Myanmar: la campagna di terrore della giunta militare

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In Myanmar la giunta militare, salita al potere con un colpo di Stato nel febbraio del 2021, sta mettendo in atto una campagna di terrore: interi villaggi bruciati e violenta repressione del dissenso.

La campagna del terrore della giunta militare del Myanmar 

Sono passati più di due anni da quando i militari hanno preso il potere in Myanmar con un colpo di Stato. Da allora, la violenza ha inghiottito vaste are del Paese. Secondo le stime della Nazioni Unite, i militari hanno ucciso almeno 2.940 civili e arrestato oltre 17mila persone. Inoltre, l’uso indiscriminato da parte dell’esercito di incursioni aeree, bombardamenti di artiglieria e scontri con gli oppositori ha provocato lo sfollamento di oltre 1,5 milioni di persone in tutta la nazione e lasciato circa 17,6 milioni in bisogno di assistenza umanitaria. Secondo Data for Myanmar, circa 60.459 case sono state rase al suolo in tutto il paese dopo il colpo di Stato. 

Sagiang è la regione più colpita

La regione più colpita è quella del Sagiang, con 47.778 case distrutte. Le immagini satellitari analizzate da Al Jazeera hanno mostrato interi villaggi in cenere nel Sagiang. Secondo il racconto dei sopravvissuti, l’esercito ha bruciato le case degli oppositori e ucciso coloro che non potevano fuggire. Hanno anche aggiunto che i soldati hanno ucciso chiunque fosse troppo anziano o infermo per fuggire, rubato oggetti di valore dalle loro case, distrutto documenti come documenti d’identità e dato fuoco a edifici e scorte di cibo. 

L’ONU ha riferito di aver documentato almeno 1.200 uccisioni nella sola Sagaing e la demolizione di decine di migliaia di case. L’ONU ha sottolineato che tali azioni potrebbero costituire crimini di guerra. L’esercito ha anche limitato l’accesso a Sagaing e impone interruzioni delle comunicazioni, impedendo ai giornalisti di riferire sull’escalation del conflitto nella regione. L’ONU ha affermato che circa 761.000 persone sono sfollate a Sagaing all’inizio di maggio e ha espresso preoccupazione per il rischio di morire di fame nelle zone rurali.


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