Il diritto alla parola di Trump non è assoluto

L’ex presidente americano Donald Trump ha il diritto alla libertà di parola, ma questo diritto “non è assoluto”. Ad affermarlo è il giudice Chutkan nella prima udienza relativa all’accusa di voler sovvertire i risultati delle presidenziali del 2020. “In un procedimento penale come questo, la libertà di parola dell’imputato è soggetta a regole”, ha affermato il giudice. “Senza un ordine di protezione una parte potrebbe rilasciare informazioni che potrebbero influenzare giuria testimoni e interferire alla giustizia”, ha aggiunto. Nei giorni scorsi, Trump aveva affermato che l’ordine di protezione richiesto dai pubblici ministeri per il suo processo violerebbe la sua libertà di parola.

Il diritto alla parola di Trump “non è assoluto”

Il giudice federale Tanya Chutkam che sovraintende al processo riguardante i presunti sforzi dell’ex presidente americano Trump di ribaltare l’esito delle elezioni del 2020 ha affermato che il diritto di Trump alla libertà di parola “non è assoluto”. “Trump, come ogni americano, ha il diritto garantito dal Primo Emendamento alla libertà di parola, ma quel diritto non è assoluto. In un procedimento penale come questo, la libertà di parola dell’imputato è soggetta alle regole del processo”, ha detto Chutkam. “Senza un ordine di protezione una parte potrebbe rilasciare informazioni che potrebbero influenzare giuria testimoni e interferire alla giustizia. Se ciò significa che Trump non può dire esattamente ciò che vuole dire sui testimoni in questo caso, allora sarà così”, ha aggiunto. Chutkan ha quindi offerto un severo monito, affermando che più una delle parti fa “dichiarazioni infiammatorie” che potrebbero intimidire i testimoni, “maggiore sarà l’urgenza di procedere rapidamente al processo”.

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