Maturità 2023, Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp

 Tipologia C: Marco Belpoliti con Elogio dell’attesa nell’era di WhatsApp.

L’era WhatsApp

WhatsApp può essere considerata la novità che ha cambiato il mondo. Ha creato nuovi modi di comunicare. “Tempo reale” e “simultaneo”, così, sono i nostri diktat. Ne parla Marco Belpoliti, giornalista, scrittore e critico letterario, in un articolo dal titolo “Elogio dell’attesa nell’era WhatsApp”, pubblicato su Repubblica del 30 gennaio 2018.

Inizia così l’articolo che oggi è sui banchi di scuola e su cui i maturandi devono riflettere. Cioè il valore dell’attesa nella società del ‘tempo reale’: “Non sappiamo più attendere. Tutto è diventato istantaneo…”.

WhatsApp e comunicazione

Per rendere più ‘smart’ la comunicazione, si è passati dagli SMS, modalità di comunicazione asincrona, alla messaggistica sincrona. Ciò grazie ai servizi della rete informatica. E’ il cosiddetto popolo dei ‘sempre connessi’, proprio perché la comunicazione ha assunto il carattere all’istantaneità. Col passare del tempo e con il continuo progresso tecnologico, le modalità di comunicazione nei vari contesti sono diventati sempre più simili all’essere uno di fronte all’altro. L’assunto base è che la comunicazione è essenziale per la vita umana. Come pure per l’ordinamento sociale. Non si può non comunicare. Parole e silenzio hanno il valore di comunicazione.

La comunicazione nell’era WhatsApp

Nell’ambito della comunicazione, la rivoluzione digitale ha fornito strumenti di comunicazione sempre più sofisticati. Essi hanno permesso l’utilizzo di nuove modalità comunicative. Le implicazioni sono molteplici e in tutti i campi della vita. E’ necessario evitare di considerarla un’estensione di sé. Bisogna considerarla come un’App. Da aprire e chiudere come si vuole. Perché? Perché vogliamo che tutto sia veloce, proprio come in un’App.

L’attesa

“Non sappiamo più attendere” è una conseguenza del progresso tecnologico che ci ha portato a volere tutto e subito e a sviluppare il “non saper attendere”. L’attesa può essere vissuta da tanti individui come una prigione. Una costrizione che sviluppa ansia e crea vuoti. Elementi che probabilmente sono insiti nell’individuo ma che, in situazioni di pressioni e stress, emergono prepotentemente. Il fattore controllo emerge su tutti, aspettando la ‘doppia spunta blu’ che ci permette di sedare momentaneamente l’ansia dell’attesa della risposta, che probabilmente sta per arrivare. E se non arriva? Aspettiamo, siamo agitati. Non sopportiamo la lentezza. Non tolleriamo la noia ad essa collegata. Siamo insoddisfatti per il tempo che trascorre nell’attesa. Riteniamo che tutto, ormai, possa essere fatto più velocemente.

Aspettando Godot

Samuel Beckett, nella sua opera teatrale “Aspettando Godot”, sottolinea come incide la frustrazione dovuta al continuo tentativo di cambiare, che in realtà è un voler fare un passo in avanti, senza però spostarsi. Del resto ‘godot’, è l’unione di ‘to go’, cioè ‘andare’ e ‘to dot’, cioè ‘mettere un punto’. La frase ‘aspettando Godot’ è utilizzata in riferimento a qualcosa che si attende, e che probabilmente non arriverà mai. Senza, però, fare nulla perché si realizzi o si muova.

Elogio dell’attesa

‘Elogio dell’attesa’ perché essa va celebrata. E’ necessario riscoprire il gusto della lentezza. Soffermarsi maggiormente sulle esperienze di tutti i giorni. Se il progresso tecnologico ha portato ad accelerare ritmi, attività e pensieri, bisogna invece riscoprire l’attenzione per l’attesa. L’abbiamo persa, come un oggetto smarrito sui binari aspettando il nostro treno. E poi, magari, abbiamo perso anche il treno!

Del resto, cos’è l’attesa? Un grande vuoto. Ci porta nervosismo e rabbia. Questo tempo di attesa, che non viene capito e compreso per l’inestimabile valore che ha, è considerato come un tempo ‘morto’, che deve passare, ‘in attesa di qualcosa di altro’. Eppure non è così. Non è tempo perso e nemmeno morto. L’attesa richiama pazienza, la pazienza l’educazione. E l’educazione si rifà ai valori e all’intelligenza dell’individuo.

Conclusioni

Imparare l’attesa è un’arte da imparare ogni giorno. Infatti, ‘attendere’ deriva dal latino ‘ad-tendere’, cioè ‘aspirare’, ‘mirare’. Implica tensione verso qualcosa.

Imparare a saper attendere perché il tempo è un bene prezioso. Consente di prendere consapevolezza di ciò che l’individuo viole raggiungere per sé e per il proprio benessere. Come pure, consente di rintracciare se stessi, mentre si è immersi tra ciò che è già e ciò che non è ancora. Ancora, attendere per desiderare, in termini di soddisfazione. Tutto arriva per chi sa aspettare. Quindi, l’attesa è una grande opportunità per migliorare se stessi.

Donatella Palazzo
Donatella Palazzo
Psicologa individuale, familiare e di coppia, e scrittrice. Sessoanalista (Istituto Italiano di Sessoanalisi e Dinamiche Sessuali). Specialista delle Risorse umane. Progettista in ambito sociale e scolastico. Membro dello Staff della Casa Editrice Noitrè. L'attività comprende, tra l'altro, la valutazione dei contributi di prossima pubblicazione, l'organizzazione degli eventi da presentare al pubblico e altro in ambito culturale.

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