mercoledì, Aprile 24, 2024

I ceppi più violenti del virus mettono in ginocchio l’Europa

Mentre in Italia si pensa a ripartire, il covid-19 non si arresta ma si rafforza in maniera sempre più letale, differenziandosi dal virus primitivo, da cui si è evoluto e ramificandosi al momento, almeno in 30 ceppi, di cui 19 mai visti prima.

A comunicarcelo sono stati gli studiosi che lavorano presso l’Università di Zhejiang.

Dichiarano che “le mutazioni potrebbero influenzare la gravità della malattia.

La loro scoperta è stata pubblicata sulla piattaforma medRxiv.org .

I ceppi rilevati in Europa risultano quelli geneticamente più letali, mentre quelli più deboli erano simili a quelli che hanno colpito lo Stato di Washington.

Affermano inoltre che l’America sia stata colpita da due tipi di ceppi diversi: il primo ceppo di tipo alfa si è diffuso negli Stati Uniti provenendo dalla Cina, il secondo ceppo di tipo beta che ha colpito New York sarà probabilmente arrivato dall’Europa.

Il SARS-CoV-2, è costantemente mutato, riconoscendo il sistema immunitario -diverso da popolazione a popolazione- da qui la spiegazione dell’evoluzione di ceppi diversi.

Il gruppo di ricerca, coordinata dallo scienziato Li Lanjuan, ha testato l’efficacia del virus su cellule umane in laboratorio, dove venivano costantemente verificate le cariche virali con un intervallo di due, quattro e otto e dopo 24 e 48 ore.

Il risultato dei ricercatori è stato che i ceppi più aggressivi hanno creato una carica virale fino a 270 più potente del tipo base, carica virale che portava alla morte della cellula.

I nostri risultati dimostrano che le mutazioni fin ora osservate, hanno un impatto significativo sulla carica virale e sul CPE, ovvero il cambiamento morfologico che la cellula assume dopo essere stata infettata. E tale scoperta porta ad averci fatto capire che impatto ci sia sulla patogenicità, anche perché sui ceppi analizzati c’erano quelli con mutazione più mortali.

I casi sono stati riscontrati in Spagna, Italia e a New York.

I ricercatori hanno anche precisato che anche dove c’è una mutazione lieve non significa che ci sia un basso rischio di mortalità.

Siamo di fronte a un patogeno di cui al momento non abbiamo le armi come proteggerci e prevenirlo.

Solo una cura appropriata o il vaccino potrà debellare il virus, tenendo presente che il virus di ieri non sarà quello di oggi, perché in continua evoluzione.

Il genetista Giuseppe Novelli, coordinatore del progetto GEFACOVID , in un intervista all’AGI ha spiegato: Tutto il materiale arrivato dalla Cina è stato utilissimo e interessante, ma non basta, i virus RNA mutano. Noi dobbiamo ,sequenziare l’RNA, cioè saperlo leggere per poter così capire l’evoluzione e la mappatura. Ma non scordando che tutto ciò non dipende solo dal virus in quanto queste variazioni devono dialogare e interfacciarsi con il genoma dell’ospite. Ed è quello che stiamo cercando di fare.

L’essere umano in base all’ambiente in cui vive e in base al suo corredo genetico, si evolve e si protegge, questo comporta inevitabilmente che differiamo gli uni dagli altri, quindi le reazioni sono diverse contro i patogeni, perché gl anticorpi sviluppati dal nostro organismo non sono uguali.

Prova ne è che nelle varie popolazioni -spiega Novelli- l’ACE2, che è il recettore di spike, una proteina che da l’accesso al virus, se muta cambia in automatico e cambia anche il recettore dell’ospite.

Da qui la convinzione che non basterà solo un’arma per poterlo debellare, ma avremo necessariamente bisogno di più vaccini o un anticorpo monoclonale. Il nostro punto di arrivo, sarà solo quando scopriremo i punti deboli del virus e riusciremo ad utilizzarli come armi di attacco contro parti del virus che non cambiano o cambiano poco.

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