Immaginate di amare una persona. Di desiderare che quegli attimi che trascorrete in sua compagnia fossero eterni. L’eternità non è un principio umano, ma cercate d’andare oltre. Provate a pensare di sfidarla, perlomeno con l’amore della vostra vita. Come? Promettendole di restarle accanto giorno dopo giorno, finché morte non vi separi. Sebbene il matrimonio non si più l’esclusivo lasciapassare per un’esistenza congiunta, è anche vero che solo attraverso la sua contrazione è possibile acquisire alcuni diritti fondamentali. O almeno, è così ancora in molti paesi del mondo. E’ questa la realtà della nazione in cui ha luogo la storia di due donne. Per fortuna, molte favole possiedono un lieto fine. E talvolta anche la realtà. E’ questo il caso del matrimonio ungherese di Tamara Csillag ed Elvira Angyal.
Com’è avvenuto il matrimonio di Tamara Csillag ed Elvira Angyal?
Per ironia della sorte, il permesso per la loro unione civile è scaturito da una legge che nega il diritto di matrimonio alle persone transgender, come Tamara ed Elvira. Nello specifico, il primo ministro ungherese Viktor Orban, ostile ai membri della comunità LGBTQ+, nega l’unione civile agli individui legalmente dichiarati transgender. I documenti di Tamara Csillag erano ancora legati alla sua identità maschile, mentre la sua consorte aveva già completato la transizione, anche dal punto di vista legale. Ecco dunque che le nozze sono possibili. L’amore ha vinto sull’odio e sulla discriminazione. <<Il nostro sogno è diventato realtà. Siamo felici che la nostra unione sia finalmente riconosciuta legalmente>> Dichiara Elvira. La cerimonia si è svolta nella normalità di ogni matrimonio. Non sono mancati i fiori, gli abiti bianchi, gli amici, i parenti e soprattutto l’amore. Sia quello sprigionato dalla coppia, sia quell’affetto proveniente dai presenti.
Sono tutti elementi quasi scontati per il festeggiamento delle nozze. Purtroppo non sempre è così. Quando si parla di diritti civili da parte di persone transgender od omosessuali, l’opinione pubblica è ancora divisa in due. E spesso gli oppositori si trovano proprio in famiglie comprendenti membri della comunità LGBTQ+. Nel migliore dei casi, la sensibilizzazione e l’apertura mentale prendono il sopravvento. Esistono però situazioni drammatiche, nel quale non si accetta la realtà. Tutto questo sfocia troppo di frequente nella violenza, più o meno sottile. Il caso di queste due donne ungheresi dovrebbe invece trasmetterci un messaggio. Le persone vanno accettate per ciò che sono. E tutte, nessuna esclusa, hanno bisogno di diritti umani. Perciò, invece di alzare barriere invalicabili, sfondiamo il muro dell’ignoranza. Accogliamo il prossimo.