sabato, Luglio 27, 2024

BR: Brigate Rosse. La pagina italiana fatta col sangue

BR: una storia italiana

BR, o Brigate Rosse. Parliamo del gruppo terroristico che durante gli anni ’70  trasforma il nostro paese in un covo si assassini. Ricordo quel periodo perché ero una bambina, a Sesto San Giovanni (MI) e abitavo a poche decine di metri dal luogo dove viene freddato dalla polizia Walter Alasia. Alasia, un brigatista molto attivo nel gruppo, è ricordato, da chi lo conosceva, come una persona gentile e tranquilla.

Le BR trovano ispirazione nei gruppi di estrema sinistra che si vengono a formare dopo il 1968, anno epocale di cambiamenti socio-culturali. Gli ideali del ’68 sono molto nobili e basati sul desiderio di partecipazione, di giustizia, di libertà. La volontà è cambiare una società troppo capitalista e troppo attenta al profitto. Sulla scia della rivoluzione culturale in Cina di Mao, che trasforma un impero feudale in una potenza mondiale, e sulla vicenda del “Che”, alcuni studenti delusi però dai risultati politico/sociali in Europa, tramutano in lotta armata il desiderio di rovesciare la situazione politica italiana.

Si creano così gruppi di propaganda fuori dalle fabbriche e dalle università. Ricordiamo: Sinistra Proletaria, Servire il Popolo, Avanguardia Operaia, Lotta Continua, Potere Operaio e Collettivo Politico Metropolitano.

Sono tre le fasi storiche principali delle Brigate Rosse. Dal 1970 al 1974, la fase della “propaganda armata”; dal 1974 al 1980, la fase “dell’attacco al cuore dello Stato”; dal 1981 al 1988, la fase della “divisione e della dissoluzione”.

BR: 1970/1974

Nel 1970, Collettivo Politico Proletario trasforma lo scontro politico in lotta armata, da cui il primo nucleo delle Brigate Rosse, a Milano. Mentre a Roma viene discusso lo Statuto dei lavoratori, inizia la diffusione dei primi volantini firmati: Brigata Rossa.

L’intenzione è iniziare una lotta armata che avrebbe dovuto portare a una guerra civile, per liberare il proletariato dallo sfruttamento del Capitale. La sigla BR deriva dal gruppo rivoluzionario tedesco della “Frazione Armata Rossa” (RAF), mentre il simbolo dalla stella dai guerriglieri uruguayani Tupamaros. Le esperienze rivoluzionarie degli altri Paesi influenzano infatti molto le BR.

Il  primo gruppo delle BR si forma con esponenti del movimento studentesco della facoltà di sociologia a Trento (Curcio, Cagol, Semeria, Besuschio), militanti della FGCI emiliana (Franceschini, Gallinari, Ognibene, Paroli, Pelli) e operai provenienti soprattutto dalla Sit-Siemens (Moretti, Alunni, Bonavita).

La gestione di Curcio

Il primo capo ideologico delle BR diventa Renato Curcio che sottolinea come il movimento nasce ispirandosi alle Black Panthers, ai Tupamaros, a Cuba e Bolivia del CHE e al Brasile di Marighella. L’obiettivo è instaurare la Dittatura del proletariato e la costruzione del comunismo attraverso la guerriglia urbana e con azioni politico-militari (gambizzazioni, ferimenti e omicidi politici) e con la diffusione di documenti di analisi politica.

Renato Curcio

La struttura delle BR è di tipo paramilitare, divisa in colonne e cellule sparse per il territorio nazionale.

Nel primo periodo le Brigate Rosse si limitano ad atti teppistici contro i beni delle aziende o dei loro dirigenti. Sempre nel 1970, un gruppo fuoriuscito dal Collettivo Politico Metropolitano (Moretti, Simioni, Gallinari, Berio e Mulinaris) si organizza in  una struttura superclandestina (Superclan) che sarebbe entrata in azione, in caso di cattura degli altri brigatisti.

