
De Lutiis e l’Hyperion
Giuseppe De Lutiis, lo storico dei servizi segreti e del terrorismo in Italia, recentemente scomparso, pubblicò nel 1982 un articolo sul periodico L’Astrolabio dal titolo “Santuario Hyperion”. Nel suddetto articolo troviamo scritto: “E’ trascorso un mese dall’emissione del mandato di cattura internazionale contro Corrado Simioni e Duccio Berio, i due antichi compagni di Curcio che insieme a Vanni Murilanis, arrestato il 2 febbraio a Udine, dirigevano a Parigi la scuola di lingue Hyperion, insospettabile sede di copertura di uno dei più importanti centri direzionali delle Brigate “rosse”. Un mese di silenzio che – vorremmo tanto sbagliarci – non lascia ben sperare in una felice conclusione della vicenda. Ricordiamo brevemente i fatti. Nell’aprile 1979 il giudice Calogero, con la collaborazione dei servizi segreti francesi, stava conducendo fruttuose indagini su gruppo: dalle intercettazioni telefoniche e dalle informazioni riservate emergeva che i tre personaggi da un lato non avevano mai interrotto i contatti con i vertici palesi delle BR, cioè i Curcio e i Moretti, e dall’altro avevano stabilito un rapporto con un servizio segreto occidentale, sospettato di fomentare il terrorismo. Durante il caso Moro, il gruppo dei professori parigini aveva aperto una sede a Roma, frettolosamente chiusa dopo la conclusione tragica della vicenda. Il giudice padovano stava procedendo con fiducia su questa pista eccezionalmente interessante, quando un alto funzionario dei servizi segreti – probabilmente lo stesso che poi avrebbe concluso la sua carriera passando ad un giornalista verbali d’interrogatorio coperti da segreto – fece trapelare sulla stampa la notizia delle indagini. Fu il crollo: i servizi segreti francesi, pur confermando al giudice Calogero la loro profonda stima, gli comunicarono di non poter più collaborare e sull’Hyperion non indagò più nessuno”. E’ opportuno ricordare che il giudice Pietro Calogero, quello che in qualità si sostituto procuratore di Padova autorizzò gli arresti dei maggiori leader di Autonomia Operaia, riteneva la suddetta organizzazione fosse il cervello organizzativo di un progetto insurrezionale contro lo Stato.