sabato, Luglio 27, 2024

Lampedusa – Stupri di gruppo e torture prima del naufragio

Sequestri, stupri di gruppo e torture prima del naufragio. Dalle carte dell’inchiesta sulla strage di Lampedusa del 3 ottobre, costata la vita a 366 migranti, emergono nuovi, raccapriccianti particolari sull’ennesimo “viaggio della speranza” risoltosi in tragedia. Proprio oggi gli agenti delle Squadre mobili di Palermo ed Agrigento e del Servizio centrale operativo di Roma hanno fatto scattare le manette ai polsi di un somalo di 24 anni, Mouhamud Elmi Muhidin, sospettato di essere uno degli organizzatori della traversata: a suo carico, un provvedimento firmato dal pm Geri Ferrara e dal procuratore aggiunto della Direzione distrettuale antimafia di Palermo Maurizio Scalia, che lo accusano di sequestro di persona a scopo di estorsione, associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, tratta di esseri umani e violenza sessuale.
Elmi Muhidin, fermato a Lampedusa, e’ stato identificato dagli inquirenti dopo un tentativo di linciaggio all’interno del Cie di contrada Imbriacola del 25 ottobre scorso: diversi immigrati hanno spiegato agli inquirenti che il somalo era stato riconosciuto da un gruppo di eritrei sopravvissuti al naufragio come il capo di una banda di miliziani armati resasi responsabile del loro sequestro nello scorso mese di luglio, mentre si trovavano in viaggio nel deserto dall’Eritrea alla Libia, in una zona tra il Sudan e la Libia stessa. Nel corso delle indagini e’ stato fermato anche un palestinese, Attour Abdalmemen, 37 anni, nei cui confronti sono emersi riscontri circa il coinvolgimento come scafista all’organizzazione di un altro recente sbarco di immigrati, in questo caso siriani, sempre a Lampedusa. E’ un catalogo degli orrori quello messo assieme, episodio dopo episodio, dagli inquirenti, convinti che l’organizzazione lavorasse nel rispetto di uno schema ben preciso: i migranti, intercettati nel deserto, venivano caricati su pick up sotto la minaccia delle armi e imprigionati a Sebha, nel sud della Libia.
“Ciascuno di loro – scrivono i magistrati – doveva contattare i familiari all’estero e far versare su dei conti correnti, attraverso i circuiti di money transfer, una cifra tra i 3.300 e i 3.500 euro”. A pagamento avvenuto i profughi venivano trasferiti sulla costa libica dove veniva preteso un ulteriore pagamento di 1.000/1.500 dollari per il ‘biglietto’ della traversata: solo il saldo garantiva il diritto al pass per le coste siciliane. Almeno una ventina le ragazze stuprate, in alcune occasioni offerte anche “in dono” a paramilitari armati di kalashnikov. Una di loro, una 18enne eritrea, ha raccontato di essere stata allontanata dal suo gruppo e violentata a turno da tre dei somali: “mi hanno buttato in testa della benzina provocandomi un forte bruciore al cuoio capelluto, alla pelle del viso ed infine agli occhi, successivamente, non contenti, hanno abusato di me”. E poi: “eravamo costretti a stare in piedi per tutta la giornata e ci obbligavano a vedere i nostri compagni torturati con vari mezzi, tra cui manganelli, scariche elettriche alle piante dei piedi; chi si ribellava, veniva legato con una corda collegata gli arti inferiori ed il collo”. Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha espresso “grande soddisfazione” per l’identificazione del somalo e del palestinese, complimentandosi con forze di polizia e e magistratura e ribadendo l’esigenza di “fermare a tutti i costi i mercanti di morte”. Anche “con il coinvolgimento dell’Ue”.

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