La politica e l’emergenza coronavirus
È nei momenti critici che viene fuori di che pasta siamo fatti, recita un antico adagio; e non c’è niente di più vero della saggezza che ispira i proverbi. Mai come in questi giorni è stata rimarcata la distanza tra l’importanza di chi possiede le competenze per gestire una situazione critica, e l’impreparazione di una parte non trascurabile della classe politica – non solo all’opposizione dell’attuale governo. Fermo restando che le responsabilità devono essere però ripartite almeno su altri due livelli.
Le responsabilità dei mass media
Il primo – che è elemento di collegamento tra i due – è il mondo dei mass media, divenuto, con la televisione e poi la rete internet, la principale fonte di conoscenza dei cittadini. Chi vi presenzia è naturalmente costretto ad adeguarsi a quelli che sono i canoni della comunicazione di massa, che è votata a mantenere alta l’attenzione dello spettatore. Ecco allora che il politico, sempre costretto a rincorrere consenso, si è trasformato sempre di più da uomo di contenuti a uomo di immagine; magari interpretando sensibilità e cultura grossolane, e riscuotendo così la simpatia di un pubblico persino a lui somigliante: il secondo livello.
Le responsabilità dei cittadini
Il secondo livello, appunto, sono i cittadini-elettori, anche loro travolti da questo mainstream di informazioni frenetiche e superficiali, abituati a votare non per ciò che vogliono, ma per ciò che sono, e quindi chi gli assomiglia, inadeguatezza compresa. Laddove non c’è conoscenza, non ci può essere neppure la lucidità necessaria per una valutazione razionale: ecco perché ai vertici delle amministrazioni capita che possono finirci anche persone impreparate a svolgere il loro compito. Sia sul piano tecnico, che pratico e persino morale. Così, quando succede qualcosa di importante – e ne succedono continuamente di cose: alluvioni, terremoti, danni ambientali, smantellamenti di siti produttivi… – ci si accorge che le parole non bastano a risolvere i problemi, e che la realtà e la sua rappresentazione televisiva sono due cose diverse.
Politica e competenza
In questi drammatici giorni assistiamo al triste teatrino di politici (naturalmente alcuni, che ce ne sono di preparatissimi) che sgomitano per ottenere attenzione, come se si trovassero loro al centro del mondo. Che dicono che il coronavirus è una calamità, poi una banale influenza, poi che va bene la salute pubblica, ma attenzione all’economia; che attaccano il governo solo per cercare di trarne un vantaggio in termini di consensi, ma non si mettono in gioco prendendo posizione; che appoggiano prima le istanze populiste di chi non vorrebbe restrizioni, poi dicono che la chiusura totale dei negozi è stato un provvedimento tardivo; che vorrebbero chiudere i confini perché il morbo lo portano in Italia gli stranieri, e poi chiedono le frontiere aperte perché sono gli altri Paesi che non vogliono noi. E mentre straparlano di patria, sacrifici eroici e di altre ruggini retoriche, medici, infermieri, scienziati e anche la maggior parte delle persone hanno capito quello che sta succedendo e cercano di dare il proprio contributo affinché presto questi giorni siano al più presto solo un brutto ricordo.
Votare con competenza
Come sempre, dai momenti più difficili è possibile trarre insegnamento, recuperare qualcosa di quel senso civico che ci mette sulla buona strada per essere cittadini consapevoli – allontanando la tentazione di credere ancora a chi la spara più grossa o urla più forte. Ma è una ben triste consolazione. È troppo facile riflettere sulle nostre azioni quando le cose ci vanno male. Anche per questo c’è un vecchio proverbio: versare lacrime di coccodrillo.
Domani, quando tutto sarà passato – e non in modo indolore – cerchiamo di ricordarci di come si è comportato chi abbiamo designato ad amministrarci. E cominciamolo a pensare per quello che deve essere, ovvero uno specialista in grado di svolgere il suo ruolo di amministratore pubblico in modo da tutelare gli interessi della collettività (e non i nostri), in modo onesto e capace. E siccome siamo noi che votiamo, proviamo a farlo nello stesso modo.