Infuria sempre di più la polemica contro chi rifiuta di vaccinarsi: ma davvero si basa su ragioni fondate?
Dati ufficiali, non fake news
“Anche dopo essersi sottoposti alla vaccinazione si dovrà continuare a osservare le buone pratiche di prevenzione e protezione attualmente previste, come indossare la mascherina, lavare spesso e accuratamente le mani e mantenere il distanziamento fisico. Questo finché i dati sull’immunizzazione non evidenzieranno con certezza che oltre a proteggere sé stessi il vaccino impedisce anche la trasmissione del virus agli altri e si arriverà a superare la pandemia in atto”.
Il testo è ripreso dal sito del Ministero della Salute:
http://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/archivioFakeNewsNuovoCoronavirus.jsp
I vaccinati dunque, ad oggi, restano potenzialmente contagiosi quanto i non vaccinati. E non è certo cosa nuova: altre malattie vengono propagate da portatori sani, come la meningite:
“La principale causa di contagio è rappresentata dai portatori sani del batterio: solo nello 0,5% dei casi la malattia è trasmessa da persone affette dalla malattia”. Anche questo testo proviene da una fonte ufficiale, l’ Istituto Superiore di Sanità:
https://www.epicentro.iss.it/meningite/
Dagli all’untore
Dunque, ad oggi, in caso di avvenuto contagio, non è possibile sapere se la fonte sia un soggetto vaccinato o meno. Ma poi leggiamo i giornali e troviamo editoriali che si scagliano contro operatori sanitari non vaccinati ritenendoli responsabili della diffusione del virus all’interno dell’ospedale. Riporto testuale:
“L’ultimo caso è stato segnalato nell’ospedale ligure di Lavagna, dove un camice bianco ha preso il Covid per poi condividerlo generosamente con otto tapini affidati alle sue cure. Poiché i dipendenti dell’ospedale sono stati posti in sicurezza da tempo, si presume che il contagiato sia un No Vax.”
Forse sono io a non aver capito. Cosa significa che “i dipendenti dell’ospedale sono stati posti in sicurezza”? forse che non sono contagiosi? Non è quello che dice il ministero della salute. Purtroppo, aggiungo. Ecco un esempio riportato dalla cronaca:
L’obbligo vaccinale
Leggo anche che sta prendendo corpo un decreto che potrebbe prevedere la sospensione o forse persino il licenziamento per il personale sanitario che pur essendo a contatto con i malati decide di non vaccinarsi. Ma anche uno scudo penale che tutela i medici nel caso di lesioni gravi ai pazienti.
Anche su questo mi pongo un paio di domande. La prima mi pare di una evidenza solare: poiché stiamo parlando di medici ed infermieri (e non dello stereotipato complottista da social che basa il suo rifiuto ai vaccini su pregiudizi e mancanza di informazione), perché non si apre un dibattito sui loro motivi?
Forse il punto di vista di addetti ai lavori – esattamente come coloro che sono favorevoli – potrebbe essere utile a tutti per capire quale sia la strategia migliore.
La seconda domanda riguarda la contraddizione che si evidenzia tra l’imporre l’obbligo vaccinale e contemporaneamente lo scudo penale per chi lo somministra, alludendo agli effetti avversi sui pazienti. Qualche dubbio può sorgere, è umano.
Le colpe di chi tutela la salute pubblica
Ho scritto più volte che la scelta di vaccinarsi è – e non può essere altrimenti – individuale. Personalmente (come in tutte le scelte razionali che compio), provo a contemperare costi e benefici sulla base delle informazioni di cui disponiamo. Come i dati dell’ISS sugli esiti più gravi:
Ma, riguardo la strategia a tutela della salute pubblica, una cosa l’hanno capita tutti: i primi a poter vaccinarsi devono essere le persone più fragili, perché per loro i rischi sono senz’altro inferiori ai benefici.
Ma siccome si è preferito assicurare la copertura vaccinale a categorie professionali e a persone statisticamente escluse dalle gravi conseguenze del contagio (anche a causa di comunicazioni contraddittorie sull’utilizzo di Astra Zeneca), mi pare che si preferisca catalizzare l’attenzione su coloro che non ritengono di vaccinarsi, incolpandoli di spargere il virus, e non sulle colpevoli leggerezze di chi non ha messo in sicurezza chi si trova in condizioni oggettive di pericolo.
Non dobbiamo prendercela con l’operatore delle RSA che rifiuta il vaccino (che spesso di sanitario ha le mansioni, ma non il contratto), ma con chi non ha fatto il possibile per farlo somministrare agli ospiti. Perché l’operatore, anche se vaccinato, può comunque trasmettere il virus: la differenza, in termini di vite, la fa se lo ha fatto l’anziano. Non lo dico io, ma il Ministero della sanità.
Semplificare la complessità
Ma forse sono io che non capisco. Non capisco come uno Stato che incassa dalla vendita di alcool, sigarette, gioco d’azzardo possa essere credibile nel promuovere questa retorica di responsabilità sociale.
Non capisco come le persone, che si affollano per le strade, violano le disposizioni di distanziamento, eccedono in stili di vita dannosi, possano sentirsi parte (ma soprattutto tutelate) da una politica di prevenzione pubblica che non sta funzionando.
Perchè, mi domando, nel pianificare la campagna di vaccinazione non ci si pone il problema di approfondire i fattori di rischio di decine di milioni di persone che – anche in assenza di patologie gravi – assumono farmaci potenzialmente antagonisti o presentano particolari predisposizioni a effetti collaterali anche gravi.
Perchè, anzichè porre il vaccino come unico orizzonte del post-pandemia, non si affronta la questione nel rispetto della sua complessità, potenziando il legame tra cittadino e medicina di base per una tutela della salute pubblica calibrata il più possibile sulle singole necessità?
Responsabilizzarsi o delegare
La scelta di affidare la logistica della distribuzione dei vaccini all’esercito ha inevitabilmente il sapore retorico del decisionismo che spazza via tutti i dubbi.
Ricorda molto da vicino quella pulsione per la quale si preferisce affidarsi ad un rimedio (o un uomo) miracoloso che sappiamo non essere tale, ma che è sempre meglio che assumersi le proprie responsabilità.
L’uomo forte che promette di risolvere i problemi mentre noi continuiamo a ballare sulle ceneri della nostra società; il protettore gastrico che ci permette di farci uno spritz tutti i pomeriggi; credere che la colpa, come la soluzione, è sempre di qualcuno diverso da noi.
L’epidemia è uno stress test per la nostra società, e secondo me non lo stiamo superando. Non sta andando “tutto bene” e neppure usciremo da questa storia migliori di come ci siamo entrati. non attraverso questa strada, almeno.