Mario Moretti

Dopo poco tempo il gruppo si trasferisce a Parigi dove nasce una vera centrale internazionale del terrorismo di sinistra. Moretti e Gallinari rimangono in Italia.  I contatti tra Moretti e il Superclan continuano per altri dodici anni. A gestire il rapimento Moro è proprio Mario Moretti, che guiderà le BR nel loro periodo più militarista e sanguinario.

Nel marzo del 1972, invece, il gruppo fa il suo atto degno d’attenzione pubblica. L’ingegnere Macchiarini, dirigente della Sit-Siemens, un neofascista, viene prelevato di fronte allo stabilimento, condotto in un furgone e sottoposto a un interrogatorio sui processi di ristrutturazione in corso nella fabbrica.

Sempre nel ’73, al rapimento lampo di Macchiarini seguono il rapimento del sindacalista torinese Bruno Labate, del dirigente della Alfa Romeo Michele Mincuzzi, del capo personale della FIAT torinese Ettore Amerio. Quest’ultimo è il primo sequestro che dura per ben otto giorni.  
Grazie a queste azioni, efficaci sul piano politico e senza nessun spargimento di sangue, le BR aumentano il loro prestigio, tra i simpatizzanti.

Il 2 maggio 1972, arriva la prima vera sconfitta. Vengono arrestati trenta brigatisti. Moretti e Franceschini sfuggono all’arresto.
Da questo momento la semiclandestinità si trasforma in vera e propria clandestinità, mentre la disciplina da setta, trasforma l’organizzazione in un piccolo esercito rivoluzionario.  

Nel 1974 inizia così la seconda fase delle BR, ovvero quella della violenza criminale contro lo Stato e che passa alla storia come Gli anni di Piombo. Sono gli anni più bui della Repubblica.

BR: gli anni di piombo

Già nel 1972 era stato creato il primo esecutivo delle BR con Curcio, Franceschini, Moretti e Morlacchi.  Successivamente il gruppo si ingrandisce. Alle già costituite colonne a Milano e a Torino, si aggiungono una terza colonna in Veneto, una a Genova e un comitato strategico nelle Marche.

Nel 1974 le BR rapiscono Mario Sossi, capo procuratore di Genova in cambio dei militanti incarcerati. Sossi viene rilasciato dopo 35 giorni e senza la liberazione dei militanti. Questo fatto porta il Generale Carlo Alberto dalla Chiesa a costituire il primo nucleo antiterroristico dei carabinieri, cosa che scatenerà azioni di vedetta nelle BR.

Carlo Alberto Dalla Chiesa

Il 17 giugno del ’74 durante un incursione in una sede missina, brigatisti della colonna veneta, uccidono due militanti di destra, Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola. Azione condannata dalle stesse BR. Nell’estate dello stesso anno, all’interno del movimento matura la decisione di formare un consiglio rivoluzionario e la decisione di abbracciare l’omicidio politico come mezzo di lotta rivoluzionaria. A giugno viene freddato il sostituto procuratore di Genova Francesco Coco. Con lui vengono uccisi anche i due agenti di scorta.

Coco viene condannato a morte dai brigatisti perché, nei giorni del sequestro Sossi, rifuta di firmare la liberazione dei detenuti che le BR chiedono in cambio del rilascio dell’ostaggio.

A settembre i carabinieri del generale Dalla Chiesa arrestano i due capi storici dell’organizzazione, Renato Curcio ed Alberto Franceschini. Moretti non viene arrestato e la cosa suscita sospetti all’interno delle BR.
Moretti avrebbe infatti voluto prendere le redini della organizzazione, cosa che accadrà.

Resta il fatto che la retata dei carabinieri serve soprattutto a recuperare carte imbarazzanti e pericolose per lo Stato. Tra questi documenti, centinaia di lettere, un elenco di nomi di politici, diplomatici, militari, magistrati, ufficiali di polizia e dei carabinieri che in qualche modo erano collegati al cosiddetto “Golpe bianco” con l’appoggio di una parte dei servizi segreti americani.

