Sulle tracce di Aldo Moro. Le dichiarazioni del giornalista Francesco Damato

Le dichiarazioni del giornalista Francesco Damato

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Giulio Andreotti: Diari 1976-1979. Gli anni della solidarietà.

Nella relazione della commissione sul caso Moro, presieduta dall’onorevole Fioroni, si da spazio alla testimonianza del giornalista Francesco Damato. Nel suddetto documento, approvato in data 10 dicembre 2015, si possono leggere le seguenti affermazioni: ”


Le dichiarazioni del giornalista Francesco Damato

Il giornalista Francesco Damato è stato ascoltato da alcuni collaboratori della Commissione e ha avuto modo di ricordare la sua esperienza nel 1978, durante il rapimento dell’onorevole Moro, puntualizzando alcuni argomenti di interesse. Oltre alle circostanze già riferite in precedenza, Damato ha ricordato di aver firmato, in qualità di giornalista de Il Foglio, il 15 marzo 2001 un articolo nel quale riprendeva – alla vigilia dell’anniversario del rapimento dell’onorevole Moro – le convinzioni espresse in un libro dal presidente della Commissione Stragi della XII legislatura, Giovanni Pellegrino. In tale articolo il giornalista ha ipotizzato che Giovanni Senzani, condannato solo per fatti successivi al 1978, in realtà era già organico alle BR toscane già dal 1977 e che fosse « in rapporti intensi con l’amministrazione della giustizia ». Nell’articolo, richiamando quanto già affermato da Pellegrino, Senzani è descritto quale consulente del ministero. Tali dati erano stati resi noti a seguito dell’audizione davanti la Commissione Stragi dall’allora Procuratore della Repubblica di Firenze Tindari Baglione che, come già ricordato, è stato sentito anche dalla Commissione. All’articolo del 15 marzo 2011 è conseguita una querela di Senzani; il procedimento è stato definito con richiesta di patteggiamento da parte di Damato e del suo direttore responsabile di giornale. La Commissione ha acquisito gli atti del relativo procedimento penale. Di non minore interesse quanto riferito da Damato in merito a talune confidenze ricevute sia dal Presidente della Repubblica nel 1978 Giovanni Leone, sia dal parlamentare Remo Gaspari. Con riferimento al primo punto, il giornalista ha affermato che il Presidente della Repubblica Giovanni Leone gli avrebbe confidato che già dall’8 maggio 1978 (data precedente la morte di Moro) era pronto l’atto di grazia nei confronti di una brigatista e che si era rimandata la decisione al giorno successivo al solo fine di sottoporla al Direttivo della D.C.. Risulta effettivamente che in una intervista rilasciata a Damato, pubblicata su il Foglio del 20 marzo 1998, l’ex Presidente della Repubblica Giovanni Leone narrò che il 9 maggio 1978 era pronto a firmare la grazia per la terrorista Paola Besuschio (una delle tredici persone detenute che nel comunicato del 24 aprile le BR avevano chiesto di liberare in cambio del rilascio di Moro), nonostante fosse consapevole della posizione contraria del Partito Comunista, e che il Ministro di grazia e giustizia Francesco Paolo Bonifacio non era contrario. Leone, secondo quanto ricordò in quell’intervista, espresse la convinzione che i brigatisti fossero al corrente di quel che stava maturando e, non volendo la liberazione di Moro, avessero affrettato quella mattina l’assassinio. Si deve tuttavia ricordare che Bonifacio, nel corso della sua audizione presso la Commissione d’inchiesta sulla strage di via Fani (13 giugno 1980), dichiarò: « Escludo che lo stesso Leone mi abbia detto qualcosa in ordine ad una domanda di grazia per la Besuschio. Devo dire […] che lo stesso Vassalli si rese conto […] della impraticabilità di ciò anche dal punto di vista strettamente giuridico e formale […] perché la Besuschio era stata condannata per tentato omicidio ed era incolpata di altri gravi reati »”.