mercoledì, Maggio 8, 2024

Come cambieranno le città dopo il coronavirus?

L’epidemia di coronavirus, in qualche mese ha cambiato in modo radicale il modo in cui le persone di tutto il mondo vivono la propria vita. Come cambieranno le città dopo la pandemia?

Il professor UBC Patrick Condon, esperto in Paesaggi e ambienti vivibili presso la School of Architecture and Landscape Architecture della UBC, ha espresso il suo parere in merito ai cambiamenti delle infrastrutture e del design delle città dopo il virus.

Come la pandemia sta cambiando la vita dei cittadini?

Nell’intervista Patrick Condon fa leva sull’aspetto del distanziamento sociale. L’elemento precauzionale del metro di distanza diventa un elemento sociale importante. Le persone in strada ora si guardano e nei loro occhi per la maggior parte delle volte c’è la paura. I marciapiedi sembrano troppo stretti e scomodi. In secondo luogo sottolinea la bipolarità dei comportamenti dei cittadini nell’affrontare questo momento. Da una parte c’è “un periodo di ignoranza (incontri sulla spiaggia di Kits senza distanza sociale) ” e dall’altra “paura (persone che attraversano le strade per evitare scontri sui marciapiedi)”.

Nessuno dei due estremi e quello giusto, ma ci vorrà del tempo per abituarsi e dopo, ci vorrà del tempo per tornare alla normalità.

Inseguito, cita un evento curioso che si svolge a Portland ogni giorno alle 18.00. Nella città organizzano delle feste di strada, in cui i vicini si riuniscono e bevono la loro bevanda preferita, naturalmente, mantenendo la giusta distanza. Sicuramente un modo curioso per affrontare e rispettare la distanza sociale senza cadere negli eccessi.


In che modo pensi che influenzerà il modo in cui progettiamo e costruiamo le nostre città?

In questo periodo vi sono persone che vivono i condomini ad alta densità, potrebbe essere che in futuro si costruiranno case con meno abitanti?

” I ricchi si ritireranno ancora di più dietro la protezione di portieri e comunità chiuse. Auto sanitizzate con autisti a chiamata. Tutti gli altri avranno più paura di qualsiasi contatto pubblico, almeno per un certo numero di anni, se non un decennio o più. Il lavoro remoto accelererà notevolmente.” Risponde il professor Patrick Condon. Aggiungendo infine, che la disuguaglianza abitativa dovrà essere affrontata.


In che modo influenzerà i servizi della comunità come biblioteche pubbliche e centri ricreativi?

I luoghi di ritrovo pubblici che sono già stati indeboliti dall’avvento di internet e dei media saranno ulteriormente indeboliti. Inoltre bisogna prendere in considerazione il calo dei finanziamenti che arriverà inevitabilmente a seguito delle spese fatte per contrastare l’epidemia.

“Sfortunatamente, prevedo una continua scivolata nella nostra infrastruttura civica e un ridotto supporto dei contribuenti per queste funzioni. Alla fine, sospetto che le nostre preoccupazioni post-crisi saranno più basilari: ovvero dove posso vivere in modo economico e come posso accedere a lavoro e servizi in modo sicuro.” Conclude.

Come cambieranno i sistemi di transito?

” Penso che questo sarà un altro colpo al transito urbano, il che è ironico perché il transito sarà necessario per risolvere la crisi climatica e alcuni sostengono che la pandemia globale sia causata da interruzioni dei sistemi naturali causate da un clima alterato. ” Condon prosegue ipotizzando un aumento del settore ciclistico e criticando le scelte passate del governo riguardo le auto elettriche. “Potrebbe essere stato un rivestimento d’argento per la qualità dell’aria urbana nel tempo.”

L’impatto del coronavirus sui cambiamenti climatici

All’inizio dell’epidemia sono circolate immagini satellitari che mostravano una riduzione di emissioni di biossido d’azoto. Queste foto hanno fatto crescere in molti la speranza che questa situazione sarebbe servita a rallentare l’inquinamento a livello mondiale.

A febbraio, a seguito delle misure adottate dalla Cina, è stato possibile osservare un netto cambiamento a livello di inquinamento. Le emissioni di anidride carbonica sarebbero state il 25% in meno rispetto a quelle del 2019. Sono duecento milioni di tonnellate in meno, le stesse tonnellate prodotte in un anno in Egitto.

Questo fenomeno è correlato all’interruzione dei trasporti e delle attività produttive a causa delle misure di contenimento del virus. Questa potrebbe sembrare una buona notizia.

Glen Peters, del Center for International Climate and Environment Research, ha mostrato come le crisi economiche della storia recente siano stati gli unici momenti in cui le emissioni hanno smesso di crescere.

Ogni volta però il calo è stato di breve durata e la ripresa dell’economia ha portato con se’ il naturale aumento delle emissioni. Inoltre, l’andamento dell’inquinamento, non dipende solo dalla ricchezza economica ma anche dall‘intensità delle emissioni. Con il tempo questa intensità è calata a causa del progresso tecnologico e dell’uso di fonti di energia alternative. Tuttavia, in periodi di crisi gli stati non hanno gli strumenti per investire su questi progetti e l’intensità delle emissioni tende a smettere di calare.

Molti temono che la Cina per far ripartire l’economia, costruirà centrali a carbone e altre strutture inquinanti. Fatih Birol, direttore esecutivo dell’Agenzia internazionale dell’energia, ritiene che la crisi economica mondiale conseguente al virus potrà portare conseguenze disastrose sul clima. Conseguenze che andrebbero a cancellare i piccoli miglioramenti avuti in questo periodo.



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