Le BR si riuniscono per organizzare l’evasione di Curcio e il 18 febbraio 1975 Curcio viene infatti liberato.
La risposta dello Stato all’evasione di Curcio, è l’istituzione delle carceri speciali e di massima sicurezza per i “detenuti politici” e la cosiddetta legge Reale, che assegna alla polizia poteri eccezionali nella prevenzione al terrorismo. Questo non fa altro che intensificare gli attacchi dei terroristi rossi contro le istituzioni.

Tra il 1975 e il 1976 molte sono le vittime delle BR: politici e esponenti delle forze dell’ordine.

BR: la morte di Alasia e Cagol

Nel dicembre del 1976 viene ucciso, durante un conflitto a fuoco, a Sesto San Giovanni, Walter “Luca” Alasia, militante clandestino della colonna di Milano,che non esita a sparare per sottrarsi all’arresto. La colonna di Milano delle BR prende il suo nome.

L’uccisione di Margherita “Mara” Cagol (la colonna di Torino delle BR assumerà il suo nome), compagna di Curcio, avvenuta in uno scontro a fuoco con i carabinieri durante il rapimento dell’industriale Vallarino Gancia e il definitivo arresto di Curcio nel 1976, segnano la fine del “vertice storico” delle BR, ormai sempre più sottoposte alla leadership di Moretti.

Mara Cagol


Le BR sanguinarie e vendicative di Moretti

Con Moretti le BR diventano sanguinarie. Inizia quella che viene definita la “strategia dell’annientamento” con una lunga serie di omicidi e gambizzazioni ai danni di magistrati, poliziotti, giornalisti, amministratori locali e quanti erano considerati “servi dello Stato”. Ricordiamo il tentato omicidio di Indro Montanelli. La causa è una vendetta contro il trattamento carcerario dei prigionieri politici, duramente irrigidita a partire dal 1977, con l’apertura del circuito delle carceri di massima sicurezza.

BR e l’omicidio Moro

L’omicidio più eclatante è sicuramente quello di Aldo Moro, Presidente della DC, candidato alla formazione di un governo “aperto” al Partito Comunista, sequestrato il 16 marzo del 1978. Nell’azione militare di via Fani a Roma alla sua cattura, restano uccisi i cinque militari della scorta. Le BR chiedono in cambio di Moro, la liberazione di tredici prigionieri politici.

Aldo Moro sequestrato dalle BR

Il sequestro si conclude il 9 maggio 1978 con il ritrovamento del cadavere dell’onorevole doroteo.

Si tratta di un omicidio che arriva fino ai vertici dello Stato, ma che segna il decadimento delle BR, visto che il Parlamento decide la linea della fermezza con Andreotti e Berlinguer.

Omicidio Moro: pilotato da alti poteri?

Si tratta di un omicidio poco chiaro, forse pilotato e che forse coinvolge poteri a livello mondiale, cosa che non scopriremo mai. Tante le stranezze: la vettura di Moro non blindata, la capacità tecnica del rapimento e della strage troppo raffinata per le BR, la certezza che quella mattina Moro avrebbe fatto quel tragitto e tante altre situazioni che portano a pensare a un progetto non semplicemente pilotato dalle autodidatte BR.

Tra le innumerevoli anomalie del caso Moro, sicuramente la più importante è quella relativa alla fine delle carte di Moro, il memoriale che i brigatisti non renderanno mai pubblico. Cosa ha determinato quel comportamento tanto insolito di Moretti?
Moro fa delle importanti rivelazioni ai brigatisti. Tutte le persone entrate poi in contatto con le ritrovate carte di Moro, saranno oggetto di attentati mortali, tra cui il generale Dalla Chiesa e il giornalista Mino Pecorelli.

