martedì, Aprile 30, 2024

18 maggio 1980, la catastrofica eruzione del Monte St. Helens

“Vancouver, Vancouver, ci siamo!” è l’ultimo messaggio trasmesso la mattina del 18 maggio del 1980 da David Alexander Johnson, vulcanologo nell’USGS (United States Geological Survey) che si stava occupando del monitoraggio del Monte St. Helens.

Dopo che il 15 marzo il vulcano aveva dato segnali di risveglio, si era infatti provveduto ad un monitoraggio da parte dei geologi, ma nessuno si aspettava un’eruzione di tale violenza.

Johnson era stato il primo a comprendere la reale pericolosità del vulcano che, secondo lui, avrebbe dato origine ad un’eruzione esplosiva.

Dalle analisi di quella mattina non furono rilevati segnali di un’eruzione imminente: non vi erano stati infatti particolari cambiamenti nel rigonfiamento, nelle emissioni di anidride solforosa e nella temperatura del suolo rispetto ai giorni precedenti. Improvvisamente però, alle 8.32 un terremoto di magnitudo 5.2 fece collassare l’intera parete nord del vulcano. A seguito dell’esplosione e della frana la cima si abbassò di 350 metri.

La colonna di fumo formatasi raggiunse un’altezza di 24 km nell’atmosfera.

Dopo la nube piroclastica quello che rimaneva nel raggio di chilometri era un paesaggio spettrale: la cenere aveva ricoperto ogni cosa.

La frana aveva viaggiato ad una velocità compresa tra i 175 e i 250 km/h e i detriti avevano invaso l’intera vallata, ricoprendo complessivamente un’area di 62km quadrati.

Tra le 57 vittime il vulcanologo Johnson appena trentenne e il fotografo Reid Blackburn.

Anche il fotografo Robert Emerson Landsburg morì a causa dell’eruzione: si trovava a poche miglia dalla cima quando il vulcano esplose. Il suo corpo fu ritrovato diciassette giorni dopo; sotto di lui lo zaino che conteneva la macchina fotografica con gli ultimi scatti: aveva fotografato la nube piroclastica che gli veniva incontro.

I suoi scatti hanno fornito ai geologi una preziosa documentazione del vulcano prima e durante l’eruzione.

I resti del vulcanologo Johnson non furono invece mai trovati, ma venne rinvenuta parte della sua attrezzatura. A lui è stato poi dedicato il ‘Johnston Observatory Ridge”.

Il guardiano del fuoco

I nativi chiamavano il vulcano St.Helens Loo-Wit, il ‘guardiano del fuoco’.

Il Mount St. Helens è uno stratovulcano che si trova nello Stato di Whashington, è localizzato nelle Cascades (la Catena delle Cascate) e fa parte della cosiddetta ‘cintura di fuoco del Pacifico’, una zona caratterizzata dalla presenza di numerose catene montuose vulcaniche, fosse oceaniche e archi vulcanici. La cintura di fuoco conta ad oggi oltre 160 vulcani attivi.

La storia di Mount St. Helens ci racconta che il monte è stato caratterizzato da pochi fenomeni eruttivi intervallati da periodi di riposo variabili da 5.000 a un minimo di 200 anni. Dall’ultima eruzione a quella del 1980 sono ne sono trascorsi circa 180.

Attualmente il St. Helens viene monitorato 24 ore su 24. Una innovativa tecnologia utilizzata per il monitoraggio è il cosiddetto ragno. I “ragni” sono dispositivi formati da una card GPS in singola frequenza, da un controller e da un radio modem. Figli dell’ingegnosità del vulcanologo dello USGS Rick LaHusen, permettono di monitorare direttamente la crescita della cupola lavica: vengono infatti rilasciati direttamente all’interno del cratere tramite elicotteri.

Un anno dopo, il film

Sull’eruzione del Mount Saint Helen è stato realizzato l’anno successivo un film dal titolo St. Helens(distribuito in Italia come St. Helens, la montagna della paurao Uragano di fuoco).

E’ stata d’ispirazione anche per il più recente Dante’s Peak – La furia della montagna, con Pierce Brosnan: il vulcano del film è inventato, ma viene detto esplicitamente che si trova nelle Cascades.

Inoltre, il vulcanologo interpretato da Pierce Brosnan sopravvive all’eruzione, a differenza della figura reale a cui si ispira.

L’eruzione del Mount St. Helens è considerata una delle più catastrofiche mai avvenute nel XX secolo.

Qui altre notizie di geologia e vulcanologia.

Monica Fiore
Monica Fiore
Dopo essersi laureata in Scienze dei Beni Culturali presso l'Università degli Studi di Pavia con una tesi dal titolo "Domus Aurea, il palazzo del Sole" e aver frequentato il Corso Speciale di Iniziazione alle Antichità Cristiane presso il Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, attualmente lavora come web designer e front-end developer e continua a coltivare la sua passione per l'archeologia attraverso la scrittura: ha aperto il blog 'Cronache dal regno di Chrono' dove tratta di temi storico-archeologici.

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