loro sono spaventati“, ha detto Li a Reuters.

A fare da sfondo un mercato vuoto, solo due delle sette bancarelle lungo le mura aperte. In giro ancora pochissima gente.

Guarda, ci sono così poche persone. Quelli esterni (Hubei) non viaggeranno qui per le vacanze“, commenta Li.

Le autorità cinesi annunciano misure per aiutare le piccole imprese

Il governo di Hubei, come altri in tutto il Paese, si è impegnato ad aiutare le tante piccole imprese con politiche come esenzioni dall’imposta sul valore aggiunto.

Non solo, le autorità cinesi hanno annunciato misure per cercare di far spendere i consumatori e visitare nuovamente le attrazioni turistiche. Come, ad esempio, la distribuzione di buoni sconto per milioni di yuan.

Una boccata d’ossigeno per Zhou Yanjun, ristoratore di Jingzhou

Zhou ha un suo ristorante lungo le antiche mura, anche lui, come tanti piccoli commercianti, è stato costretto a chiudere la sua attività a data da definirsi. Sulla sua testa, il pagamento dell’affitto del locale.

Ora possiamo solo fare da mangiare per noi stessi” ha detto, mentre preparava la cena per la sua famiglia dalla cucina del suo ristorante. “Sarà un anno molto, molto difficile“.

Si riprendono, con prudenza, i contatti sociali, ci si racconta, dopo tanto isolamento

Wang Jue e Xiao Man , entrambi 25 anni. Si sono rivisti per la prima volta, dopo il blocco, mercoledì scorso. La riapertura dell’antica area turistica delle mura della città di Jingzhou, ha permesso loro di trovare conforto tangibile in un amico.

Wang è ancora in attesa di riprendere il suo lavoro a Wuhan. Dovrà attendere fino all’8 aprile. Xiao, invece, è alle prese con la ricerca di un nuovo lavoro. Sta facendo diverse domande, ma non ha ancora ricevuto risposta da nessuno.

Non è facile riprendere la vita in Cina. Il virus continua a lasciare il segno, nonostante pare stia lasciando i corpi. Paura, pregiudizio, preoccupazione, rendono questo nuovo avvio difficile e incerto.

Nonostante tutto, c’è anche la speranza. La speranza di chi ha combattuto, ha perso i suoi cari, ha temuto per se stesso e gli altri. La speranza di chi ha voglia di riprendere, finalmente, a vivere…

La Repubblica popolare ha dato prova di grande capacità di mobilitazione di massa a beneficio del benessere e della salute delle persone. Ma anche di grande responsabilità verso la comunità internazionale. Valutazione che deriva dall’analisi dei dati sull’epidemia, che ha portato l’OMS a congratularsi con il governo cinese.

Le comunità locali hanno collaborato fin da subito con le autorità nell’applicare, anche lì dove non è stata prevista una quarantena di intere città, le misure di prevenzione e controllo. Implementate anche grazie all’uso delle varie piattaforme informatiche esistenti (micro blogging e social) e dei nuovi servizi creati ad hoc dalle compagnie informatiche cinesi.

Sin dalla sua nascita, l’epidemia è stata contenuta all’interno del paese (99% dei casi di contagio) e all’interno della provincia dell’Hubei (il 75% del totale dei contagi e il 95% del totale dei morti), proprio grazie alle misure drastiche con le quali il paese è intervenuto tempestivamente.

È finito il sogno cinese? No, non credo. Ha solo bisogno di curare bene le sue ferite.

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