giovedì, Marzo 27, 2025

Cosa sono i vitalizi? La storia di un privilegio

Sono uno degli argomenti che più hanno caratterizzato il dibattito politico italiano negli ultimi anni. Cavallo di battaglia del Movimento 5 Stelle, che li ha sempre considerati un ingiustificato privilegio della “Casta”, i vitalizi sono una rendita mensile concessa a parlamentari e senatori al termine del loro mandato: durano per tutta la vita. Ma scopriamo la vera storia del vitalizio.

Correva l’anno 1954

Premesso: la Costituzione italiana non prevede il vitalizio per i parlamentari, ma consente alle due Camere di auto-regolamentarsi. Torniamo indietro nel tempo, è la sera del 21 dicembre 1954 e, a Montecitorio, si svolge una misteriosa seduta segreta, modello carbonari, alla quale partecipano i parlamentari di tutti gli schieramenti politici. L’avvertimento, per tutti gli onorevoli, è quello della più assoluta riservatezza, soprattutto al termine dell’incontro. Due giorni dopo, il 23 dicembre mentre in Aula si discuteva di trattati internazionali e dell’adesione all’Unione europea occidentale, il presidente della Camera, Giovanni Gronchi legge una lettera pervenuta al suo ufficio il giorno prima.


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Il testo della lettera

Onorevole signor Presidente, ieri sera la Camera, riunita in comitato segreto, ha discusso e approvato il bilancio consuntivo 1952-53 e il bilancio preventivo 1954-55. Nel bilancio preventivo è stata approvata la somma di lire 452 milioni per il fondo di previdenza per gli onorevoli deputati. Ritengo corretto che l’opinione pubblica sia ufficialmente informata delle cose che riguardano i parlamentari, specie di quelle così delicate circa le indennità ed altri compensi, e ritengo disdicevole al prestigio ed al buon nome del Parlamento che il pubblico venga a conoscere queste cose attraverso rivelazioni, indiscrezioni o articoli scandalistici come è successo in passato. In questo modo si continua su una strada che io non mi sento di approvare. Infatti, la nostra gente, e specie la povera gente, ha bisogno certamente di buone leggi ma anche di buoni esempi. A me sembra che questo buon esempio con le procedure segrete non si dia e perciò presento le mie dimissioni da deputato intendendo portare con esse, in discussione presso l’opinione pubblica, la questione che ci ha, purtroppo, divisi. Con deferenti saluti, Ing. Giuseppe Veronesi”.

La risposta dei deputati e del presidente della Camera

Il gesto dell’onorevole Veronesi, piuttosto che destare un sussulto d’orgoglio da parte dei colleghi, provoca un effetto completamente diverso. Ricordate l’accordo di segretezza? Ecco. Questa azione ha segnato una reazione di sdegno generalizzato, a cominciare dallo stesso presidente Gronchi che, conclusa la lettura della missiva, espone il suo pensiero: “Non credo che io debba commentare, per quanto riguarda la Presidenza della Camera, il merito di questa lettera, della quale però non posso tacere che il suo tenore, oltre a essere inopportuno, è, in parte inesatto e, in parte, assolutamente ingiusto. Non intendo entrare in polemica, ma mi limiterò, come il regolamento me ne fa obbligo, a porre in votazione l’accettazione delle dimissioni”.

I requisiti del regalo di Natale 1954

Cosa prevedeva in termini tecnici il regalo del Natale del 1954? Dal primo gennaio dell’anno successivo, i parlamentari avrebbero depositato, a un fondo pensioni, 9.000 lire al mese mentre, la Camera, avrebbe versato per ciascuno di loro 12.500 lire mensili. L’onere complessivo del nuovo fondo da far ricadere sul bilancio della Camera e, quindi, dei contribuenti, era di 98 milioni di lire l’anno. Poi c’erano i requisiti, necessari a ogni singolo deputato, per poter usufruire di questo vitalizio e cioè: il deputato una volta raggiunti i 55 anni di età e i dieci anni di mandato parlamentare (quindi due legislature), oppure 60 anni e cinque di mandato (una legislatura), avrebbe usufruito di una pensione mensile di 50.000 lire.

