Il 19 giugno 1980 il presidente della commissione d’inchiesta sul caso Moro – senatore Dante Schietroma – formulò 14 quesiti all’onorevole Giulio Andreotti. Domande rese necessarie alla luce dell’audizione del 23 maggio 1980, durante la quale il Presidente del Consiglio dei Ministri (all’epoca dei fatti) è stato ascoltato dai commissari. L’onorevole Andreotti rispose dopo pochi giorni nel seguente modo: “Onorevole Presidente, rispondo ai quesiti contenuti nella Sua del 19 corrente (protocollo 00012/C.M.) premettendo di mantenermi entro i limiti delle mie competenze e conoscenze relative al periodo di permanenza al governo: su alcuni punti, pertanto, dovrò rinviare al soggetto ministeriale direttamente responsabile e informato. 1.- (D.) Se sia stato previsto – dal Governo precedente a quello del 16 marzo – il caso di rapimento di leaders politici e l’eventuale linea di comportamento. (R.) Al mio livello non si era avuto occasione di dibattere specificamente, prima del 16 marzo 1978, l’ipotesi di rapimento di un leader politico e, conseguentemente, di fissare il comportamento da adottarsi. Delle pianificazioni operative per i sequestri di persona e di eventuali sottopianificazioni ad hoc potrà riferire il Ministero dell’Interno. 2.- (D.) Informazioni più precise sullo stato dei servizi segreti dell’epoca. (R.) I “servizi segreti” furono riordinati attraverso un disegno di legge presentato dal governo 1’8.11.76 e divenuto legge dello Stato il 24.10.77 n.801. II Parlamento introdusse fondamentali modifiche, respingendo l’idea governativa di un servizio unificato e dando invece vita a due servizi separati, con una coordinazione attuata tramite un comitato di raccordo (SISDE-SISMI e CESIS). Ferma restando la convinzione che meglio avrebbe giovato una sollecita approvazione secondo lo schema governativo, la mia opinione, peraltro, è che specie per la sostanziale continuità tra l’ex SID e il SISMI, ma anche per l’attività del Ministero dell’Interno e di tutte le Forze dell’Ordine Pubblico (compresa la Guardia di Finanza) le possibilità relative per lo Stato non fossero nel frattempo diminuite. Mediante il gruppo di lavoro costituito stabilmente presso il Ministero del1’Interno e le riunioni del Comitato Interministeriale per la Sicurezza la spinta al coordinamento durante la crisi Moro si attuò – almeno potenzialmente – nel modo più proficuo che era consentito, cercando di bilanciare le possibili, ma non dimostrate,carenze dovute alla fase di riordino. Qualche tempo dopo, tra l’agosto e il settembre del 1978, si dimostrò opportuno affidare al generale Della Chiesa, già resosi benemerito per la correzione del grave disordine carcerario, un ufficio per il coordinamento e la cooperazione nella lotta al terrorismo. Aggiungo che nel periodo cruciale 16marzo-9 maggio 1978 i responsabili dei Servizi informativi dichiararono sempre la massima volontà collaborativa; gli stessi potranno dare ogni dettagliato ragguaglio, compreso qualche rapporto esterno (mi riferisco, ad esempio, all’iniziativa di un vero o sedicente brigatista presso la Banca Popolare di Milano portata a conoscenza del SISDE)”.