venerdì, Dicembre 13, 2024

Strage di Ciaculli: al via la prima commissione antimafia

Borgata Ciaculli, Palermo, Sicilia. È il 30 giugno del 1963 quando, durante la notte, un boato assordante provoca il crollo del primo piano di un palazzo. Le prime vittime accertate sono il custode dello stabile Pietro Cannizzaro ed un fornaio, Giuseppe Tesauro.

La causa dell’esplosione? Un’automobile abbandonata, carica di tritolo, appostata dinnanzi a un’autorimessa nei pressi dell’abitazione di un boss mafioso, Giovanni di Pieri. Uno dei tanti modi di Cosa Nostra per liberarsi dei propri nemici. Del tutto incurante del fatto che tra i caduti, si annoverano soprattutto vittime innocenti.

Chi si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato e chi, per dovere e senso di giustizia, si trovava lì per compiere il proprio lavoro.

Passata alla storia come la strage di Ciaculli, è uno dei fatti più sanguinosi e violenti, facenti capo alla Prima guerra di Mafia. Guerra esplosa, in seno a Cosa Nostra, per via della lotta al dominio sul traffico di droga in Sicilia.

Una seconda esplosione mortale

Poche ore dopo il primo attacco, una pattuglia dell’Arma dei Carabinieri, allertata da una telefonata anonima che denunciava la sospetta presenza di un’auto abbandonata con le porte aperte, giunge sul posto. La squadra di agenti rinviene in effetti un’Alfa Romeo Giulietta ed immediatamente il sospetto che si trattasse di un’autobomba coglie gli ufficiali. Tempestivamente vengono fatti intervenire gli artificieri, che disinnescano la miccia di una bombola all’interno della vettura.

Scongiurato il pericolo, però, durante l’ispezione dell’auto, l’apertura del bagagliaio fu fatale: un’esplosione violenta uccise ancora.

Caddero vittime sette uomini tra esponenti dell’Arma dei Carabinieri, dell’Esercito Italiano ed un sottoufficiale del Corpo delle Guardie di P.S.

I loro nomi, perché nessuno di loro possa cadere nell’oblio: Mario Malausa, Silvio Corrao, Calogero Vaccaro, Eugenio Altomare, Marino Fardelli, Pasquale Nuccio e Giorgio Ciacci.

Ai funerali presenziarono circa centomila persone, indignate ed amareggiate per le vite spezzate che “sfilavano” all’interno di quelle bare, dinnanzi alle quali ci si sente impotenti.

Le indagini

Immediatamente avviate le indagini portarono ad individuare nel boss mafioso di Ciaculli, Salvatore Greco, l’obbiettivo che il clan rivale, facente capo al boss Michele Cavataio, voleva colpire.

L’ipotesi venne poi confermata, nel 1984, quando Tommaso Buscetta, diventato collaboratore di giustizia, ammise la colpevolezza di Cavataio, additandolo come unico responsabile della strage.

Tuttavia, per il “risultato” sortito, la strage rientra tra i più clamorosi attentati ai danni delle Istituzioni e dello Stato. Tale presa di coscienza ha fortemente scosso gli organi statali preposti alla giustizia. Ed è così che si intraprese finalmente una strada decisiva.

Lo Stato si decise infatti per una più serrata lotta contro Cosa Nostra. In qualche modo dunque questo tragico evento ha risvegliato le Istituzioni. Prima della strage, in effetti, avevano con decisione negato l’esistenza della Mafia, sottovalutando il fenomeno.

Una serie straordinaria di mandati d’arresto colpirono vari esponenti mafiosi, nei giorni successivi all’evento. Nei mesi successivi poi, furono circa 2000 gli arresti effettivi.

L’istituzione della prima commissione Anti-mafia

Istituita solo cinque giorni prima della strage, la Commissione Parlamentare Antimafia si mise celermente in moto. Per la prima volta nella storia dello Stato italiano la mafia veniva riconosciuta come organizzazione criminale, contro cui si rendeva necessaria un’azione concreta.

L’organizzazione iniziò dunque ad operare, in uno scenario di indignazione e rabbia generale nei confronti dei soprusi mafiosi. In un clima propizio dunque, se così si può dire, in termini di solidarietà ed appoggio.

L’organizzazione mafiosa, analizzata ed osservato a 360 gradi, iniziava ad apparire, finalmente, come un nemico da combattere.

L’intento principale della Commissione era quello di conoscere il fenomeno nel profondo, al fine di anticiparne le mosse, limitarne l’azione e studiare le misure punitive adatte e necessarie.

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