sabato, Luglio 27, 2024

Il New York Times abbandona Hong Kong

Il New York Times lascia Hong Kong e trasferirà parte dello staff a Seul a casa delle più severe misure sulla sicurezza adottate dalle autorità. Per l’emittente la legge “ha sconvolto le organizzazioni di stampa e creato incertezze sulle prospettive della città come centro per il giornalismo“. Gli editorialisti, assicura la direzione, continueranno a riportare i fatti dell’ex colonia britannica, ma il team digitale sarà trasferito.

Il New York Times molla?

Il New York Times ha deciso di trasferire parte del suo personale da Hong Kong a Seul dopo l’approvazione della legge sulla sicurezza che punisce penalmente gli atti “sovversione, secessione, terrorismo e collusione con le forze straniere”. Con questa legge, Pechino tenta l’ennesima incursione alle libertà sostanziali che sono state riconosciute a Hong Kong nel 1997. All’epoca, l’ex colonia britannica era stata restituita alla Cina, dotto l’egida del principio “un paese con due sistemi”.

Una decisione dovuta?

A darne notizia gli stessi dirigenti del quotidiano, con la pubblicazione sul sito della mail diretta al personale. Secondo la missiva: “La nuova disposizione sulla sicurezza nazionale cinese a Hong Kong ha creato incertezza sulle nuove regole riguardanti il nostro operato e il nostro giornalismo. Riteniamo prudente elaborare piani di emergenza e ridistribuire il nostro staff di redazione in tutta la regione“.

I motivi del trasferimento

Seppur non abbiano precisato il numero dei dipendenti coinvolti, il trasferimento riguarderà almeno un terzo del personale. Tuttavia, non includerà il personale editoriale, che invece consoliderà la propria presenza nell’ex colonia britannica. Piuttosto, sarà inviato a Seul il reparto del digitale. Si tratta del personale di supporto degli uffici di Londra e New York che opera durante la chiusura del giornale. Alla BBC, il direttore delle comunicazioni Ari Isaacman Bevacqua ha assicurato: “Manterremo una notevole presenza a Hong Kong e abbiamo tutte le intenzioni di continuare a coprire Cina e Hong Kong“. E ha aggiunto: “Abbiamo in programma di continuare la nostra attività e mantenere il nostro centro stampa a Hong Kong trasferendo, nel tempo, il nostro centro di editing digitale a Seul“.

Anche il New York Times subisce pressioni?

Secondo le agenzie, molti dei loro corrispondenti hanno riscontrato difficoltà nell’ottenere i permessi di lavoro necessari: “ostacoli comuni in Cina ma che raramente avevano sollevato problemi” a Hong Kong, hanno detto. Ad ogni modo CNN, CNBC, Bloomberg e BBC sono solo alcune delle agenzie internazionali nell’ex colonia. “Hong Kong è da decenni leader nel sostenere il diritto a una stampa libera in Asia ed è essenziale che continui ad esserlo, soprattutto considerato il trattamento riservato ai media indipendenti all’interno della Cina continentale“, ha spiegato Bevacqua.

Altri episodi critici

Si ricordino le ripercussioni politiche contro Victor Mallet, reporter del Financial Times e vicepresidente del gruppo di corrispondenti esteri a Hong Kong, cui nel 2018 era stato negato l’ingresso in città con visto turistico a qualche settimana del mancato rinnovo del suo permesso lavorativo. O ancora l’espulsione di tre giornalisti – del New York Times, del Washington Post e del Wall Street Journal – avvenuta all’inizio di quest’anno.

In cosa consiste la legge sulla sicurezza

Ora l’ordinamento punisce penalmente chiunque inciti all’odio contro Pechino o l’amministrazione regionale di Hong Kong. Quindi, consente procedimenti a porte chiuse e acquisizioni probatorie invasive (le intercettazioni) di competenza dei tribunali cinesi. Inoltre, impone ai fornitori di servizi Internet di consegnare i dati alla polizia, laddove richiesto. Benché i funzionari di Pechino hanno garantito il rispetto dei diritti fondamentali, si teme per l’interpretazione totalizzante di “sicurezza nazionale” che ne hanno dato le autorità.

A che pro?

Soprattutto, si teme un uso strumentale e arbitrario della legge per reprimere qualsiasi manifestazione democratica di dissenso. A complicare la situazione è la portata stessa del dettato normativo: infatti, il testo di legge include una gamma eterogenea e non specificata di violazioni. Ad esempio, il danneggiamento a strutture di trasporto pubblico sarà considerato un atto terroristico. Comunque sia, le autorità sostengono che le nuove disposizioni non inficeranno la libertà di parola. Da quanto riferito, tali provvedimenti sono necessari per contenere i disordini del 2019, nati in reazione ai provvedimenti sull’estradizione e alle istanze di maggiori tutele democratiche.


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