521 ANNI dalla morte del frate ribelle: Girolamo Savonarola

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Girolamo Savonarola di profilo

La storia è stata luogo di frustrazioni politiche, sociali ed economiche che hanno cercato di riscattarsi mediante la religione, rifugiandosi nell’estremismo di una teocrazia, come nel caso di Girolamo Maria Francesco Matteo Savonarola: un frate domenicano e predicatore ascetico che voleva trasformare il capoluogo fiorentino nella nuova Gerusalemme, la sua convinzione ferrea devota al Divino è sfociata in una morsa asfissiante e tale, ha fatto sì che Savonarola venisse processato e torturato, per poi essere arso sul rogo.

Da sinistra: Lorenzo, Pietro e in basso a destra, Cosimo de’ Medici

Facciamo due passi indietro; la Firenze di fine 1400 era nel fior fiore del Rinascimento e vigeva il dominio di un’unica grande famiglia che regnava sull’intera città: i de’ Medici; tuttavia, molti fiorentini si sentivano schiacciati dal potere di un’unica casata e la presenza di eserciti stranieri alle loro porte non faceva che disgregare il rapporto con la potenza familiare, pertanto, all’arrivo del monaco profeta, decisero di affidarsi completamente a lui. Girolamo Savonarola nacque a Ferrara il 21/09/1452, all’età di 38 anni arriva a Firenze secondo la volontà di Lorenzo de’ Medici, altresì noto come Lorenzo il Magnifico. Egli, Savonarola, viene descritto come un uomo austero, le sue opere giurano un’intransigenza severa e una propensione a difendere le classi deboli. Il suo bersaglio principale è la chiesa di Roma, corrotta e traditrice dei principi evangelici e per ripulirla da tale sporcizia bisognava trasformarla nella città di Dio.

Dal punto di vista religioso è considerato da molti come uno dei padri ispiratori della successiva riforma e controriforma del sedicesimo secolo. É uno dei primi a scagliarsi contro corruzione, lussuria, omicidi, intrighi, decadenza morale, temi che sarebbero stati cari a Lutero. Savonarola si pone come unico obiettivo quello di purificare Firenze e da buon predicatore, inizia a girare per le vie fiorentine annunciando messaggi apocalittici e conquistandosi a piccole dosi la fedeltà del popolo.

Il primo segno premonitore arriva il 5 aprile 1492: un fulmine si abbatte sulla lanterna della cupola del Duomo quando Lorenzo de’ Medici muore; agli occhi del monaco, questo non può che essere un segno di Dio, la sua spada sta per abbattersi sulla Terra (Apocalisse) e il suo compito diventa sempre più imminente. Nonostante il binomio fortuito degli eventi appena citati, il 1492 ha segnato importanti cambiamenti nella storia del mondo: la cacciata dei Moriscos dalla città di Granada e la scoperta dell’America con Cristoro Colombo. A luglio del medesimo anno, con la morte di Innocenzo VIII sale al papato Rodrigo Borgia.

Tensioni ferme da tempo, iniziano a formicolare fra lo Stato Pontificio e Savonarola e produrranno uno scontro diretto che arriverà in un secondo tempo; intanto Carlo VIII decide di avviare le compagne coloniali e nel 1494 invade l’Italia, a ottobre entra in Toscana e distrugge la città di Fivizzano. Le notizie dei saccheggi e delle stragi spaventano i fiorentini, il 26 ottobre Piero de’ Medici, figlio di Lorenzo, parte alla volta della Francia, i negoziati con Carlo VIII si rivelano un fiasco, il ragazzo infatti, si rivela molto permissivo e gli cede numerosi territori tra cui: il porto di Pisa e quello di Livorno, aprendogli la strada verso Firenze, quest’atteggiamento servile scalda gli animi del popolo fiorentino e la signoria non riconosce valide le sue decisioni. Non appena rientra in città, viene cacciato via da una rivolta popolare e proclamata la repubblica. I de’ Medici esiliati da Firenze nel 1494 sarebbero tornati in città solo nel 1512.

Insomma, la situazione era sul filo di un rasoio e qualcuno doveva andare a parlare con il Re di Francia; si pensò che l’uomo più carismatico e adatto alla missione fosse proprio Savonarola, il quale, intercettò Carlo VIII mentre stava facendo ritorno in patria, l’uomo chiederà rassicurazioni al Re sul destino e sul futuro di Firenze, facendo luce sulla sua missione divina, stringerà un’alleanza che durerà due anni. La bella notizia rinvigorisce il consenso positivo su Savonarola, lui è il nuovo Noè che gli ha salvati dal diluvio universale, il che rappresenta un punto di partenza per rinnovare tutta l’Italia.

