Una vita come tante (A Little Life) è la seconda opera della scrittrice statunitense Hanya Yanagihara. Pubblicata nel 2015, ha infervorato da subito gli animi dei critici letterari. Quasi mille e cento pagine che vorresti non finissero mai. Un romanzo che potrebbe appartenere all’Ottocento: brutale, reale e avvincente. Le tematiche principali che tratta in un ipnotico snodo narrativo sono però più attuali che mai.
Una vita come tante: cosa lo rende un fenomeno editoriale?
Si può unanimemente concordare (in qualità di lettori) che il successo senza precedenti di questo romanzo sia da attribuire alla capacità di questa penna di trattenere i lettori incollati alle pagine. Si viene catapultati e coinvolti in una realtà molto vicina a quella quotidiana, ma rivelatrice di prospettive disturbanti. “Quante volte capita che un romanzo sia inquietante fino alle lacrime eppure così rivelatorio della gentilezza della natura umana da farvi sentire in uno stato di grazia? Le sue pagine sono piene di dolore, ma ovunque emerge l’infinita capacità dell’uomo di resistere e di amare” (The San Francisco Chronicle). Il bestseller ha vinto il Kirkus Prize, è stato finalista al National Book Award e al Booker Prize. Per il New York Times, The Guardian, The Wall Street Journal, Huffington Post, The Times fu tra i migliori libri dell’anno.
Chi è l’autrice?
Hanya Yanagihara è una scrittrice statunitense di origini hawaiane. Yanagihara si laurea presso lo Smith College, un’università privata femminile ad indirizzo artistico. Subito dopo, nel 1995, si trasferisce a New York, dove lavora per diversi anni come giornalista. L’autrice ha pubblicato il suo primo romanzo, The People in the Trees, nel 2013 (Il popolo degli alberi, 2020). Parallelamente alla carriera da scrittrice, contribuisce al tema dei viaggi per la rivista Traveler e collabora con il New York Times Style Magazine.
Una vita come tante: il romanzo
Le vite di quattro ragazzi, amici conosciutisi al college, sono raccontate fino all’età matura e costituiscono l’ossatura del romanzo. Il romanzo parte dalle ambizioni e dalla giovinezza dei giovani e confluisce nell’amara realtà dell’ età adulta. I protagonisti sono: Jude (avvocato), l’architetto Malcolm, JB (artista eccentrico) e l’attore Willem. I quattro amici si realizzano col tempo, raggiungono grandi successi e carriere stellari. Grande personaggio, riuscito a 360 gradi e figura principale è Jude, un ragazzo con un passato difficilissimo e una storia lacerante, centro di gravità per gli amici. Jude è tormentato in modo estenuante e senza sosta dai ricordi della sua terribile infanzia. Il ragazzo si sfoga e si libera da questi fantasmi con feroci atti di autolesionismo. Il passato di Jude è scalfito da abbandoni, abusi perpetrati su di lui da frati, prostituzione indotta con altra violenza e minacce, circonvenzione di minore e violenze fisiche inaudite. Jude ha vissuto in un mondo estraneo, in un corpo di cui non ha potuto decidere nulla, che non riconosce, e che lo ostacola quotidianamente (ha diffuse cicatrici e problemi a camminare). Ad un certo punto del suo percorso sembra trovare la serenità, con un’adozione inaspettata, un amore fraterno e sperato. Purtroppo la felicità è per lui inafferrabile, tormentato dal passato e perseguito da un futuro che si rivelerà sempre più nefasto. La sua storia è raccontata da Harold, il professore universitario di Jude che l’aveva adottato legalmente quando il giovane aveva compiuto trent’anni.
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Jude: il personaggio condannato all’infelicità
Ciò che rende questo romanzo struggente e tremendamente reale è la consapevolezza che esistono davvero persone che hanno subito questo tipo di violenze e drammi nel corso della propria vita. Leggendo questa opera non si può non provare un senso di rabbia e sconforto nei confronti di questa vittima del mondo, che nonostante gli abusi perpetrati da mostri, s’incolpa e si odia. Oggi più che mai, con l’inciviltà del victim-blaming, questo tema è forte. Come può una persona che è stata violata in tutto e per tutto, nella morale, nell’animo e nel corpo, avere fiducia e sentirsi al sicuro nel raccontare le proprie sofferenze a qualcuno? Non può riuscirci sapendo che ci sarà sempre una parte della società che lo considera in concorso di colpa. E’ difficile sperare di trovare aiuto se ogni giorno un/una survivor di abusi, stupri e violenze, viene messo/a a tacere e dichiara che “se avessi saputo quello che mi aspettava dopo, non avrei denunciato”? Quando si accetterà senza “se” e senza “ma” che in una violenza la colpa è sempre e solo tutta del violentatore, forse potremo dirci una società moderna. Quando la vittima non si odierà più, non penserà più di aver contribuito all’orrore che ha subito o di meritarselo, allora ci saremo riusciti.
Una vita come tante: la critica letteraria
Questa favola moderna, dirompente e lacerante ha avuto un’eco di quasi esclusivamente recensioni positive. I grandi nomi dell’editoria non hanno potuto fare altro che prendere atto della durezza e dell’efficacia delle parole di Hanya. “Non capita spesso di leggere un romanzo di queste dimensioni e di pensare: vorrei che fosse più lungo” (Times). “Totalmente coinvolgente, meravigliosamente romantico, a volte straziante, mi ha tenuto sveglio fino a tarda notte, una sera dopo l’altra” (Edmund White).