Su Facebook ci si abbonerà ai giornali

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Zuckerberg, il denaro andrà tutto agli editori

Facebook stringe i rapporti con gli editori. Dopo aver portato le notizie sul social, consentirà agli utenti di abbonarsi ai quotidiani. Il modello sarà quello che alcune testate già usano online: lettura gratis di un tot di articoli al mese, superati i quali occorre abbonarsi se si vuol continuare a leggere.
Ad annunciare la novità, che era stata già trapelata nelle scorse settimane, è Mark Zuckerberg. In un post il fondatore di Facebook ha reso noto che nei prossimi mesi “sperimenterà nuovi modi per aiutare le testate a far crescere il numero di abbonati”. La fase di test coinvolgerà un piccolo gruppo di editori americani ed europei. “Se le persone si abboneranno dopo aver visto le notizie su Facebook, il denaro andrà direttamente agli editori che lavorano duro per scoprire la verità”. Il social, ha sottolineato Zuckerberg, non prenderà alcuna percentuale.
La collaborazione tra Facebook e le testate giornalistiche è iniziata nel maggio 2015, quando il social ha lanciato gli Instant Articles. La funzione consente di leggere all’interno del social gli articoli, che sono multimediali, interattivi e si caricano 10 volte più velocemente rispetto alle pagine dei siti di informazione.

L’obiettivo del “Progetto Giornalismo Facebook” – questo il nome dell’iniziativa – è quello di dare agli utenti “informazioni delle quali si può fidare”, spiega Fidji Simo, una manager ai vertici del social. “Abbiamo molto a cuore questo obiettivo, sicuri del fatto dal fatto che la gente voglia essere informata”. Ma al tempo stesso – facendo eco al suo superiore Mark Zuckerberg, che aveva detto di non volere un Facebook “arbitro della verità” – ha aggiunto che l’obiettivo del social non è quello di dire ai suoi iscritti cosa dovrebbero o non dovrebbero leggere.

Gli editori hanno da sempre un rapporto complicato con Facebook. Il gigante dei social-media ospita il pubblico di lettori più grande del mondo. Ma il suo dominio nella pubblicità digitale è in chiaro contrasto con gli interessi delle aziende editoriali che proprio nei gigateschi ricavi degli inserzionisti su Facebook vedono anche una delle ragioni del loro declino.