venerdì, Marzo 29, 2024

Sule tracce di Aldo Moro. L’intervista al giudice Alfredo Carlo  Moro pubblicata su Famiglia Cristiana (1998). Seconda parte


L’intervista al giudice Alfredo Carlo Moro

Nella seconda parte dell’intervista al fratello del leader democristiano barbaramente ucciso, emergono altri importanti elementi per una valutazione complessiva sul “caso Moro”, Nell’articolo troviamo scritto “Bertani – La verità offerta dai brigatisti è dunque stata inquinata o costruita a tavolino per distrarre le indagini da qualcos’altro? Moro – Può essere. Anche il “processo” a Moro sembra una messa in scena. Le domande sono banali, le risposte insignificanti. Né sono state usate dai brigatisti le affermazioni che potevano essere destabilizzanti, per esempio quelle sull’organizzazione Gladio o su Andreotti, allora capo del Governo. Vengono invece enfatizzate quelle su Taviani, che era fuori dai giochi. Bertani – Qual era dunque il vero obiettivo del rapimento, se la trattativa nascondeva un’altra strategia?Moro – Io ho sempre sperato nella trattativa, ma razionalmente pensavo che non ci fosse spazio perché lo scopo di chi ha guidato davvero tutta l’operazione era di uccidere Moro. Infatti il tema dello scambio dei prigionieri viene fuori più tardi, non immediatamente dopo il 16 marzo. E, poi, il giorno in cui si riuniva la direzione della Dc per aprire uno spiraglio Moro fu ucciso. Tuttavia penso anche che non vi fosse nulla di ignobile nel cercare una trattativa, tanto più da parte di Aldo, perché era nella sua filosofia politica la priorità della difesa della persona in ogni modo, e aveva scritto anche poco tempo prima un articolo sulla legittima difesa e lo stato di necessità…Bertani – Dall’analisi degli scritti di suo fratello durante la prigionia le sembra che avesse capito la situazione in cui si trovava? Moro – Aveva intuito qualcosa e cercava di far filtrare dei messaggi, per quanto gli consentiva la censura dei carcerieri. Aveva notizie incerte e anche sbagliate; pensava, ad esempio, che i prigionieri fossero più d’uno. Risulta dagli scritti che nei confronti di Aldo non fu solo usata la minaccia di ucciderlo, ma anche di colpire il nipotino Luca. Leggendo i testi si capisce lo stato terribile della prigionia, ma si vede anche la grande serenità e forza d’animo di Moro, ammirata dai suoi stessi carcerieri. Dalle lettere alla famiglia (quelle che i brigatisti non vollero trasmettere) appare un uomo sereno, pieno di amore, che non chiede vendetta, che va incontro alla morte con una straordinaria forza d’animo. “Per quanto mi riguarda”, scrive, “non ho previsioni né progetti ma fido in Dio che, in vicende tanto difficili, non mi ha mai abbandonato… Ho tentato tutto e ora sia fatta la volontà di Dio”. E ancora: “Ho capito in questi giorni che vuol dire aggiungere la propria sofferenza alla sofferenza di Gesù Cristo per la salvezza del mondo… Mi è stato promesso che restituiranno il corpo e alcuni ricordi, speriamo che si possa. Voi state forti e pregate per me. Vorrei capire, con i miei occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce sarebbe bellissimo”. Bertani – Da varie parti si dice: chiudiamo con gli anni di piombo, liberiamo i terroristi. Che cosa ne pensa? Moro – Non sono pregiudizialmente ostile a un’amnistia perché non credo che la prigione ai colpevoli lenisca la sofferenza delle vittime o ridia ordine allo Stato. Se si vuole fare un’amnistia generale, si faccia; per tutti i reati, tutti i prigionieri che rientrano in determinate condizioni. Ma finché non sappiamo la verità non si può dire: “Il caso è chiuso, quella stagione è superata”. Qualcuno lo dice per voglia di rimozione, ma non si può escludere che sia il prezzo per un silenzio, un alibi, qualcosa legato alla verità che non sappiamo”.

Related Articles

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Stay Connected

0FansLike
0FollowersFollow
0SubscribersSubscribe
- Advertisement -spot_img

Latest Articles