martedì, Aprile 30, 2024

Maria Paola Amoretti e Florkatia Libois e gli alberi

La Galleria Arianna Sartori di Mantova presenta una doppia personale, la scultrice Maria Paola Amoretti con Tronchi e la pittrice Florkatia Libois con Alberi. Il tema naturalistico affrontato dalle due artiste è analizzato dalla Critica d’Arte Dott.ssa Silvia Bottaro, Presidente Associazione R. Aiolfi di Savona. L’esperta ha scritto due interessanti testi di presentazione. La mostra inaugura sabato 28 maggio alle 16 alla presenza dei talenti. Proseguirà fino al 16 giugno.


A Galleria Studio G7 Mariateresa Sartori e Caterina Morigi


Cosa colpisce nell’opera di Maria Paola Amoretti?

Anno dopo anno Maria Paola Amoretti è sempre più padrona della tecnica e della plasticità della terra divenendo cantore di una poesia drammatica. Così il ciclo Tronchi si può, ormai, annoverare un esperimento a tutto campo tra la ceramica e l’acquerello dove l’artista mostra una matura identità stilistica. Fin dalla sua opera in terracotta, materia che predilige, la scultrice stupisce per la drammaticità narrativa, dai forti caratteri espressionisti dove si ravvisare l’influenza della tradizione popolare. Infatti, si nota il colore delle pignatte domestiche ottocentesche. La scultura, oggi, è più che mai indefinibile, caleidoscopica, in un certo senso giramondo, migratore: è l’arte per eccellenza dei nostri tempi, non può essere classificata. Vive, è ubiqua. Le opere paiono esercizi di libertà, contro ogni finzione.

Acquerelli

Nei dipinti troviamo trasparenze, perspicuità, naturalezze fatte di linee accennate, abbozzate, tratteggiate con l’acqua e lievità e grazia di colore. Comunque sono nette, musicali, armoniose, euritmiche. Accenni di figure infinite, silenti, tra candore, incolpevolezza e peccato. Ciò si traduce nella terracotta con tronchi, sia umani sia vegetali, violati spesso, lacerati dalle ferite della quotidianità. Forme tridimensionali al confine, in qualche modo, tra fiction e realtà dove il mistero e l’enigma di quelle ferite hanno echi ancestrali e il silenzio ne sottolinea il pathos e la luce scava la loro storia.

L’inquietudine moderna e Maria Paola Amoretti

Spazio, luce, superficie: ecco la loro sinossi modellata dalla tecnica personale e affinata della Amoretti che permette all’osservatore di notare le spatolate alla materia. Toglie per creare i vuoti intensi, cavernosi delle radici nascoste che reggono da secoli il tronco degli alberi, il basamento delle montagne, la colonna vertebrale degli esseri viventi. Le opere, così intense nella loro inamovibile semplicità, ricordano lo scultore Agenore Fabbri che conobbe la ceramica ad Albissola Marina nel laboratorio La Fiamma. Entra in contatto con Sassu, Martini e, soprattutto Lucio Fontana. Le sue terrecotte degli anni Quaranta sono drammatiche, legate ai fatti dolorosi della guerra che diventano metafora di disagio fisico e mentale. La ricerca creativa di Agenore Fabbri è connessa agli anni dell’Informale e alla dimensione inquieta e problematica della straordinaria stagione artistica.

Maria Paola Amoretti e Tronchi

Anche la Amoretti nelle lacerazioni scarnificate sul tronco vuole mettere in luce, come Fabbri fece nei suoi bronzi, immagini della precarietà e problematicità contemporanea. I solchi, le afflizioni della materia celano un lato enigmatico e riflessivo, legato a un contesto, quasi mai presente, ma che presumibile. Pertanto i lavori non sembrano astratti still-life, ma s’intuisce l’esistenza di un’esistenza che li ha vivificati. Sono inseriti in un silenzio quasi metafisico che lascia “sentire” la loro natura pressoché intima, spirituale tra accadimenti storici, ripercussioni artistiche. Presentano, quindi, profili sfuggenti, anche astratti, in complesse anamorfosi che intendono svelarne l’energia, il flusso, la linfa che li attraversa. Un’anima e una struttura rigorosa, razionale. La contrapposizione perpetua pare essere al centro della riflessione così originale della scultrice.

Florkatia Libois e i suoi Alberi

Talento versatile grazie alle molte tecniche che nel tempo ha affinato. Si definisce “artista della diversità”, forse, per la complessità del suo “guardare” e scrivere col colore la diversificazione della natura, dell’uomo. Prende distanza etica dall’inquinamento nato dalle mani dell’essere contemporaneo, dalle discordanze della luce attraverso le stagioni. Ama i contrasti per evidenziare le molteplicità della comunicazione, dell’interpretare l’oggi così complesso, a volte urticante, altre poetico. Nei suoi lavori e alle mostre dal 2007 Rassegna La telaccia d’oro, Torino, al 2020 W.A.B.-Terza biennale della creatività al femminile a Bra) sono spesso protagonisti gli alberi. Rami, tronchi, foglie, chiome, radici, ceppi diventano non solo nomenclatura della pianta, ma figure fuori dal tempo, icone della storia ancestrale, genoma dell’evoluzione della civiltà.

