venerdì, Aprile 19, 2024

Tomba in Africa: scoperta sepoltura di 78.000 anni

Gli archeologi scoprono una tomba in Africa: si tratta della più antica sepoltura umana conosciuta nel continente. Le ossa sono quelle di un bambino di 3 anni.

Tomba in Africa: cos’hanno scoperto gli archeologi?

Gli scavi svelano una tomba in Africa vecchia quasi 80.000 anni. La disposizione delle ossa suggerisce che il bambino aveva le ginocchia accostate al petto. Gli studiosi del Centro nazionale di ricerca sull’evoluzione umana di Burgos credono che fosse avvolto in un sudario, la testa posata su di un cuscino. Le ossa erano sotto uno strapiombo, nei pressi della grotta di Panga ya Saidi. La località si trova negli altopiani tropicali della pianura costiera del Kenya, a circa 10 miglia dalla riva. Si tratta della più antica sepoltura umana in Africa. “La sepoltura ci riporta a un momento molto triste”, dice Nicole Bovin, professoressa e principale investigatrice del progetto. “Un momento che, nonostante il lungo tempo che ci separa, possiamo capire come esseri umani”.

Tomba in Africa: il lungo scavo

La scoperta avviene nel 2013. I ricercatori portano alla luce i bordi della tomba e i primi frammenti d’osso, ma si ritrovano con un pugno di polvere quando provano a rimuoverli. Nei tre anni seguenti continuano a scavare e riportano alla luce altri frammenti, anch’essi però troppo delicati per sopportare l’estrazione. Decidono allora di scavare tutto intorno alla tomba, di modo da definirne le dimensioni ed estrarla nella sua interezza. Una volta estratto il blocco, i ricercatori lo portano al Museo Nazionale di Nairobi e poi in un laboratorio in Spagna, dove comincia lo studio vero e proprio. I raggi X e la datazione cercano di chiarire il mistero e spuntano le prime evidenze.

Gli esami approfonditi

L’esame di due piccoli denti ed altre ossa nella tomba definisce l’età del bambino: tra i 2 e i 3 anni. La datazione sulle ossa ci dice invece l’età della sepoltura: 78.000 anni. Assieme alle ossa c’erano anche punte di lancia. “Ciò che sembra chiaro, è che non c’è solo una connessione emotiva con i morti, ma anche una struttura per comprendere e affrontare la morte e renderla significativa”, dice Nicole Bovin, professoressa e principale investigatrice del progetto. Lo studio, pubblicato su Nature, spiega quanto sia raro avere accesso a sepolture così datate.

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