PRIMAVERA DI PRAGA, IL TENTATIVO DI UN “SOCIALISMO DAL VOLTO UMANO”

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Primavera di Praga

IL 5 GENNAIO 1968 FU IL GIORNO IN CUI IL POPOLO CECOSLOVACCO DECISE DI INSEGUIRE IL SOGNO DI UN “SOCIALISMO DAL VOLTO UMANO”

Cinquantadue anni fa, in un clima di tensioni sociali e di aneliti di libertà, nell’est europeo, in Cecoslovacchia, Alexander Dubcek, politologo riformista, promosse un movimento per una maggiore autonomia nei riguardi dell’URSS. Il 5 Gennaio 1968 il popolo cecoslovacco si fece largo nella storia con la sua Primavera di Praga, ampio e meditato tentativo di riformare il socialismo, di trasformarlo in un “socialismo dal volto umano”.

Alesander Dubcek

Nel 1964, Krusciov venne allontanato dal vertice dell’Unione Sovietica e sostituito da Brežnev. Il nuovo capo del PCUS ribadì nei confronti dei paesi satelliti l’autorità dell’Unione Sovietica contro ogni tentazione nazionalistica o deviazionistica, sulla base della teoria di una sovranità limitata. Questa teoria comportava anzitutto un’intransigente e dogmatica lotta contro ogni dissidenza, considerata “filoborghese”, “filoccidentale” e pertanto “antisovietica”. La Cecoslovacchia rispetto a tutti gli altri paesi dell’Europa orientale vantava tradizioni democratiche e sindacali forti e radicate e il 1968, anno delle contestazioni giovanili e di intense espressioni di libertà, diede al popolo cecoslovacco una spinta decisiva, quella spinta che gli consentì di contrapporsi all’autoritario e sovietico stato di cose.

La storia della Primavera di Praga iniziò il 5 gennaio 1968 quando il politico moderato Dubcek divenne segretario del Partito comunista e sostituì lo stalinista Novotny. Alexander Dubcek cercò di realizzare un “socialismo dal volto umano” e avviò un programma di democratizzazione, con l’entusiastico appoggio del popolo. Dubcek maturò la convinzione che la democrazia non era qualcosa di estraneo al comunismo e che anzi la realizzazione di quest’ultimo e dell’altra avrebbe portato ad una forma superiore di vita. I paesi a socialismo reale criticarono il riformismo di Alexander Dubcek, temendo la possibilità di contagio di quel “socialismo dal volto umano”. Invano il leader cecoslovacco tentò di convincere il Cremlino della sua lealtà nei confronti dell’URSS e di tutti gli altri paesi aderenti al Patto di Varsavia.

INIZIO E FINE DELLA PRIMAVERA DI PRAGA

Di fronte alla volontà popolare di un socialismo dal volto umano, Brežnev rispose correndo agli armamenti. Il capo dell’Unione Sovietica ordinò di occupare militarmente la Cecoslovacchia; nell’agosto del 1968, i carri armati sovietici, con il concorso delle truppe di altri stati aderenti al Patto di Varsavia, posero fine a quella breve stagione di riforme, passata alla storia con il nome di Primavera di Praga. L’URSS spezzò il sogno di un socialismo più umano, emarginò tutti i dirigenti precursori del movimeto praghese, soffocò tutti i tentativi rivolti ad una riforma del regime a socialismo reale. La normalizzazione sovietica fu imponente, insormontabile eppure essa dovette fare i conti con un ostacolo: una resistenza non violenta, una significativa reazione popolare all’invasione. Ancora oggi, le pagine della storia, presentano righe e righe sull’entusiasmo popolare di una città che si legò alla speranza di un socialismo più umano. Anche Francesco Guccini, cantautore assoluto dalla penna indicibile, ha lasciato un pensiero nella canzone Primavera di Praga che coglie con effetto e con angoscia ciò che accadde cinquantadue anni fa nel territorio praghese: «dimmi chi sono quegli uomini lenti coi pugni stretti e con l’odio fra i denti, dimmi chi sono quegli uomini stanchi di chinar la testa e di tirare avanti, dimmi chi era che il corpo portava, la città intera che lo accompagnava, la città intera che muta lanciava una speranza nel cielo di Praga».