Un salto nel 1997

Per molti anni i parlamentari versavano una piccola somma, e la Camera di appartenenza integrava la somma per creare un fondo da cui attingere il denaro per i vitalizi per gli ex parlamentari. Ma per parlare di un vera e propria riforma, occorre fare un salto temporale nel 1997: dove una mini riforma dimezza l’importo, fa salire l’età minima a 65 anni, ma attenzione, solo dopo un periodo minimo di attività da parlamentare: due anni e sei mesi.

Dieci anni dopo…

Negli anni il requisito dell’attività minima è stato sempre al centro delle polemiche. Difficile da calcolare in quanto legato fortemente alle dinamiche parlamentari: che andava dalla crisi di governo alle elezioni anticipate. Così nel 2018, dieci anni dopo, si cambia. Il vitalizio non è più calcolato sulla percentuale dello stipendio, ma secondo alcune variabili: in primis l’anzianità di mandato e poi cambia nuovamente la soglia minima per ottenerlo. Sale a quattro anni, sei mesi e un giorno.

Il ricalcolo retributivo: 2012

Con l’avvento del governo di Mario Monti si decide di cancellare definitivamente i vitalizi. Il governo in quei mesi aveva appena messo tutte due le mani sulle pensioni degli italiani, creando un caos totale fatto di esodati e persone che si sono viste slittare la data di pensionamento. Secondo la nuova riforma a partire dal 2013, i parlamentari avrebbero ricevuto una pensione calcolata con il sistema contributivo. Cosa significa? Quanto versi, tanto ricevi. E niente più baby pensionati: occorre aspettare i 60 anni di età se hai partecipato attivamente a due legislature, 65 per una legislatura.

La lotta del MoVimento contro i vitalizi pregressi

Ma i vitalizi sono duri da far sparire, infatti rimangono quelli pregressi. Cosa significa? Che i vitalizi dell’ormai caro defunto parlamentare finiva alla sua vedova. Nel 2018 la riforma voluta dal M5S stabilisce il ricalcolo con il sistema contributivo degli assegni vitalizi maturati fino al 31 dicembre 2011. In media il taglio è del 20% circa. Ci sono due tetti minimi: uno di 980 euro per chi ha una sola legislatura alle spalle e uno di 1.470 euro per i vitalizi che hanno un taglio di oltre il 50% con le nuove regole. Secondo il MoVimento, che ha fortemente sostenuto la riforma considerando privilegi ingiustificati i vitalizi conseguiti dagli ex parlamentari, ogni anno ci sarà un risparmio di 40 milioni per le casse della sola Camera.

Casi noti

Negli anni alcuni negli anni sono diventati particolarmente noti, soprattutto quelli di chi ha percepito il vitalizio pur rimanendo in Parlamento per pochissimo tempo e di chi si è pubblicamente lamentato del taglio della propria rendita. Alcuni nomi? Piero Craveri, senatore per solo una settimana nel luglio 1987, che fino a dicembre 2018 ha incassato circa 2300 euro netti al mese, e Angelo Pezzana, deputato dal 6 al 14 febbraio 1979, con un vitalizio di oltre 2200 euro netti. Tra gli ultimi ex parlamentari che hanno protestato contro il taglio, invece, c’è Ilona Staller, in arte Cicciolina, ex parlamentare del Partito radicale. “Da 3.100 euro lordi che prendevo, mister ‘genio’ – ha detto l’ex pornostar, riferendosi al capo politico del M5S Luigi Di Maio – mi ha messo mille euro al mese […] Nel frattempo potevo anche morire di fame se non mi davo da fare. Ma con un governo così mi sa che me ne vado dall’Italia”.


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