venerdì, Aprile 26, 2024

Il Figlio del Disco Solare: Akhenaton e l’esperienza amarniana

Nel 14º secolo a.C., nel cuore della XVIII dinastia faraonica, le Due Terre dell’Egitto attraversarono per 17 anni una fase particolare e unica nella loro storia. Un periodo che, a seconda dello sguardo che vi si dà, fu di folle eresia o di profonda innovazione culturale e religiosa. Il Faraone Amenofi IV, a noi noto con il nome autoimposto di Akhenaton (“spirito efficace del dio Aton”), riuscì infatti in meno di un ventennio a far tremare i pilastri stessi del Cielo che fino ad allora avevano retto l’intero Pantheon egizio.

Akhenaton fu sempre devoto soltanto ad Aton, il Disco Solare, nonostante l’istituzione faraonica stessa traesse la propria legittimità dal dio Ra e dal dio Amon. Il Signore delle Due Terre spostò anche la capitale, che fino ad allora aveva fatto la spola tra Menfi e Tebe, sedi dei principali culti divini e delle più influenti caste sacerdotali, alla città da lui fondata di Akhetaton (“Orizzonte del dio Aton”), l’odierna Tell-el Amarna.

Akhenaton, già durante il regno di suo padre Amenofi III, il re della luce, aveva dato prova della sua grande ispirazione religiosa, che mantenne per tutta la vita. Non fu mai un mistico sterile, poiché agendo nel nome del potere divino di cui era investito come faraone riuscì a mettere in pratica le sue concezioni. La sua riforma religiosa non fu monoteistica, come molti credono, quanto più monolatrica, presupponendo l’esistenza di tutti gli dei ma venerandone soltanto uno, appunto Aton.

Il Faraone arrivò addirittura a imporre la propria visione, nota in Egitto come “eresia atonista”, a Karnak, nel cuore del feudo del dio Amon, attirandosi le antipatie dei culti sacerdotali che avevano sostenuto i regni dei suoi predecessori e avrebbero sostenuto quello dei suoi successori, gettando così le basi della propria rovina.

Cuore della concezione dello stato di Akhenaton era la Coppia Imperiale, composta dal Faraone e dalla Grande Sposa Reale Nefertiti. Uniti da un amore sincero, i due regnanti incarnavano agli occhi del popolo la regalità solare maschile ed uranica del re e allo stesso tempo quella lunare, infera, femminile e ctonia della regina, creando una sintesi universale della dualità che regge il mondo. La natura sacra del loro legame è testimoniata dalla dedica finale che il Faraone fa alla Grande Sposa Reale nel “Grande Inno ad Aton: “Regina dal volto chiaro, / gioiosamente ornata della doppia piuma, / sovrana di felicictà, / dotatadi tutte le virtù. / La sua voce rallegra i cuori, / ella è piena di grazie, grande nell’amore, / e i suoi sentimenti danno gioia / al Signore dei Due Paesi… / La grande e amata sposa del re, / Signora dei Due Paesi,  [il cui nome è] / ‘belle sono le bellezze di Aton’, / ‘la bella è arrivata’, / viva per sempre.”

Akhenaton stesso amava farsi rappresentare come androgino, a simbolizzare la sua duplice natura di Padre sì di tutto l’Egitto, essendo egli Ra-Horakhti incarnato, e coesistenza quindi di Ra e Horo dell’Orizzonte, principi solari, ma anche e allo stesso tempo di Madre delle Due Terre, una sorta di presenza isiaca nella natura reale.

Ne sono chiara testimonianza le opere d’arte che dall’epoca di Akhenaton ci pervengono, rappresentanti millenarie di quella che per convenzione chiamiamo “arte amarniana”, avente il suo principale punto di irradiamento nell’attuale Tell-el Amarna, appunto la capitale Akhetaton. Un’arte inquieta e deforme, volta a raffigurare l’essenza spirituale e divina dei soggetti prima che il loro reale aspetto. Il faraone si trova, come detto, rappresentato come un mostruoso androgino dai fianchi larghi e i seni prominenti, recante i segni del potere faraonico sul cranio innaturalmente allungato. Caratteristica questa che darà adito a fantasiose ipotesi su una discendenza aliena di alcuni faraoni della XVIII dinastia, ipotesi ovviamente priva di fondamento.

Anche nei bassorilievi è questa concezione essenzialista a farla da padrona, e i crani allungati e innestati su figure scheletriche si dipanano attorno alla figura centrale e simbolica del Disco Solare, simbolo ipostatico del dio Aton. O, ancora, nell’architettura dell’intero complesso di Akhetaton. Si abbandonano sale ipostile e spazi chiusi e sigillati per lasciare spazio ad ampi cortili e colonnati aperti, un inno alla presenza solare che in quel luogo è onnicomprensiva.

Pare che Akhenaton sia morto dopo Nefertiti, la Grande Sposa Reale, la cui dipartita avrebbe gettato il Paese, che avrebbe visto venir meno uno dei suoi due Centri Sacri, nel caos della ribellione. L’insorgere dei culti sacerdotali avrebbero poi annientato le riforme eretiche e lo stesso Faraone avrebbe subito una, seppur blanda, damnatio memoriae.

Il suo stesso figlio Tutankhaton (“Immagine vivente del dio Aton”) cambiò il proprio nome (che per gli egizi ricordiamo essere un essere vivente dalle proprietà magiche e divine) in Tutankhamon, a rimarcare la propria vicinanza al culto menfita pre-eretico, quasi a riportare indietro le lancette della Storia. Ma riportare l’Egitto alla sua antica grandezza ormai era impossibile, la disastrosa politica estera di Akhenaton, monarca concentrato unicamente sulle questioni dello Spirito, aveva causato lo sgretolamento dell’Impero costruito dai suoi predecessori.

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