giovedì, Aprile 25, 2024

Scontri etnici in Etiopia: migliaia di profughi in Sudan

Proseguono gli scontri etnici in Etiopia. Negli ultimi due mesi in seguito a violenze di matrice etnica, settemila rifugiati hanno raggiunto i campi profughi sudanesi dall’Etiopia occidentale. E mentre Abiy Ahmed sembra non voler trovare soluzioni ai conflitti interni, peggiora la situazione del Tigray. L’80% della popolazione della regione non ha ancora ricevuto assistenza umanitaria.

Scontri etnici in Etiopia: cosa sta succedendo nel paese africano?

Non solo il conflitto del Tigray. In Etiopia continuano gli scontri etnici che da decenni sconvolgono molte regioni. L‘agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) afferma che negli ultimi due mesi almeno settemila sfollati etiopi hanno chiesto asilo nel vicino Sudan. Si tratta in gran parte di civili sfuggiti da Metekel, un distretto della regione di Benishangul-Gumuz, nell’Etiopia occidentale. Da anni in questa zona sono in corso scontri etnici. Il popolo dei Gumuz sta svolgendo vere e proprie operazioni di pulizia etnica, uccidendo i membri che appartengono alle minoranze. Tra gennaio e febbraio 2021 gli attacchi hanno provocato almeno 180 morti nella sola zona di Metekel. I Gumuz in più occasioni hanno incendiato le abitazioni dei membri di etnia Ahmara, Oromo e Shinasha, pugnalando a morte i residenti. Gran parte dei sopravvissuti alla carneficina ha raggiunto i campi profughi sudanesi dove soggiornano anche i profughi tigrini.

Scontri etnici in Etiopia: il governo di Abiy Ahmed è un disastro

Il presidente etiope Abiy Ahmed sta trascinando il paese verso la catastrofe. Oltre a non essere riuscito ad arginare i conflitti etnici interni, nel novembre scorso ha deciso di invadere il Tigray. Nonostante l’annuncio della conquista del capoluogo tigrino Makalle, le violenze continuano. Le operazioni militari di Abiy Ahmed nella regione del nord hanno provocato migliaia di morti e almeno settantamila sfollati. La missione militare per la liberazione della regione tigrina sta provocando una vera e propria ecatombe, complice lo stesso esecutivo di Addis Abeba. E pensare che lo stesso Abiy Ahmed era stato insignito, nel 2019, del premio Nobel per la pace. Un riconoscimento forse troppo azzardato. Ne sono una prova i morti e gli sfollati del conflitto tigrino e le quotidiane violenze etniche contro le etnie Ahmara, Oromo e Shinasha. E pensare che Abiy Ahmed appartiene all’etnia Oromo, una di quelle maggiormente perseguitate.

Peggiora la situazione nel Tigray

Le organizzazioni internazionali continuano a denunciare la difficile situazione del Tigray. Un inviato dell’Unione Europea ha riferito che la crisi tigrina appare “fuori controllo”. Il ministro degli esteri finlandese Pekka Haavisto, negli scorsi giorni, dopo aver incontrato Abiy Ahmed ha dichiarato: “La leadership dell’Etiopia non è stata in grado di fornire un quadro chiaro della situazione del Tigray”. E ha aggiunto: “Stiamo assistendo all’inizio di un’altra grave crisi di rifugiati”. Nel frattempo l’Onu ha dichiarato che l’assistenza umanitaria non è ancora riuscita a raggiungere l’80% della popolazione del Tigray. La stessa organizzazioni lancia l’allarme sulla grave situazione di malnutrizione che si sta verificando nella regione.

Nonostante alcuni progressi, la situazione umanitaria nel Tigray rimane critica. Complice la mancanza di collaborazione del governo di Abiy Ahmed, milioni di civili non hanno potuto beneficiare di aiuti e assistenza. Perchè un presidente, per di più Premio Nobel per la pace lascia morire il proprio popolo?


Rischio atrocità nel Tigray: allarme dell’Onu


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