È trascorsa appena una settimana dal decreto #iorestoacasa, da quando l’11 marzo Conte ha chiuso tutta l’Italia. Gli italiani si sono improvvisamente trovati in una sorta di quarantena volontaria, coinvolti in prima linea in una guerra contro un nemico invisibile. Un virus, il COVID-19, che ha reso prigioniero un intero popolo. Per ora nessun vaccino, qualche farmaco sperimentale, l’unica arma “certa” che abbiamo è rimanere chiusi nelle nostre case.
È la prima volta nella storia della Repubblica Italiana che viene adottata una misura così estrema.
La quarantena è una limitazione forzata dei movimenti delle persone che sono state potenzialmente esposte a contagio, riducendo così il rischio di infezione altrui. La quarantena è necessaria soprattutto perché il COVID-19 ha un periodo di incubazione media di 14 giorni e le persone asintomatiche possono contagiare le altre, a loro insaputa.
Non essendo l’Italia oggi nelle condizioni di poter sottoporre tutti i cittadini a tampone, diviene necessario isolare l’intero Paese. Nel tentativo di evitare che i cosiddetti asintomatici contagino soggetti sani.
Una misura drastica e necessaria, presa come modello dagli altri Paesi europei gravemente colpiti da questa pandemia.
Quali saranno gli effetti psicologici di quest’isolamento? Quanto tempo ancora ci porteremo dietro il segno di questa battaglia?
Il parere gli esperti
“L’impatto più grosso è che ci viene chiesto un radicale cambiamento dello stile di vita quotidiano, dove ci viene chiesto paradossalmente non di fare più cose, come la società moderna ci ha abituati a fare, generando il cosiddetto “stress per le tante cose da fare”, ma di non fare, di “restare a casa”, ha spiegato a Pagella Politica di Agi Gianluca Castelnuovo, professore ordinario di Psicologia clinica all’Università Cattolica di Milano.
“In questo contesto di incertezza e di preoccupazione, la paura può essere funzionale, perché si può trasformare in attivazione e maggiore attenzione, per esempio per rispettare i protocolli di igiene, come lavarsi le mani e indossare i dispositivi di protezione individuale“, ha chiarito Castelnuovo. “I problemi possono però verificarsi in quelle persone che hanno maggiori difficoltà a gestire l’ansia, in cui questo stato può diventare disfunzionale“.
Lo studio pubblicato dalla rivista scientifica inglese “The Lancet“
Il 26 febbraio scorso, la rivista scientifica The Lancet ha pubblicato uno studio, realizzato da sette ricercatori del Dipartimento di psicologia medica dell’Università britannica King’s College di Londra. Studio dedicato agli impatti psicologici della quarantena da coronavirus. I ricercatori hanno trovato sul tema 3.166 pubblicazioni scientifiche. Hanno selezionato 20 studi condotti in Paesi diversi, dedicati alle misure di quarantena messe in campo dal 2003 in poi per contrastare la diffusione di malattie come la Sars, l’Ebola o l’influenza pandemica H1N1.
Ciò che hanno realizzato i ricercatori britannici non è un vero e proprio esperimento, i tempi sarebbero stati troppo lunghi. Hanno voluto fornire una panoramica della letteratura scientifica in materia di quarantena. Alla ricerca di conclusioni applicabili anche alla pandemia da Covid-19. Si tratta di ricerche che, in qualche modo, hanno permesso ai ricercatori di trarre delle conclusioni utili a comprendere quali potrebbero essere le conseguenze psicologiche della quarantena.
Il commento di Samantha Brooks, principale autrice dello studio
La quarantena può essere un’esperienza traumatica per chi la subisce. La separazione imposta dai propri cari, la perdita di libertà, l’incertezza sullo stato della malattia, possono portare rabbia e istinti suicidi.
Samantha Brooks dell’Institute of Psychiatry, Psychology & Neuroscience del King’s College London, ha spiegato che “Entrare in quarantena è un’esperienza che isola ed è spesso paurosa e il nostro studio ha scoperto che ha effetti psicologici negativi. La scoperta che questi effetti – anche se in un piccolo numero di studi – possono ancora essere rilevati sottotraccia dopo mesi o anni e questo è di particolare preoccupazione e indica che durante il processo di pianificazione della quarantena dovrebbero essere messe in atto misure per minimizzare questi impatti psicologici. La nostra ricerca suggerisce che durante la quarantena gli operatori sanitari meritano un’attenzione speciale da parte dei loro dirigenti e colleghi e quelli con preesistenti cattive condizioni di salute mentale avrebbero bisogno di un sostegno aggiuntivo“.
La ricerca pubblicata nel 2004
Lo studio è stato condotto su 338 membri di uno staff medico a Taiwan, messi in quarantena durante l’epidemia della Sars. I risultati hanno rilevato nei giorni immediatamente successivi alla fine dell’isolamento disturbi acuti da stress e una maggior propensione a vivere stati d’ansia e di insonnia.