L’artista

Libois ha una gestualità vigorosa, incisiva, financo energica, fortemente espressiva. Usa colori forti, veementi, i rossi magmatici, i gialli abbaglianti, i verdi lussureggianti, i neri foschi, crudeli, perfino perversi che mettono in risalto le forme dei rami. Fanno capire l’intreccio delle radici sotterraneo e necessario alla vita stessa dell’albero che parla al vento col fruscio delle foglie in un equilibrio musicale unico. Forse vorrebbe raggiungere lo stato di poesia tra l’uomo e la natura, l’osmosi antica che origina emozioni che possiamo cogliere dagli acquerelli silenti, seppur potenti, della Libois. Ha creato una sua galleria di spazi, di luci radenti che fanno “muovere”, intrecciare le chiome in un inno silenzioso al cielo. Certi alberi si animano, come nelle favole, altre volte sono “anime” ormai secche nel deserto della vita, di certe vite. Restano presenti a far ricordare momenti bui al fine di trovare nuova linfa per la speranza futura.

L’umanità al limite

Giochi di bianchi e neri, eruttivi come certa lava, intricati, coinvolgenti, seducenti risaltao la sofferenza dell’umanità che sta cercando di distruggere la natura. L’uomo è sempre più solo davanti ai disastri che ha causato, dalla plastica nei mari, alla desertificazione della terra e all’abbattimento sconsiderato delle foreste. Nei quadri della Libois sembra lanciare messaggi da cogliere al più presto. L’artista avverte, vede, interpreta con passione, elevata partecipazione per creare una coscienza collettiva sempre più vera, ampia e decisionale.

Libois

Nata a Imperia il 26 aprile 1952, è diplomata all’Istituto Magistrale di Imperia e, in seguito, al Liceo Artistico Statale di Cuneo. Dopo le prime estemporanee svolte in giovane età, ha allestito una personale a Ferrara alla galleria Alba, a Arma di Taggia a villa Boselli. A San Bartolomeo al mare ha esposto all’Azienda di Soggiorno e Turismo. Una sua opera è presente alla Collezione d’Arte contemporanea Sciortino al Museo di Monreale e alla Raccolta pubblica del Monferrato.

­­Le mostre

Ha partecipato a molte collettive. Nel 2020 era alla Biennale della Creatività al Femminile, Movicentro BRA, nel 2019 alla Galleria d’arte contemporanea ELLE. Ha esposto a La Spezia col Movimento Cultura Identità Nazionale, fondato da Vittorio Sgarbi e Biennale internazionale di Mantova, al Museo Diocesano Francesco Gonzaga.

Maria Paola Amoretti

Architetto, ligure di Imperia e milanese di formazione universitaria e artistica. Nella città lombarda ha vissuto per oltre ventidue anni, tra 1968 e ’91, occupandosi di laboratori artistici e creativi per ragazzi con problemi a scuola. Ha affrontato con l’argilla le tematiche del mondo femminile incontrate nel quotidiano. Attenta al piano della psiche, sensibile ai temi della relazione e dell’interiorità, le sue opere comunicano emozioni, forza espressiva e ispirazione poetica. Sono dotate di un’originalità di stile essenziale, “innocente”, al di fuori di schemi e lontano da ogni corrente. Indaga, oltre alle maternità, sono le Nunziate, da cui giunge a scoprire, nello spazio di relazione contenuto, un proprio luogo esistenziale. La relazione, dunque, il suo mutare nel continuo divenire, l’essere e l’apparire, l’unione alla Vita sono gli ambiti della sua ricerca. Sono frequenti i momenti in cui si esprime con acquarello, collage intrigata dalla poetica dei colori e delle forme.

Talento sperimentatore

Ha partecipato a diverse mostre a Milano, in Brianza e in Liguria, Venezia, Roma. Alcune opere sono conservate ai Musei organizzati dall’Associazione Renzo Aiolfi no profit, e alla Collezione d’arte sacra di Santa Rossello a Savona. Presenta anche nelle collezioni del Museo della Ceramica delle Torri a Vendone. I suoi lavori sono collocati al Palazzo Comunale di Millesimo, al Palazzo Vescovile di Albenga, nella chiesa parrocchiale Maria Immacolata a Villafranca di Verona. Si dedica ad altre forme espressive con l’acquarello e a sperimentazioni con la carta e i tessuti. Un suo collage ha ricevuto il premio alla 4a Biennale di Genova. Nelle sue opere in ceramica e scultoree si sente forte il desiderio di guardare ai maestri, alla storia cercando di governare tempo, spazio e memoria guardando al futuro.

Immagine da cartella stampa.

Odette Tapella
Odette Tapella
Vivo in piccolo paese di provincia. Mi piace leggere, fare giardinaggio, stare a contatto con la natura. Coltivo l'interesse per l'arte, la cultura e le tradizioni.

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