L’attentato si è consumato nella provincia di Nangarhar, roccaforte sia dello Stato islamico che dei talebani. Sembra che l’obiettivo fosse il comandante di una milizia pro governo di Kabul. Fallita la “road map per la pace” raggiunta a Doha.
Un bambino usato come detonatore. È l’ennesima tragedia umana avvenuta ieri in Afghanistan durante una cerimonia nuziale. Il Paese, flagellato da 18 anni di guerra civile, è impegnato in dialoghi “di pace” con i militanti talebani.
Tuttavia ad AsiaNews attivisti della società civile dichiarano il fallimento dei colloqui in corso in Qatar. Bismillah Watandost, portavoce del “People’s Peace Movement” (Ppm), afferma: “Le parti non dialogano per una vera pace. Siamo ancora aspettando discussioni serie.
Nel frattempo ognuno cerca di ottenere il massimo per il proprio schieramento. Stanno solo sprecando il nostro tempo”.
Ieri almeno 9 persone sono rimaste uccise e altre 12 ferite nell’attacco avvenuto nel distretto di Pacheragam, nella provincia di Nangarhar. Nell’esplosione sono rimasti uccisi, oltre al bambino kamikaze, anche Malek Tor, comandante di una milizia a favore del governo di Kabul, e due suoi figli.
Dalle prime ricostruzioni, sembra che l’obiettivo della strage fosse proprio il comandante, a capo di un gruppo che combatte sia i fondamentalisti dello Stato islamico che i talebani. Per il momento nessuna fazione ha rivendicato l’attentato, ma la zona è roccaforte di entrambi i gruppi estremisti.
L’attentato sembra far naufragare in via definitiva la cosiddetta “road map per la pace” raggiunta questa settimana a Doha. L’intesa prevede di “rispettare e proteggere la dignità del popolo, la vita delle persone e le loro proprietà” e ha l’obiettivo di “ridurre a zero le vittime civili”. Tuttavia già a poche ore dall’accordo si registravano altri attentati e altre vittime, anche tra i bambini. (A.C.F.)
