giovedì, Aprile 18, 2024

Scambio di prigionieri 2:1 tra Siria e Israele (Video)

Israele e Siria hanno effettuato uno scambio di prigionieri dopo l’arresto di una giovane israeliana. Il negoziato che ne è seguito è stato favorito dall’intervento della Russia. Già in precedenza Damasco e Tel Aviv avevano concordato operazioni simili. Anche allora conciliate da Mosca. Ma stavolta lo scambio porterà alla riconciliazione tra le due Nazioni? Vediamolo insieme.

Perché lo scambio di prigionieri?

Israele e Siria hanno concordato uno scambio di prigionieri dopo l’arresto di una cittadina israeliana da parte delle forze dell’ordine siriane. Sebbene non ancora identificata, si tratterebbe di una 25enne di Modiin Illit entrata nel Sud della Siria “per errore” dopo aver lasciato una comunità ultra ortodossa. L’agenzia governativa Syrian Arab News Agengy (SANA) ha riferito che la giovane sarebbe penetrata illegalmente nel Sud del Paese, ad Al-Quneitra, attraverso le Alture del Golan. La regione contesa è occupata dallo Stato ebraico col beneplacito degli Stati Uniti. In cambio del rilascio, il governo siriano legato al presidente Bashar al-Assad otterrebbe la scarcerazione di due connazionali residenti nel Golan ma detenuti nelle carceri israeliane: Nihal al-Maqt e Dhiyab Qahmuz. La notizia è stata confermata dal Palestinian Prisoner Club citato da Hawar News Agency (ANHA).

Un malinteso?

La cittadina israeliana fermata a inizio febbraio è passata sotto la custodia russa, mentre le autorità damascene indagavano sui motivi della sua presenza in Siria. Inizialmente le autorità la ritenevano una spia, come ha raccontato un funzionario israeliano. Salvo poi rendersi conto che fosse una civile. Ma il gabinetto della Difesa non ha perso tempo, organizzando una riunione urgente. Lo scopo era discutere una “questione umanitaria legata alla Siria”. Quindi, il giorno stesso dell’arresto un jet è partito da Tel Aviv alla volta di Mosca come ha confermato Yaron Bloom, il funzionario del governo israeliano responsabile delle procedure. Nel frattempo, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu aveva assicurato: “Israele ha sempre fatto e farà tutto il possibile per far ritornare i propri cittadini”.

Le trattative

I colloqui israelo-siriani sono durati diversi giorni come ha precisato un comunicato ufficiale siriano: “Si stanno prendendo provvedimenti per liberare i cittadini siriani dalle carceri israeliane”. Eppure, il buon esito delle trattative era tutt’altro che scontato. In effetti, alcuni media israeliani citati da World IN News avevano riferito che i negoziati erano stati sul punto di fallire a causa del rifiuto dei prigionieri siriani a lasciare il Golan. “Il consigliere per la sicurezza nazionale, Meir Bin Shabat, si è recato per la terza volta a Mosca per completare l’accordo di scambio di prigionieri“. Mentre il Times of Israel ha confermato l’indiscrezione. Tuttavia, parte delle lungaggini burocratiche sarebbero derivate dalle richieste di garanzie del governo siriano. Secondo Channel 12, le autorità damascene avrebbero voluto assicurarsi l’incolumità dei due prigionieri qualora gli venisse concesso di rientrare ai rispettivi villaggi.

Le dichiarazioni sullo scambio di prigionieri

In un intervista a Army Radio, il premier israeliano ha rifiutato di commentare i negoziati. Ma ha detto: “Stiamo lavorando per salvare vite umane“. “Posso solo dire che sto usando i miei contatti personali con il presidente russo Vladimir Putin per ottenere il suo rilascio“, ha aggiunto. E ha assicurato: “Credo che si risolverà“. Infatti, il 17 febbraio è stato il giorno della svolta decisiva quando media siriani hanno confermato il raggiungimento di un accordo. In seguito, Kan News ha riferito che la prigioniera israeliana tornerà in Israele dalla Russia anziché dal valico di frontiera di Quneitra in Siria. Ad ogni modo, l’operazione è stata il risultato di un negoziato mediato della Russia, come ha precisato l’emittente siriana SANA.

La mediazione

Per l’ennesima volta, dunque, Mosca ha compiuto il proprio ruolo da “paciere” delle tensioni tra Damasco e Tel Aviv. Almeno finché Siria e Israele rimarranno in uno stato di guerra che non prevede relazioni diplomatiche. E nonostante la Russia appoggi il governo siriano affiliato a Bashar al-Assad. Del resto, lo stesso Netanyahu ha ringraziato il presidente russo Putin per il ruolo svolto nel negoziato. Come dimostra l’intensità dei colloqui telefonici delle ultime settimane. Infatti il premier Netanyahu, il ministro della Difesa Benny Gantz e il ministro degli Esteri Gabi Ashkenazi si sono intrattenuti con i rispettivi omologhi al Cremlino. Vladimir Putin, Sergey Shoygu e Sergey Lavrov.


Operazioni militari russe contro l’ISIS in Siria (video)


Scambio di prigionieri: chi ha coinvolto?

