“Emergenza” è uno dei termini che maggiormente ricorrono nel dibattito pubblico, ma nella quasi totalità dei casi a sproposito.
Non lo è la mancanza di posti letto per le persone senza fissa dimora nella stagione fredda che si rinnova ogni anno. Non lo è quella idrogeologica, che insiste su territori cementificati selvaggiamente e privi di manutenzione da oltre mezzo secolo. Non lo è quella legata ad eventi sismici, perché la quasi totalità di case e infrastrutture è antica o non costruita a norma. E non è una “emergenza” la mancanza di lavoro, il cui trend decrescente è consolidato da oltre un decennio.
Insomma: ciò che speso è definito “emergenza” è in realtà un fenomeno strutturale. Anche nella sanità.
La medicina delle catastrofi
In questi tempi abbiamo familiarizzato con locuzioni come “collasso del servizio sanitario nazionale” e in particolare delle terapie intensive.
Qualche rappresentante delle Istituzioni ha parlato – per fortuna smentito dagli stessi ambienti medici – di “persone lasciate a morire per mancanza di posti”; per non parlare di giornali e media.
E dolosamente ha attribuito la colpa a chi non si vaccina, nel solco di una retorica della responsabilità sociale smentita dai dati dei ricoveri e dalla conseguente ammissione di una copertura del vaccino inferiore (per durata e effetti) di quella promessa.
Quello però di cui nessuno parla, è che le dificoltà in cui versa il servizio sanitario pubblico non sono dovute al contagio da covid, ma rappresentano un problema strutturale, per cui né fuorviante utilizzare il termine “emergenza”.
Il Corriere della Sera, così titolava il 10 gennaio 2018, due anni prima dell’arrivo del coronavirus: “Milano, terapie intensive al collasso per l’influenza: già 48 malati gravi molte operazioni rinviate”
No: non è il covid che crea problemi alla Sanità italiana: sono i tagli operati negli anni dai governi che si sono avvicendati. Naturalmente incolpando le diverse “emergenze” sopraggiunte.
I numeri della sanità italiana
Nel 2019, la spesa per la sanità rapportata il PIL dell’Italia risulta essere la diciottesima, dietro a Paesi come Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito, ma anche Belgio, Austria e Islanda.
https://stats.oecd.org/Index.aspx?DataSetCode=SHA
In numeri assoluti parliamo di una spesa di circa 2.300 euro pro capite (contro i circa 5.000 della Germania) con un decremento della spesa attorno ai 37 miliardi in dieci anni.
Secondo la Fondazione Gimbe tra il 2010 e il 2015 (governi Berlusconi e Monti), il taglio è stato di circa 25 miliardi di euro, e i restanti 12 miliardi tra il 2015 e il 2019 (governi Letta, Renzi, Gentiloni, Conte).
https://www.gimbe.org/osservatorio/Report_Osservatorio_GIMBE_2019.07_Definanziamento_SSN.pdf#page=13
Personale e ospedali
Il mancato trasferimento i fondi nazionali alle regioni ha inciso negativamente negli investimenti, sia per le infrastrutture che per il personale, che secondo l’annuario statistico del Servizio Sanitario Nazionale è passato da 635.082 unità del 2000, alle 603.856 del 2019.
I posti letto da 272 mila per degenza ordinaria, di cui il 18,2% nelle strutture private accreditate, e 24.065 per day hospital, quasi totalmente pubblici (95%) del 2000, sono passati a 190 mila letto per degenza ordinaria, di cui il 21,4% nelle strutture private accreditate, e 13.202 posti per day hospital, per la maggioranza pubblici (83,8%) nel 2019.
I posti letto dedicati all’attività per acuti erano 4,6 ogni 1.000 abitanti nel 2000 e 2,9 ogni 1.000 abitanti nel 2019; un terzo in meno rispetto al 1980.
https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_3073_allegato.pdf
https://www.congliocchituoi.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1913_allegato.pdf
In dieci anni sono stati perse 31.226 unità di personale in meno; 82.000 posti letto (di cui il 3,2% in strutture private convenzionate), 10.863 posti letto per day hospital. Nel frattempo siamo tutti invecchiati, e molti di noi sono diventate persone fragili.
Se proprio dobbiamo trovare un responsabile, per le infrastrutture possiamo a ragione prendercela con la politica, per la vecchiaia dobbiamo semplicemente rassegnarci; in ogni caso, tutto previsto, nessuna “emergenza” dietro la quale coprire una gestione che ha penalizzato – con la Sanità – la vita dei cittadini.
Che per aiutarsi l’un l’altro, più che vaccinarsi, dovrebbero versare le imposte che devono all’erario, visto che ci confermiamo per l’ennesima volta primi in Europa per l’evasione fiscale.