Calcio, Inter sotto attacco: dall’interno e dall’esterno

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C’è un fatto: l’Inter è in crisi, e lo è soprattutto a seguito dell’attacco scaturito dal direttore sportivo Ausilio durante una lezione universitaria, dove non ha lesinato critiche all’ambiente nerazzurro, per una sorta di autogestione sviluppatasi nel corso della stagione.

Le sue parole, assieme a quelle rilasciate da Eder nel post-partita di Inter-Sassuolo, ne sono la testimonianza, ma soprattutto confermano una situazione disagevole creatasi in squadra e attorno ad essa.

La modestia dei risultati ottenuti in questa stagione catalizzano le responsabilità in capo a lui e a tutta l’area tecnica della società, che volente o nolente non ha saputo gestire una moltitudine di problemi, trovando contestualmente le soluzioni più congeniali per calmierarli.

Il passaggio di proprietà è stata una fase che lo stesso Ausilio ha riconosciuto la panacea di tutti i mali evidenziati nell’ultimo periodo, ma non è mai troppo acclarata la pochezza umana dei protagonisti scesi in campo che, a distanza di un anno, hanno mostrato il reale valore calcistico, pressoché mediocre e, indipendentemente dalle difficoltà di coordinamento strategico incontrate, meritevoli di un trasferimento immediato in altri club delle serie minori.

La lettura delle dichiarazioni rese non necessariamente deve presupporre un imminente avvicendamento della direzione sportiva, perché lo sfogo, seppur importante e apparentemente minatorio, è da inquadrasi come un’ammissione di colpa che deve favorire quel cambiamento necessario per voltare pagina al più presto.

Tutti, indiscutibilmente, credono che le parole utilizzate siano le ultime prima della rescissione contrattuale legata al fresco rinnovo sottoscritto con Suning, ma in verità se è vero che lo stesso direttore ha condannato una certa ingenuità nella gestione mediatica del club (facendo riferimento ai titoli dei giornali sul prossimo allenatore dell’Inter in occasione della partita con la Juve, che all’epoca avrebbe screditato l’ex Pioli), è altrettanto plausibile che la decisione di condannare l’operato della società sia solo il modo per dimostrare grande autocritica e capacità di analisi in prospettiva futura.

Se in squadra i riferimenti societari sono mancati per totale l’assenza di direttive più chiare, dall’anno venturo tutto ciò potrebbe cambiare radicalmente, perché non è il numero degli operanti a fare la differenza, ma le qualità morali e professionali messe a disposizione per renderla possibile; la nuova proprietà ha denaro, uomini, mezzi, ma soprattutto migliaia di tifosi che la pensano così.