Sulle tracce di Aldo Moro. La testimonianza di monsignore Fabio Fabbri

Monsignore Fabio Fabbri

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Via Gradoli
L'audizione di Romano Prodi

Nella seduta del 4 febbraio 2016, in commissione parlamentare di inchiesta sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, viene ascoltata la testimonianza di monsignore Fabio Fabbri. Il sacerdote, all’epoca dei fatti, era il segretario ed assistente di monsignore Cesare Curione. Quest’ultimo nel 1978, dopo aver svolto per un lungo periodo la funzione di cappellano nel carcere di San Vittore a Milano, rivestiva il delicato ed importante compito di ispettore generale dei cappellani carcerari. E’ l’on. Fioroni, presidente della commissione suddetta, all’inizio della seduta, a chiarire il motivo dell’audizione di mons. Fabbri “Monsignor Curioni, deceduto nel 1996, durante i 55 giorni del sequestro Moro si attivò, per incarico di Paolo VI, per cercare contatti e avviare una trattativa per ottenere il rilascio dell’ostaggio previo pagamento di un riscatto in denaro. Monsignor Fabbri ha rivelato alcuni dettagli di quell’attività di monsignor Curioni dapprima nel 2004 a Vladimiro Satta, il quale ne ha riferito in un saggio nel periodico   Nuova Storia Contemporanea del 2005 e poi nel suo volume Il caso Moro e i suoi falsi misteri, pubblicato nel 2006. Monsignor Fabbri ha in seguito narrato dell’azione svolta da monsignor Curioni all’epoca del sequestro Moro anche di fronte all’autorità giudiziaria, da ultimo lo scorso febbraio a Palermo, nell’ambito del processo sulla presunta trattativa con la mafia. Inoltre, si è espresso sull’argomento il 18 settembre 2012 rispondendo a domande rivoltegli nel corso della sua audizione presso la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia.
La vicenda narrata da monsignor Fabbri nelle occasioni ricordate può essere riassunta come segue. Monsignor Pasquale Macchi, segretario particolare di Paolo VI, si rivolse a monsignor Curioni chiedendogli, a nome del Santo Padre, di cercare contatti per avviare una trattativa al fine di ottenere la liberazione di Moro.


L’audizione di mons. Fabio Fabbri
Curioni si rivolse dapprima ad alcuni avvocati difensori dei brigatisti, tra i quali Edoardo Di Giovanni e Giannino Guiso, e riuscì poi a entrare in contatto con un intermediario, o comunque con una persona che si accreditò come intermediario con le BR, la cui identità è rimasta ignota e forse fu ignota anche allo stesso Curioni.
Il 22 aprile fu resa pubblica la lettera del Papa agli uomini delle Brigate Rosse. Nelle ore della stesura del testo, nella notte tra il 21 e il 22 aprile, il Papa aveva interpellato telefonicamente monsignor Curioni, che si trovava allora in Lombardia. Fabbri, in quella circostanza, si trovava con Curioni e riferisce che questi suggerì qualche ritocco di dettaglio. Secondo quanto riferito dal monsignore, l’intermediario, per dimostrare la propria attendibilità, fornì fotografie di Moro scattate durante il sequestro. Una prima fotografia non fu ritenuta probante da parte ecclesiastica, mentre una seconda, che ritraeva Moro che teneva aperto il quotidiano   la Repubblica del 19 aprile, fu ritenuta una prova attendibile. Tale seconda foto sembra coincidere con quella, notissima, allegata al comunicato n. 7 delle BR che smentiva la notizia della morte di Moro e della collocazione del suo corpo nel Lago della Duchessa. del 19 aprile,. Sempre stando alle dichiarazioni di monsignor Fabbri, Curioni incontrò l’intermediario  in vari luoghi d’Italia, ma soprattutto a Napoli, come risulta dall’audizione in Commissione antimafia del 18 settembre 2012. Nei contatti tra Curioni e l’intermediario si sarebbe giunti a pianificare la modalità del rilascio di Moro, ma sembra che Curioni, vedendo che il tempo passava invano, abbia iniziato a nutrire crescenti dubbi sulla riuscita della trattativa. L’intensa attività svolta da Curioni non riuscì ad avere esito positivo. La Commissione, ovviamente, è interessata ad approfondire alcuni aspetti di quanto precedentemente riferito da monsignor Fabbri”.