giovedì, Aprile 25, 2024

Sulle tracce di Aldo Moro. Le risposte scritte dell’onorevole Giulio Andreotti ai quesiti della commissione parlamentare. Quarta parte

 


Le risposte scritte dell’onorevole Andreotti alla commissione parlamentare

L’onorevole Giulio Andreotti risponde:  “10 – (D.) Se l’onorevole Craxi, nell’indicare l’ipotesi di un provvedimento di clemenza a favore di un brigatista non responsabile di fatti di sangue, abbia fatto riferimento alle motivazioni di tale ipotesi ed ai canali informativi dai quali l’aveva attinta. (R.) L’onorevole Craxi, nelle riunioni collegiali dei segretari dei partiti e nei colloqui personali con me condivise sempre il rifiuto al cosiddetto scambio di prigionieri. Sostenne che dovesse darsi luogo, come atto unilaterale di buona volontà, ad un “gesto” di clemenza verso un soggetto che non fosse responsabile di reati di sangue. Mi accennò all’approfondimento avuto sul tema con l’on. aw. Giuliano Vassalli. A mia richiesta se fosse in grado di dire che l’iniziativa sortisse l’effetto della liberazione di Moro, rispose di no; era tuttavia, a suo giudizio, giusto tentare ogni soluzione possibile e non assumersi la responsabilità del peggio. 11 – (D.) Chi ha fatto pressione per la concessione della libertà provvisoria a Panzieri. (R.) Movimenti organizzati di opinione per ottenere la scarcerazione discrezionale di Fabrizio Panzieri, l’accelerazione del processo e poi per protestare contro la sua condanna in prima istanza furono molteplici ed attivissimi. Si ebbero pure – se non sbaglio nei primi mesi del 1977 – manifestazioni collettive di disordine finalizzato in Roma, con gravi atti di vandalismo. Inoltre in sede parlamentare vi furono reiterate sollecitazioni per la libertà provvisoria legate alla necessità di accertamenti sanitari specialistici e di un intervento chirurgico a seguito di coliche renali e di perdite di sangue. Ricordo in particolare due “interrogazioni”: dei deputati Gorla e Balzamo. Ritengo che una documentazione in proposito debba trovarsi presso il Ministero della Giustizia. 12 – (D.) Chi fece il nome dell’aw. Payot e chi fornì informazioni sulla sua attendibilità. (R.) Il 5 aprile il Sottosegretario all’Interno Lettieri mi disse che il dottor Freato aveva fatto venire a Rana l’avvocato svizzero Payot che si era occupato del noto caso Schleyer. Si chiedeva al Governo di approfondire con le autorità svizzere la attendibilità di eventuali iniziative del professionista sul caso Moro. Nello stesso giorno il consigliere diplomatico di Palazzo Chigi, dottor La Rocca, telefonò al nostro ambasciatore a Berna e poche ore più tardi mi riferì che il Ministro della Giustizia e della polizia cantonale signor Fontanet aveva riservatamente detto che era difficile definire bene il Payot: uomo buono e intelligente, ma anche un po’ confusionario, “interessato” e desideroso di mettersi in vista. Nel caso Schleyer il ministro riteneva che avesse avuto contatti tramite Francia, dove ha una casa; e che fosse idoneo ad avere contatti con i rapitori di Moro. Lo stesso on. Fontanet suggeriva, per più valide informazioni, di contattare il signor Amstein, capo della polizia federale. Per quest’ultimo scopo pregai il ministro Cossiga di incaricare il nostro Capo della Polizia. Nel giorno successivo Lettieri mi disse che avrebbe incontrato privatamente l’avvocato Payot. Il Payot uscì dalla scena dicendo che le autorità svizzere lo avevano ostacolato, ma di questo non avemmo il minimo riscontro obiettivo. Proprio in quei giorni infatti le stesse autorità svizzere in una riunione quadrangolare tenuta lassù presente Cossiga (Svizzera, Italia, Germania e Austria) confermavano tutta la loro volontà di appoggio alle indagini italiane”.

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