La paura del Compromesso Storico

Moro con il compromesso storico voleva portare il Partito Comunista Italiano al Governo. Di fatto si era reso scomodo per molti, sia in Italia che sul piano internazionale. La sua morte rimette quindi al loro posto gli equilibri pericolosamente alterati da un Compromesso Storico DC/PCI.

Ricordiamo che già dal 1948 una direttiva del National Security Council, intitolata “Posizione degli Stati Uniti nei confronti dell’Italia alla luce della possibilità di una partecipazione comunista al governo attraverso mezzi legali” affermava: «La dimostrazione di una ferma opposizione degli Stati Uniti al comunismo e la garanzia di un effettivo sostegno degli Stati Uniti potrebbe incoraggiare gli elementi non comunisti in Italia a fare un ultimo vigoroso sforzo anche a rischio di una guerra civile, per prevenire il consolidarsi di un controllo comunista». Successive direttive, sempre emanate dalla National Security Council nel corso della Guerra fredda, saranno uguali e forse peggiori.       
Il delitto Moro ripristina di fatto gli accordi di Jalta sull’Italia.                                                      

BR: arresto e processo degli assassini di Moro

I brigatisti vengono arrestati. Il 24 gennaio 1983 i giudici della Corte d’assise di Roma, al termine di un dibattimento durato nove mesi, infliggono ai 63 imputati delle istruttorie Moro-uno e Moro-bis 32 ergastoli e 316 anni di carcere.

Il 14 marzo 1985, nel processo d’appello, i giudici danno maggior valore alla dissociazione (scelta fatta da Faranda e Morucci) cancellando 10 ergastoli e riducendo la pena ad alcuni imputati. Pochi mesi dopo, il 14 novembre, la Cassazione conferma sostanzialmente il giudizio d’appello. La sentenza del processo Moro-ter si conclude cinque anni dopo, il 12 ottobre 1988 con 153 condanne (26 ergastoli e più di 1.800 anni complessivi di carcere a carico degli imputati).

Nel 1990 vengono ritrovati dei documenti delle BR, tra cui il memoriale integrale, in cui Moro accenna all’organizzazione Gladio e altre lettere da lui scritte durante il rapimento.

L’Assassinio di Guido Rossa e il declino

Ha invece il sapore della vendetta l’attentato contro Guido Rossa, sindacalista della CGIL, ucciso il 24 gennaio 1979 a Genova, ritenuto responsabile dell’arresto del brigatista-operaio dell’Italsider Francesco Berardi l’anno prima.

Guido Rossa

La “campagna contro gli apparati dell’antiterrorismo” portata avanti dalle BR, causa la morte di dodici militari, tra carabinieri e poliziotti.

Nei primi mesi 1980 è colpita ancora la magistratura, con due attentati mortali a Roma. A Mestre, è ucciso il dirigente della Digos, a cadere a Napoli, colpito dal piombo rosso è l’assessore regionale al Bilancio e alla Programmazione della Democrazia Cristiana.
Nell’ambito dell’attacco contro la DC, è ucciso nel 1979 un consigliere provinciale del partito, mentre nell’attacco del 29 marzo 1979 alla sede di piazza Nicosia, perdono la vita due agenti di polizia intervenuti di pattuglia.

Dopo l’omicidio Moro e con l’arresto di molti brigatisti e gli ultimi attacchi degli inizi degli anni ’80, le BR nel corso degli anni si frammentano in numerose correnti, grazie anche alla reazione efficace dello Stato e alla fine del radicalismo politico in Italia. Anche se a volte la sigla è tornata, con la fine degli anni ’80 le BR sono di fatto un ricordo.

Lucilla Continenza
Lucilla Continenzahttp://www.ildogville.it
Di origine abruzzese, vive a Milano dalla nascita. Giornalista pubblicista dal 2003, pubblica dal 1996. Laureata in Scienze politiche a Milano (magistrale), ha poi studiato Antropologia culturale, sempre a Milano. In passato ha scritto di cronaca, politica e eventi locali. Dal 2005 si occupa di cultura e in particolare di critica teatrale.

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