lunedì, Maggio 6, 2024

Grotta di Raqefet: il primo rituale funebre della storia?

La cultura natufiana è stata la prima a seppellire i suoi morti nei cimiteri. 15.000 anni fa, le popolazioni natufite si sono diffuse sulle coste orientali del Mar Mediterraneo: dal Sinai a sud fino alla Siria settentrionale, mentre si estendevano ad est fino al deserto rosso della Giordania. Il nome deriva dal primo sito scavato a Wadi el-Natuf in Palestina, scoperto da Dorothy Garrod tra il 1932 e il 1942. Caratterizzata da insediamenti stabili e agricoli, sarebbe l’antenata delle culture più antiche al mondo, tra cui quella accadica e di halafiana. La grotta di Raqefet si trova sul Monte Carmelo, a nord di Israele.

Oltre a deporre i defunti in luoghi prescelti, è molto probabile che i natufiti possedessero dei veri e proprio rituali. A dimostrarlo la recente scoperta degli archeologi Danny Rosenberg, György Lengyel, Dani Nadel e Rivka Chasan dell’Università di Haifa. Come spiegano gli stessi ricercatori in un articolo pubblicato dall’Oxford Journal of Archaeology, la cultura natufiana seppelliva i suoi morti in tombe poco profonde coperte da lastre di pietra. A stupire è proprio una di queste, ritrovata nella grotta di Raqefet. Nella parte superiore, infatti, raffigura un’enigmatica incisione che potrebbe suggerire un rituale molto elaborato. Analizzati con il radiocarbonio gli scheletri ricoperti dalla lastra, la si è collocata tra 14.000 – 12000 anni fa. 

Come spiegano gli stessi archeologi, l’immagine sulla lapide è un esempio estremamente raro di una figura umana incisa dai natufiani e porterebbe a pratiche mortuarie elaborate. I loro funerali potrebbero essere stati caratterizzati da raduni, banchetti e danze. La figura, infatti, rappresenterebbe uno sciamano vestito da animale intento ad effettuare un tipo di danza rituale. Numerose sono le incertezze e gli stessi ricercatori sperano che un esame tecnologico incrociato con altre lastre possa far luce su questo mistero.

Casualità o rito?

Il mistero delle pratiche mortuarie degli uomini arcaici hanno sempre affascinato il mondo archeologico quanto quello antropologico. L’enigmatico Homo naledi ha deliberatamente posto i suoi morti nelle profondità inaccessibili di una grotta sudafricana 300.000 anni fa? O alcuni di loro sono rimasti bloccati e sono morti lì nel corso degli anni? I Neanderthal seppellivano i loro defunti ponendovi dei fiori?

Non ci sono abbastanza evidenze archeologiche per affermare che questi fossero veri e proprio rituali funebri. Lo stesso vale per la cultura natufiana. Almeno fino a poco tempo fa. Le lastre scoperte nella grotta Raqefet, infatti, fanno pensare il contrario. Alcune lapidi sono state trovate anche nei vicini siti di Hayonim, el-Wad Terrace e Nahal Oren. Tuttavia sono quelle della caverna di Raqefet a stupire di più. La grotta è collocato sopra ad un enorme strapiombo. Per raggiungerla bisogna arrampicarsi su di una scogliera per diverse decine di metri. Sicuramente nessuno lo farebbe senza una buona ragione.

«Il cimitero è nella prima camera, una grande sala all’ingresso della grotta», affermano Nadel e Rosenberg. Qui sono stati trovati complessivamente circa 30 individui di tutte le età. Neonati, adulti, uomini e donne. Alcuni in sepolture collettive, altri in sepolture individuali per un totale di 10 lapidi.

«Le lastre sembrano non lavorate. Tuttavia i natufiani avrebbero potuto dipingerle o creare qualche altra decorazione che non è sopravvissuta nei millenni. Forse non lo sapremo mai. Oppure c’è qualcosa lì, ma non riusciamo ancora a vederla», ha concluso Rosenberg sottolineando come sia impossibile attribuire la lastra incisa, perché posta sopra diversi individui.

Come si sarebbe svolto il rituale?

La rozza immagine umanoide sulla lastra di Raqefet, non è certo la prima al mondo. Già decine di migliaia di anni prima, i cacciatori-raccoglitori in Europa e nel sud-est asiatico stavano realizzando opere d’arte spettacolari sulle pareti delle caverne. I natufiani, tuttavia, non si sono fermati a questo. Statuette di pietra, ossa e corna, rappresentanti teste umane, teste di animali e altre non ancora identificate, sono solo alcuni dei manufatti ritrovati nella culla di questa antica cultura.

La maggior parte di questi oggetti sono stati rinvenuti proprio all’interno delle sepolture. All’interno di quest’ultime, poi, sono stati ritrovati resti di carne di animale, utensili e persino pesanti mortai di pietra. Il tutto fa pensare ad un elaborato rituale funebre che prevedeva la sepoltura dell’individuo sotto pesanti lastre di pietra con gli oggetti che lo avevano accompagnato quotidianamente. Nadel e Rosenberg hanno ipotizzato che proprio i mortai, oltre ad essere utilizzati per pestare il grano o la carne, venissero percossi per convocare la popolazione al funerale.

All’interno della grotta di Raqefet, gli stessi archeologi hanno rinvenuto un mortaio di pietra con, al suo interno, incisioni a griglia accompagnate da linee irregolari. «Non abbiamo idea del perché, ma è chiaro che l’azione è stata voluta ripetutamente. Non mi spiego come qualcuno sia riuscito a decorare una superficie così piccola e stretta», spiega Nadel.

In ultimo i ricercatori hanno scoperto quattro tombe con resti di piante che rivestivano le fosse prima dell’inumazione. Tra queste, fiori come la salvia selvatica.

Insomma, i natufiani nutrivano un profondo rispetto per i morti. Dopo aver preparato la loro tomba con piante e oggetti quotidiani, è possibile che svolgessero rituali complessi di sepoltura. Danze, banchetti e feste, a giudicare dai resti di infusi alcolici ritrovati sempre nella grotta di Raqefet. Il tutto ben orchestrato da uno sciamano, come sembra volerci comunicare la misteriosa incisione sulla lapide funebre.

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