Il falò delle vanità

A Palazzo Vecchio, il popolo deve dare vita ai nuovi ordinamenti repubblicani, Savonarola non può rivestire cariche pubbliche ma si ritaglia il ruolo di suggeritore dietro le quinte e lo fa da predicatore.

Firenze deve diventare la nuova Gerusalemme, bisognava imporre un ordine morale e ripulirsi dai peccati; per portare a compimento la profezia, organizza una crociata, mette insieme dei ragazzi che tempestano la città ripulendola da giocatori, ubriachi, omosessuali e donne in abiti troppo succinti. Taverne e prostitute sono bandite. Ogni gioia di vivere viene mortificata, sotto Piazza della Signoria vengono ammassati abiti, libri, profumi, gioielli, strumenti musicali, sculture e opere d’arte, si forma una catasta di 20 metri a cui viene dato fuoco e tra il pubblico che assiste allo scempio c’è anche Sandro Botticelli che vede bruciare alcune delle sue opere. Tutto ciò che non risulta in linea con il pensiero di Savonarola viene considerato profano.

Quando molti fiorentini continuano a seguirlo, altri decidono di agire e Firenze si trasforma sempre di più in un campo di battaglia, si accentuano le divisioni: gli Arrabbiati, perlopiù mercanti e nobili fedeli al Papa poichè temevano dei propri affari a Roma, i Palleschi, sostenitori della famiglia de’ Medici che volevano riportare al potere Piero, esiliato a Siena ed i Compagnacci, gruppi di giovani turbolenti che organizzavano cene segrete con musica e vino a sfondo bellico, contro Savonarola.

Quando Carlo VIII abbandona l’Italia con i suoi eserciti, Firenze rimane in balìa degli eventi e il frate, si ritrova da solo a condividere la città con i suoi avversari; a questo punto, le antiche denunce e prediche fatte contro i peccati della Chiesa Cattolica si rivoltano contro di lui.

Il Papa che aveva chiaramente comprato i voti dei cardinali, era in netta contrapposizione con ciò che predicava Savonarola. Egli, cercò di liberarsi del frate, i vani tentativi di spedirlo a Lucca e di sospendere le sue mansioni vengono però annullati dal giudizio del popolo che ripone in lui fiducia. Ma questo gioco del passato non tarda a rompersi, il Papa e Carlo VIII firmano la pace e la credibilità di Savonarola vacilla. A questo punto Ludovico il Moro che ha ordito una congiura ai danni del frate, denuncerà di aver intercettato due lettere, una delle quali indirizzata al Re di Francia, queste porteranno ad un ulteriore perdita di consenso.

Data la natura ribelle dell’uomo, il Papa, non potendo agire diversamente, minaccia la scomunica. Savonarola per convincere della sua buona fede i fiorentini, pronuncia la teoria per la quale se fosse valida la scomunica, lui, dovrebbe essere fulminato all’istante e tra questi c’è anche Machiavelli che giudica il predicatore bugiardo e opportunista, Rodrigo Borgia, noto anche come Alessandro VI, manda un ultimatum a Firenze: nel tentativo d’isolarlo, minaccia di confiscare i beni di tutti i mercanti fiorentini a Roma e allora la signoria approva il provvedimento, il 18 marzo 1498 gli viene concessa l’ultima predica.

La caduta

Anonimo contemporaneo

Il suo consenso politico è ai minimi storici, Savonarola continua a girare per le vie di Firenze predicando la fine del mondo, viene emanato un ordine di arresto e la popolazione insorge per catturare il frate ribelle che si rifugia nel convento di San Marco insieme a Domenico Buonvicini e Silvestro Maruffi, ma il luogo viene preso d’assalto la notte del 7 aprile 1498. Savonarola è accusato di crimini contro lo stato e contro la fede, in questi casi, applicare la tortura senza limiti è consentito. Dopo giorni di supplizio, confessa di aver finto la rivelazione divina solo per la gloria e per il potere, il frate scismatico ed eretico, viene condannato sul patibolo. Savonarola e i due frati vengono impiccati e successivamente arsi in Piazza della Signoria. Dopo il rogo, i resti vengono gettati nell’Arno con la volontà di farne sparire per sempre le tracce.