domenica, Giugno 22, 2025

Sacco e Vanzetti, i due anarchici uccisi in America 92 anni fa

Sacco e Vanzetti sono due anarchici italiani uccisi ingiustamente 92 anni fa negli Stati Uniti. A condannarli i pregiudizi e l’ostilità verso gli stranieri

Sacco e Vanzetti
Sacco e Vanzetti dopo essere stati condannati nel 1927

Era il 1927 quando il sistema giudiziario americano ha giustiziato gli italiani Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti alla sedia elettrica per un crimine non commesso da loro.

L’accusa e la condanna contro Sacco e Vanzetti

Nell’aprile del 1920 Sacco e Vanzetti vennero accusati di essere gli autori di una rapina ad una fabbrica di calzature in cui rimasero vittime un cassiere e una guardia armata.

Il processo istituito contro di loro non arrivò mai a delle certezze, optando comunque per una condanna alla sedia elettrica che arrivò nel luglio del 1921. Accanto alla necessità di trovare un colpevole per quanto accaduto per calmare la folla violenta, influì la personale scalata al successo del giudice Thayer e del pubblico ministero Katzmann che si occuparono del caso.

Accanto ai due italiani si schierò parte della popolazione che li considerò innocenti, tanto che Celestino Madeiros – un pregiudicato – si assunse le responsabilità di quanto accaduto, lasciando cadere completamente le accuse contro i due italiani. Eppure, il 23 agosto 1927 Sacco e Vanzetti furono giustiziati sulla sedia elettrica.

Chi erano Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti?

Sacco e Vanzetti

Sacco nacque in provincia di Foggia nel 1891, per arrivare a Boston non appena maggiorenne. Nel 1912 sposò a Milford Rosina Zambelli con cui ebbe un figlio e una figlia. Nel 1916 fu arrestato per aver partecipato a manifestazioni operaie dell’epoca attraverso le quali si chiedevano salari più alti e migliori condizioni di lavoro.

Vanzetti invece, nacque in provincia di Cuneo nel 1888 e decise di emigrare dopo la morte della madre nel 1908. Nel 1916 guidò uno sciopero contro la Plymouth, motivo per cui non riuscì a trovare nessun altro lavoro. Solo tre anni dopo trovò un’occupazione come pescivendolo. Posizione che avrebbe mantenuto fino al momento dell’arresto.

I due erano accomunati dalle loro idee socialiste di colore anarchico e pacifista. Infatti, Sacco e Vanzetti si incontrarono nel 1916 in un gruppo anarchico italo-americano, con cui fuggirono in Messico allo scoppiare della Grande Guerra. Nel frattempo il Ministero di Giustica degli Stati Uniti li inserì in una lista di sovversivi, e con loro venne inserito il nome del tipografo Andrea Salsedo.

Quest’ultimo venne ritrovato morto nel 1920 ai piedi di un grattacielo di New York nel quale era tenuto prigioniero illegalmente. Contro questa vicenda Vanzetti organizzò un comizio, ma non fece in tempo a metterlo in azione che venne arrestato insieme a Sacco. La motivazione era il possesso di una rivoltella e di una pistola semiautomatica con relative munizioni.

Pochi giorni dopo furono accusati della rapina.

Il crimine di essere stranieri

“Al centro immigrazione ebbi la prima sorpresa. Gli emigranti venivano smistati come tanti animali. Non una parola di gentilezza, di incoraggiamento, per allegerire il fardello di dolori che pesa così tanto su chi è appena arrivato in America.” Con queste parole Vanzetti descrisse la sua esperienza in arrivo in America durante il processo. Erano due stranieri in cerca di una situazione economica e sociale migliore, un posto in cui poter ricominciare e in cui poter esprimere finalmente se stessi nel migliore dei modi. E poi l’America, il Paese dei sogni e dei desideri, una leggenda che assicurava soldi e successo.

Il clima che nel 1920 aleggiava nelle strade degli Stati Uniti era un clima permeato da pregiudizi e da ostilità verso gli stranieri. Le loro idee anarchiche e il loro attivismo a favore dei lavoratori non furono un ottimo lascia passare in quella società.

La riabilitazione di Sacco e Vanzetti

Nel 1977 il governatore del Massachusetts riabilitò le figure di Sacco e Vanzetti scrivendo: “Il processo e l’esecuzioen di Sacco e Vanzetti devono ricordarci sempre che tutti i cittadini dovrebbero stare in guardia contro i propri pregiudizi, l’intolleranza verso le idee non ortodosse, con l’impegno di difendere sempre i diritti delle persone che consideriamo straniere per il rispetto dell’uomo e della verità.”

Leggi anche: Massimo D’Antona, 20 anni dall’assassinio per mano delle BR

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Giulia Taviani
Giulia Taviani
22 anni, nasco a Verona, mi sposto a Milano ma sogno Bali. A sei anni ho iniziato a scrivere poesie discutibili, a 20 qualcosa di più serio. Collaboro con Master X, Periodico Daily e nel tempo libero parlo di calcio su RBRSport. Ho scritto di cinema, viaggi, sport e attualità, anche se sono fortemente attratta da ciò che è nascosto agli occhi di tutti. A maggio 2020 ho pubblicato il mio primo libro "Pieno di Vita".

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