giovedì, Dicembre 12, 2024

Se la pazzia ha un nome la maschera ne è il suo segreto

Se mai fossi alla ricerca di qualche forma di verità, dovrei scandagliare i segreti piani di maschere spesso volgari, e se la pazzia ha un nome, non potrei non attribuirla a chi di pazzia ne fa un regno. Scomposto, esposto al nulla come una torre al vento, ucciso dalla sua stessa disconnessione alla realtà e ai ruoli. Grillo deve cedere il passo, o la rivoluzione politica degli ultimi dieci anni morirà con lui.

Se la pazzia ha un nome deve pur avere un cappello?

C’è un posto che non ha eguali sulla terra. Questo luogo è un luogo unico al mondo, una terra colma di meraviglie mistero e pericolo. Si dice che per sopravvivere qui bisogna essere matti come un cappellaio. E per fortuna, io lo sono“. Da Il cappellaio matto. Dunque è tutta qui la sua recita? Un’esercizio di potere nei territori sconfinati della follia, del dissesto politico, della illogica ricerca di un senso del non senso, aggrappato al dissenso del senso altrui? Grillo si scrolla il pericolo Conte. Ma a vederlo come un pericolo è solo lui. Così perso nei labirinti della sua incapacità di gestire la follia, sgretola tutto quello che di buono è stato fatto dai suoi 5 stelle. Umberto Saba diceva: “Patriottismo, nazionalismo e razzismo stanno fra di loro come la salute, la nevrosi e la pazzia”. Nel caso di Grillo questo non è più possibile. Il razzismo non deve esser visto solo come atto ignobile contro un colore o una etnia, ma anche verso una morale, un pensiero o una ideologia. Grillo diventa razzista in quanto accentratore soltanto del suo io.


Fico sta con Conte?


E il resto?

L’atteggiamento verso Conte e i suoi 5 Stelle, denotano che non è un patriota ma soltanto uno che cerca continuamente un nuovo palcosceico di un nuovo teatro che troverà vuoto. Non può essere nazionalistà perchè sta privando l’Italia del beneficio di avere un partito innovatore con la guida di un conservatore progressista: un ossimoro che Dio solo lo sa. Ma in realtà, quell’uomo, riferito a Conte, evidente conservatore nei modi e nella capacità di esprimere la propria dialettica, riesce allo stesso tempo ad aprirsi al concetto progressista di un partito che ha appena imparato a camminare, ed ora è tempo di correre. Se la pazzia ha un nome questa volta deve avere quello di Di Maio e Fico, che devono trovare il coraggio di mettere alla berlina il re impazzito. Alexander Pope diceva: “Un partito è la pazzia dei molti per il beneficio di pochi“. Di Maio, Fico e Conte, invertite questo pensiero: usate la pazzia dei pochi, il coraggio dei pochi, per il beneficio di molti.

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