In effetti, le Alture del Golan sono un territorio conteso da quando Israele lo ha strappato alla Siria nel 1967 durante la Guerra dei Sei Giorni. Benché lo Stato ebraico lo abbia annesso nel 1981, molti suoi residenti hanno mantenuto la cittadinanza siriana e si identificano come siriani. Quanto allo scambio di prigionieri, diverse fonti locali hanno confermato che il governo siriano avrebbe rilasciato la cittadina israeliana in cambio della scarcerazione di due suoi cittadini residenti in questa regione. Uno di questi è una donna, Nihal al-Makt, nativa della città siriana occupata di Majdal Shams ad al-Golan Heights. Sebbene viva nella parte israeliana del Golan, mercoledì pomeriggio la donna ha dichiarato alla TV siriana Al-Ikhbariya: “Ora sono libera nella mia patria“.

La condanna

Nel 2017, infatti, la donna era stata condannata a tre anni di reclusione per istigazione. Un’accusa politica comminata per atteggiamenti anti-occupazione. La dissidente aveva ottenuto poi la possibilità di scontare la pena agli arresti domiciliari, seppur a condizioni molto rigorose. Ad esempio, dovendo riferire quotidianamente alle autorità israeliane. “Se avessi messo un piede fuori da casa mia, possono arrestarmi e rimettermi in prigione“, ha raccontato. Ma quando alcuni soldati israeliani l’hanno raggiunta presso la sua abitazione per proporle la sospensione dell’esecuzione della pena se fosse rientrata a Damasco, la donna ha rifiutato.

I termini dello scambio di prigionieri

In effetti, per i media israeliani come il Times of Israel gli sforzi delle autorità potrebbero essere minati dalla contrarietà dei prigionieri siriani a trasferirsi a Damasco. Alla tv siriana, Al-Maqt ha raccontato di aver chiesto di rimanere nel Golan, sua terra natia. Una richiesta accolta dalle forze dell’ordine israeliane. Ma il suo caso non è stato l’unico in famiglia. Nel 2020, infatti, anche il fratello ha vissuto un’esperienza simile. Dopo quasi 30 di reclusione in una prigione israeliana per spionaggio era stato oggetto di uno scambio di prigionieri mediato dalla Russia. In quel caso, le autorità siriane avevano restituito i resti di Zachary Baumel, un soldato israeliano nato negli Stati Uniti che era scomparso dopo una battaglia di carri armati del 1982.

La “condizione Qahmuz”

Il secondo prigioniero coinvolto è Dhiyab Qahmouz, un cittadino siriano residente nella regione occupata da Israele. Nativo di Ghajar, una città al confine siriano-libanese occupata da Israele, l’uomo era stato condannato nel 2016 a 14 anni di carcere per aver collaborato con Hezbollah nel pianificare un attentato del gruppo terroristico filo-iraniano. Per l’impianto accusatorio, Qahmuz avrebbe contattato i terroristi di Hezbollah in Libano. Mentre i miliziani avrebbero procurato gli esplosivi per far saltare in aria le stazioni degli autobus di Haifa. Il Palestinian Prisoner Club, un’organizzazione non governativa palestinese interna alle carceri, ha confermato che la polizia penitenziaria ha informato il prigioniero del suo rilascio condizionato. Malgrado i “colloqui con la parte israeliana e il prigioniero Qahmuz per liberarlo a condizione di espulsione, lui ha rifiutato“.

I legami con Hezbollah

In effetti, la storia dei Qahmuz si lega a doppio filo con i gruppi militanti libanesi. Ad esempio Sa’ad Qahmouz, il patriarca della famiglia, è stato identificato dalle autorità come spacciatore e militante di Hezbollah che oggi risiede nel Paese dei cedri. Per questo Dhiab Qahmouz è rimasto in custodia delle forze di polizia israeliane, come ha confermato mercoledì l’emittente siriana Al-Ikhbariya. E lo sarà finché le autorità non decideranno se trasferirlo in Siria o permettergli di rientrare al suo villaggio nel Golan. In proposito, il Prisoner Club ha precisato: “Finora, sono in corso negoziati per decidere se sarà trasferito in Siria o nel suo villaggio nel Golan occupato, dove il prigioniero insiste per essere rilasciato nel suo villaggio“.


Le tensioni in Siria sono in continuo aumento


Lo scambio di prigionieri: ponte per il futuro?

Di certo non è stato il primo scambio di prigionieri tra Tel Aviv e Damasco. Come non sarà l’ultimo. Ad esempio, Israele è tutt’ora interessato al recupero delle spoglie di due dei suoi soldati e di una spia, Eli Cohen, caduti in Siria nel 1965. Tanto da organizzare pattugliamenti nel tentativo di localizzarne i resti. Ad ogni modo, il quotidiano al-Arab ritiene prematuro includere l’accordo in un processo più inclusivo volto a ristabilire la fiducia tra le parti. Del resto, va considerato che finora la Russia ha giocato bene il suo ruolo di mediatrice. Negli ultimi due anni, infatti, Mosca ha contribuito al rilascio di quattro siriani detenuti da Israele. Prossimamente, il Cremlino ha offerto la propria disponibilità a mediare il caso del pilota israeliano Ron Arad, catturato in Libano e dichiarato scomparso dopo l’abbattimento del suo aereo nel 1986.


Attacchi mirati israeliani in Siria, Libano e Palestina


Scambio di prigionieri: il video

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