
Giulio Andreotti: Diari 1976-1979. Gli anni della solidarietà
La rilettura dei diari di Giulio Andreotti, quelli riguardanti il periodo 1976-1979, pubblicati dalla casa editrice Rizzoli, aiutano a comprendere meglio come il Presidente del Consiglio dei Ministri abbia vissuto i famosi 55 giorni? Un quesito a cui è difficile dare una risposta, ma le annotazioni aiutano certamente a meglio capire l’evoluzione dei fatti. Nella giornata del 17 marzo scrive: “Il Comitato per la Sicurezza – al quale l Consiglio dei Ministri ha affidato la gestione politica della situazione (quella tecnica è al Viminale con i ministri competenti e i responsabili militari e dei Servizi) – analizza l’agguato di via Fani e le misure adottate. Corsini avverte di non esagerare sulla sopravvalutazione tecnica degli aggressori. Nel pomeriggio mi vedo con i Segretari dei partiti che sostengono il governo. Concordi sulla linea della fermezza”. Due prime considerazioni. La prima è quella che Giulio Andreotti passa dalla sua considerazione sull’agguato di via Fani “azione tecnicamente condotta da super specializzati che crea una impressione profonda”, ad una più prudente posizione a riguardo. La seconda considerazione che la linea della fermezza è già sancita prima delle comunicazioni ufficiali delle brigate rosse. Il giorno successivo, 18 marzo, il Presidente Andreotti annota nel suo diario “Funerale dei cinque di Moro a San Lorenzo. Le famiglie, di poverissima gente, straziavano. Alcune corone erano poggiate sulla tomba di De Gasperi nell’atrio. Oreste Leonardi era un po’ la controfigura di Moro, al quale eravamo abituati a vederlo sempre vicino. Anche quando entravamo in chiesa gli portava il messalino. Non sappiamo se Moro si sia reso conto dell’assassinio di Leonardi e degli altri. Né sappiamo se chi lo tiene prigioniero gli consente di conoscere quel che accade fuori. La folla è immensa ed impressionante: silenziosa, consapevole. Un comunicato delle BR annuncia il processo a Moro, come “responsabile primo della controrivoluzione imperialista di cui la DC è stata artefice nel nostro Paese”. Una terribile foto di Aldo prigioniero accredita il messaggio, che è subito affidato agli esperti per le analisi di vario tipo (al Viminale sono presenti anche tecnici di Paesi amici)”.