Tensioni nelle ultime ore ad Harare, la capitale dello stato africano del Zimababwe dove la polizia avrebbe disperso in modo violento cittadini e cittadine vicini al MDC (Movement for Democratic Change), il principale partito di opposizione, scesi in piazza contro l’attuale governo di Emmerson Mnangagwa in una manifestazione pianificata.
Al momenti si contano tre feriti accertati e vari partecipanti caricati sui veicoli corazzati della polizia locale che si sarebbe presentata armata di bastoni e avrebbe messo in pratica un piano studiato appositamente per bloccare l’accesso ai manifestanti al centro d Harare, il luogo di dove si sarebbe dovuta tenere la protesta politica.
Mike Nyashanu, un giovane disoccupato di 27 anni intervistato da The Guardian ha affermato al giornalista: “Le persone stavano marciando in modo pacifico. La polizia sa che durante le sfilate cantiamo. Per quale motivi ci hanno colpito? Loro sono i violenti”. Nyashanu dopo le proteste è stato curato dai paramedici per una frattura ad un braccio.
Associazioni e movimenti per i diritti umani locali e internazionali, come Amnesty International, stanno sempre più monitorando la situazione dello Zimbabwe dopo che negli ultimi mesi sono stati registrati seri casi di violazione. A gennaio 13 persone sono morte e a centinaia picchiate dopo manifestazioni legate all’aumento del costo del carburante, mentre altre 6 persone avevano perso la vita in una manifestazione politica antigovernativa sempre ad Harare.
Il governo, guidato ormai da 18 mesi da Emmerson Mnangagwa (conosciuto con il soprannome di “Il coccodrillo“) che ha sostituito nel novembre 2017, con un colpo di stato militare l’ex presidente Robert Mugabe al potere per 37 anni, sembra non volersi esporre in maniera esplicita sui fatti accaduti ad Harare attribuendo, attraverso le parole di Nick Mangwana, segretario del Ministero dell’Informazione, ogni responsabilità degli incidenti avvenuti a gruppi infiltrati, unitisi appositamente alla manifestazione per creare scompiglio.