Studio, uscito nel 2009, sempre relativo all’epidemia della Sars
In esame un campione di oltre 500 dipendenti di un ospedale cinese. Lo studio ha rilevato che la quarantena ha aumentato la probabilità di mostrare sintomi da stress post-traumatico. Evidenza raccolta anche da un’altra ricerca, uscita nel 2013. Oggetto di quest’ultima i bambini e i loro genitori sottoposti a quarantena o altre misure di isolamento.
Cosa scrivono i ricercatori del King’s College?
“Nelle popolazioni analizzate dopo giorni di quarantena, gli studi riportano in generale sintomi psicologici come disturbi emotivi, depressione, stress, disturbi dell’umore, irritabilità, insonnia e segnali di stress post-traumatico”.
“La mancanza di chiarezza, in particolare sui diversi livelli di rischio, ha portato i partecipanti allo studio a temere il peggio“, scrivono gli studiosi del King’s College. Commentando una ricerca pubblicata nel 2017 relativa all’epidemia di Ebola in Africa occidentale, scoppiata tra il 2014 e il 2016.
Difficile fare previsioni, ma un dato concreto sembra essere che tra i soggetti più colpiti ci siano proprio i medici e gli staff ospedalieri, così come i soggetti in giovane età.
Sempre secondo i ricercatori del King’s College, esiste un altro fattore di rischio. Le perdite economiche di chi si trova in libertà dopo un periodo di isolamento. Lo studio evidenzia come chi ha redditi più bassi necessita di maggiore supporto economico durante la quarantena.
Si sa ancora poco sugli impatti psicologici della quarantena sui bambini, secondo quanto sottolineato da quattro ricercatori cinesi in una lettera pubblicata da The Lancet lo scorso 4 marzo.
Pare che più a rischio, come evidenziano i Centers for disease control and prevention statunitensi (Cdc), siano gli anziani, chi combatte con malattie croniche. Infine, le persone che già soffrono di disturbi mentali, anche lievi.
Come uscirne più “sani” possibile?
Secondo i ricercatori, è necessario rendere i periodi di isolamento “più tollerabili per il maggior numero di persone possibile“, seguendo una serie di accorgimenti.
In questa missione il Governo ha il dovere di spiegare con chiarezza che cosa sta succedendo. Garantendo una comunicazione istituzionale trasparente e rinforzando il senso di altruismo nella cittadinanza.
Il contributo a “Pagella Politica” di Castelnuovo, docente di Psicologia Clinica
“È necessario però non travolgere i lettori con le notizie angoscianti, ma comunicare le buone notizie, per esempio i casi di persone guarite dopo aver contratto il nuovo coronavirus“, ha spiegato Castelnuovo. “Un ulteriore aiuto poi, in un’epoca in cui sono fortemente criticate e demonizzate, può arrivarci dalle tecnologie, che grazie alle videochiamate permettono a chi è isolato di avere un contatto sociale più solido di quello coltivato solo con dei messaggi”.
Pensando ai nuclei familiari costretti alla quarantena, il professor Castelnuovo, precisa: “In questi casi è fondamentale strutturare la giornata, dividere i tempi e gli spazi in base a schemi e ritmi, rassicurando in particolare i bambini“, ha sottolineato Castelnuovo. “Questo periodo di semi-isolamento è troppo lungo per essere lasciato al caso, serve organizzazione del proprio tempo, con ampi margini dedicati non a semplici passatempi, ma alle proprie passioni personali e ai propri talenti”.
Nessuna ricerca precedente ha confrontato gli effetti psicologici della quarantena obbligatoria rispetto a quella volontaria, ma gli studi sembrano indicare che l’aspetto altruistico della quarantena, intesa come protezione degli altri potrebbe rendere più facile sopportare lo stress e la frustrazione della situazione.
Elementi di stress possono amplificarsi durante i periodi di quarantena. La paura di essere contagiati o di contagiare gli altri. La noia o la frustrazione di sentirsi privati di beni necessari, non solo alimentari o per la salute. Gli studi evidenziano come rafforzare l’aspetto altruistico della quarantena aiuti a renderla più indolore possibile.
Il progetto Solidarietà
Ed è proprio per rispondere ai bisogni e tutela dei cittadini in quarantena, che il governo ha promosso il “Progetto Solidarietà”. Per permettere a imprese e associazioni di fornire servizi gratuiti alla cittadinanza. Sul sito ufficiale dell’iniziativa è possibile consultare i servizi gratuiti offerti da diverse realtà.
Inoltre, come spiega il Ministero della Salute, “è disponibile un servizio di supporto psicologico per affrontare le emozioni durante il momento difficile di questa emergenza“. Servizio disponibile chiamando il numero verde 800.06.55.10 (attivo 24 ore su 24, 7 giorni su 7).
Sono giornate difficili per il nostro Paese. Siamo tutti chiamati ad uno sforzo enorme, ma solo collaborando e rispettando le regole potremo vincere questa guerra. Un giorno ricorderemo questo momento come una delle pagine più tristi della nostra storia, ma sarà solo un ricordo… Per adesso restiamo a casa.